Alla fine di un giorno noioso – Massimo Carlotto

Incipit Alla fine di un giorno noioso - Massimo Carlotto

Incipit Alla fine di un giorno noioso

Alla fine di un giorno noioso l’avvocato, nonché onorevole della Repubblica, Sante Brianese entrò alla Nena con il suo solito passo deciso.
Un attimo dopo apparvero sulla porta la segretaria e il portaborse. Ylenia e Nicola. Belli, eleganti, giovani, sorridenti. Sembravano usciti da una serie televisiva americana.
Era l’ora dell’aperitivo, un viavai continuo di gente, bicchieri e stuzzichini. All’esterno stufe a forma di fungo riscaldavano una fitta schiera di fumatori.
Conoscevo quasi tutti. Avevo selezionato la clientela negli anni con pazienza certosina.

Incipit tratto da:
Titolo: Alla fine di un giorno noioso
Autore: Massimo Carlotto
Casa editrice: e/o
Qui è possibile leggere le prime pagine di Alla fine di un giorno noioso

Alla fine di un giorno noioso - Massimo Carlotto

Quarta di copertina / Trama

In una tranquilla città del Veneto Giorgio Pellegrini gestisce un vivace locale alla moda:giocattolo perfetto con cui siglare accordi sottobanco con politici corrotti, giri clandestini di prostituzione d’alto bordo, traffici illegali e appalti truccati. Ed è a causa di un investimento immobiliare mal gestito che si ritrova con due milioni di euro in meno. Il suo avvocato Sante Brianese, ora onorevole, lo convince che si è trattato di sfortuna. Eppure qualcosa non torna. Nonostante abbia annegato in un pozzo di soldi il suo istinto criminale, Giorgio è e rimane un predatore: l’odore di truffa lo sente da lontano.
E infatti, non appena batte la pista del tradimento, le ricerche lo catapultano all’inferno. Fra pestaggi, Ricatti, triangoli erotici, omicidi, Pellegrini scatena una guerra. E mentre gli equilibri criminali si rompono, precipitandolo in una girandola impazzita di doppi e tripli giochi, sarà costretto a ricorrere al suo genio criminale per tentare di arrivare vivo alla fine della corsa.
Con Alla fine di un giorno noioso Massimo Carlotto firma ancora una volta una macchina narrativa perfetta, il sequel di Arrivederci amore, ciao, il libro che gli è valso una nomination agli Edgar Awards consacrandolo maestro del noir a livello mondiale.
Un romanzo adrenalinico e crudele, dalle sequenze narrative sghembe e inquietanti, con lampi di puro fascino che imprimono
alla storia una luce velenosa. Ritmi sincopati e atmosfere dark completano una danza macabra destinata a colpire il cuore
dei lettori.
(Ed. e/o)

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Dio non ama i bambini – Laura Pariani

Ginetta sta seduta a guardare sopà Fiore

Incipit Dio non ama i bambini

Ginetta sta seduta a guardare sopà Fiore che, dopo aver staccato dal muro la gabbietta del corvo Miché, l’ha posata sul tavolo per cambiare la scodellina d’acqua, come fa tutti i sabati. Appollaiata sulla seggiola troppo alta, la bambina dondola, dilòn dilàn, le gambette nude. Osserva sopà che infila nello sportellino la sua manona pelosa, mentre l’uccello spaventato cerca di sfuggirgli e urta contro le sbarre di metallo. Una piumetta nera svola fuori dalla gabbia. L’uomo allora fa uno strano verso, schioccando due tre volte la lingua contro il palato, come se chiamasse un gatto. A sopà e a sonónu piacciono i corvi: dicono che sono bestie intelligenti; quanto al Miché, l’hanno raccolto piccolissimo, un mese fa, di due tre giorni appena: un batuffolo scuro con due occhietti che erano puntini di carbone acceso. Ginetta guarda il gesto lento con cui sopà estrae la mano dalla gabbia e, richiuso lo sportello, si volge verso di lei chinando il viso magro e butterato e alitandole in faccia il fiato acido di vino.
(Prologo)

Incipit tratto da:
Titolo: Dio non ama i bambini
Autrice: Laura Pariani
Casa editrice: Einaudi

