Incipit Le altalene
Qui è possibile leggere le prime pagine di Le altaleneRitorna alle immagini del tempo perduto, c’è un vecchio che non riesce a scrollarsi di dosso il passato. Alla luce della memoria, vede quel bambino, lo sente nelle ossa antiche, nelle spalle curve che lo hanno sorretto per tanti anni. Lo vede nel riflesso di occhi stanchi, rossi e acquosi come fragole appassite, farcite di pioggia. Davanti allo specchio del tempo, quegli occhi brillano, si ravvivano, catturano immagini remote ma precise, visioni che colpiscono la punta del cuore come saette sulla cima.
Incipit tratto da:
Vede quel bambino correre, saltare muri, arrampicarsi, cercare nidi, fare il fieno, la legna, il formaggio. Ha paura che si faccia male, conosce i rischi che corre. Sorride. Per quanto gli consente la memoria, ricorda molte cose, tante altre le ha dimenticate, sono andate perdute. Altre le ha cancellate.
Quel bimbo era un frammento di cuore antico, eredità degli avi, patrimonio genetico senza fortuna. Cominciò a danzare alle prime emozioni, fresco e pieno di speranze.
Il vecchio sente battere gli zoccoli di legno per le vie del paese abbandonato, frusciare gli scarpetti di pezza sull’acciottolato. E sulla terra indurita dai passi in via San Rocco. Sui muri a secco del sentiero fiorivano i maggiociondoli. Nuvole di sole giallo penzolavano a carezzare le pietre coperte di muschio.
Erano sempre in tre a percorrere le strade.
Titolo: Le altalene
Autore: Mauro Corona
Casa editrice: Mondadori
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Quarta di copertina / Trama
Dal giorno in cui, sessant’anni fa, piovve terra sulla terra, e terra nell’acqua, e terra su duemila anime morte, di cui quattrocentottantasette bambini, a Erto il tempo ha continuato a oscillare tra dolore e speranza di rinascita, ricordi tragici e difficili presenti, memoria di una povertà aspra e dura ma viva e vitale che si riflette nel benessere vuoto e triste dell’oggi.
La voce narrante di questo romanzo lirico, struggente, ferocemente intimo, conduce il lettore in un continuo andare e venire su e giù nel tempo: il vecchio ricorda e racconta il suo mondo com’era, prima che la cieca avidità dell’uomo lo distruggesse, e insieme racconta la sua vita, l’infanzia e la prima adolescenza, la spensieratezza di tre fratelli che si alterna alla incomprensibile violenza della vita famigliare, e che si deve misurare con il tormento di una comunità stravolta dal dolore. E poi la maturità e la vecchiaia, il presente, che porta su di sé il peso di una vita intera: e il simbolo di tutto questo sono le altalene del paese, che il narratore ricorda nel loro oscillare gioioso tra le grida felici dei bambini, e che vede oggi ferme, vuote, arrugginite.
Un racconto poetico e sentitissimo, in cui Corona lascia libero il flusso dei ricordi e si concede ai suoi lettori con assoluta e generosa sincerità. I suoi luoghi, Erto, la diga, la montagna, così come le persone della sua vita, vengono filtrati dal tempo passato, e forse perduto, in un romanzo-monologo dove la profondità e il fascino del racconto sono impreziositi da una voce narrante sempre più risolta e convincente.
(Mondadori; Narrativa Contemporanea)