Libri di Laura Pariani

Copertine di Dio non ama i bambini di Laura Pariani

Quarta di copertina / Trama

Buenos Aires all’inizio del Novecento è una grande città in crescita tumultuosa. Per molti immigrati «è come quando si sta in prigione e ti manca l’aria; solo che qui la gabbia è fatta di troppe strade, di case troppo affollate, di rogge puzzolenti di acque luride».
C’è un assassino che si aggira per la città, e che per anni, impunito, fa strage di innocenti. Le vittime sono soprattutto i figli degli italiani che vivono nei conventillos in condizioni di assoluta povertà. Ragazzini abbandonati a se stessi, niños de calle i cui sogni sono destinati a spegnersi nella rabbia giorno dopo giorno. Chi può volerli morti?
La verità sta sotto gli occhi di tutti, ma nessuno la sa vedere. Possono intuirla solo gli stessi bambini, perché quella verità, forse, si muove all’altezza dei loro occhi.
Al centro del libro c’è un luogo: un conventillo di Buenos Aires dove vivono decine di famiglie d’immigrati italiani assediati dai bisogni, prostrati dalla nostalgia, tentati dalla fiamma anarchica. Servizi sanitari in comune e una cucina all’aperto per tutti, un cortile dove i bimbi giocano abbandonati a se stessi, piccole stanze dove nonni figli e nipoti si stipano come conigli. Il libro entra in quel luogo come sventrandolo, stanza per stanza, personaggio per personaggio, in focalizzazioni che si susseguono una dopo l’altra: «Ginetta Goletti, 10 anni, lavorante a domicilio», «Nicanora Korn, 40 anni, tenutaria di postribolo», «Ambrogio Testa, 42 anni, muratore», «Dionisio Brusa, 34 anni, maestro elementare»… A poco a poco questo romanzo corale – impastato di dialetti italiani e di lingua argentina – dà forma a una doppia storia: la storia di un mondo dolente e vivo, quello degli immigrati in Argentina all’inizio del secolo, e la storia nerissima di una serie di delitti compiuti sui bambini del barrio di San Cristóbal. Le indagini per molto tempo non portano a niente: impossibile individuare l’assassino per chi vive in un altro mondo e non sulla strada come i bambini. I bambini, la cui unica scuola è la banda, la solidarietà di teppa, sono i soli a sapere, ma i grandi non si lasciano guidare «nel regno del piccolo, sullo stretto sentiero percorso soltanto dalla formica, dalla coccinella, dal tappo di sughero perduto tra l’erba». A poco a poco, in un crescendo di tensione, i bambini riusciranno però a mettere in campo le proprie deboli forze per una straordinaria caccia all’assassino. Anche a costo di perdere l’innocenza.
(Ed. Einaudi; SuperCoralli)

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Non tutti i bastardi sono di Vienna – Andrea Molesini

ncipit Non tutti i bastardi sono di Vienna - Andrea Molesini

Incipit Non tutti i bastardi sono di Vienna

Venerdì 9 novembre 1917

Si staccò dalla notte, per qualche istante, niente lo distinse. Poi una scintilla, riflesso della lanterna che la donna teneva alta davanti al muso del cavallo, rivelò un monocolo. L’uomo si rivolse alla donna in italiano impeccabile, appena incrinato da dissonanze metalliche, spie della madrelingua tedesca. C’era qualcosa di splendido e di truce in quella faccia unta dalla luce oscillante, come se le stelle e la polvere lì si fossero dato appuntamento.
«Ciàmo la paróna» disse Teresa, nascondendo la paura del suo animo avvezzo al fare dei signori. Abbassò la lanterna, e il buio si riprese il capitano e il cavallo del capitano.

Incipit tratto da:
Titolo: Non tutti i bastardi sono di Vienna
Autore: Andrea Molesini
Casa editrice: Sellerio
Qui è possibile leggere le prime pagine di Non tutti i bastardi sono di Vienna

Non tutti i bastardi sono di Vienna - Andrea Molesini

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Quarta di copertina / Trama

«Maggiore, la guerra è assassinio, sempre… voi ora volete solo dare un esempio: uccidere dei signori non è come uccidere dei contadini! Negando la grazia voi contribuite… sto dicendo voi, barone von Feilitzsch, perché qui ci siete voi… contribuite a distruggere la civiltà di cui voi ed io… e questo ragazzo… facciamo parte, e la civiltà è più importante del destino degli stessi Asburgo, o dei Savoia». Orgoglio, patriottismo, odio, amore: passioni pure e antiche si mescolano e si scontrano tra loro, intorbidate più che raffrenate dal senso, anch’esso antico, di reticenza e onore. Villa Spada, dimora signorile di un paesino a pochi chilometri dal Piave, nei giorni compresi tra il 9 novembre 1917 e il 30 ottobre 1918: siamo nell’area geografica e nell’arco temporale della disfatta di Caporetto e della conquista austriaca. Nella villa vivono i signori: il nonno Guglielmo Spada, un originale, e la nonna Nancy, colta e ardita; la zia Maria, che tiene in pugno l’andamento della casa; il giovane Paolo, diciassettenne, orfano, nel pieno dei furori dell’età; la giovane Giulia, procace e un po’ folle, con la sua chioma fiammeggiante. E si muove in faccende la servitù: la cuoca Teresa, dura come legno di bosso e di saggezza stagionata; la figlia stolta Loretta, e il gigantesco custode Renato, da poco venuto alla villa. La storia, che il giovane Paolo racconta, inizia con l’insediamento nella grande casa del comando militare nemico. Un crudo episodio di violenza su fanciulle contadine e di dileggio del parroco del villaggio, accende il desiderio di rivalsa. Un conflitto in cui tutto si perde, una cospirazione patriottica in cui si insinua lo scontro di psicologie, reso degno o misero dall’impossibilità di perdonare, e di separare amore e odio, rispetto e vittoria. E resta un senso di basso orizzonte, una claustrofobia, che persiste ironicamente nel contrasto con lo spazio immenso delle operazioni di guerra.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

Romanzo vincitore del Premio Campiello nel 2011