Sono felice, dove ho sbagliato? – Diego De Silva

Incipit Sono felice, dove ho sbagliato?

Quelli che parlano d’amore sono convinti di sapere tutto dell’amore. Perché pensano che la loro esperienza faccia testo. Io questa cosa non me la spiego. L’idea che le proprie faccende d’amore abbiano l’autorevolezza del vissuto, voglio dire. Come se il vissuto dei parlatori d’amore (che infatti nei discorsi infilano sempre la parola «vita»: «Si tratta della mia vita», «Ormai è fuori dalla mia vita», «Ho messo la mia vita nelle sue mani e guarda come mi ha ripagato» ecc.) fosse una specie di precedente giurisprudenziale che fa stato nelle faccende amorose degli altri.
D’accordo, non esiste una laurea in amore (anche se ci sono dei corsi di grammatica e sintassi amorosa con ausilio di specifici romanzi, come se poi i romanzi fossero bugiardini da consultare al bisogno), ma questo non vuol dire che tutti possono pontificare sul tema. Anche perché l’amore non è un tema.
Soprattutto, quelli che parlano d’amore (il loro) sono convinti che lo spiegone ti interessi. Non li sfiora neanche l’idea che tu stia fingendo di ascoltarli mentre in testa ti è partita una fuga di massa dei pensieri che vanno alla ricerca disperata di uscite di sicurezza e frugano nella memoria a casaccio riesumando supplenti di matematica, compagni di scuola di cui hai dimenticato il nome o non l’hai mai saputo, un condomino che non saluta, una cyclette mai usata che forse è ancora a casa dei tuoi, fidanzate stronze, il giorno della tua laurea, Lilli Gruber, pasta patate e provola, King Kong, la prima volta che hai pagato in euro, il setter irlandese di una vicina che somiglia in maniera impressionante a Jeremy Irons. No, loro proseguono imperterriti, espongono, argomentano, commentano, divagano; e non lo fanno perché sono spinti da un bisogno di confidarsi (che almeno avrebbe la nobiltà della richiesta d’aiuto), non ci tengono a raccontarti i fatti loro, non sono pettegoli in quel senso. Quello che vogliono è testarti come uditore per brevettare le loro teorie, qualora superassi la prova da sforzo.

Incipit tratto da:
Titolo: Sono felice, dove ho sbagliato?
Autore: Diego De Silva
Casa editrice: Einaudi

Libri di Diego De Silva

Sono felice dove ho sbagliato - Diego De Silva

Quarta di copertina / Trama

Vincenzo Malinconico è tornato ed è alle prese con un’ingiusta causa. D’amore. Già, c’è di mezzo l’amore anche stavolta, ma un tipo d’amore con cui Malinconico non ha avuto ancora a che fare, professionalmente parlando: l’amore impantanato, quello di chi pensa di avere diritto a un risarcimento per il dolore. Perché è proprio questo che gli chiedono gli Impantanati, sei donne e due uomini uniti in una strampalata associazione: di intentare una causa epocale per danni da sinistri sentimentali. E l’assurdo può sembrare a tratti possibile, al piú eccentrico avvocato d’insuccesso di sempre.
L’amore può ingolfare una vita, metterla in attesa, in balia degli anni che passano. Tutti conosciamo coppie sfinite da rapporti senza futuro: amori dove i progetti, i desideri e persino i diritti ristagnano. A volte è proprio il legame, il problema. I rapporti di forza, il tempo sul groppone, il presente che dà dipendenza. Poi capita che una mattina la parte debole si svegli e decida che è venuto il momento di fare i conti. È quello che succede nella sesta avventura di Vincenzo Malinconico, l’avvocato delle cause perse ancor prima d’essere discusse, quando Veronica, la sua compagna, gli manda in studio una coppia di amici che gli chiedono d’intentare, con una class action, una causa epocale per l’infelicità di coppia. La pretesa dei due, apparentemente demenziale (ma Malinconico è avvezzo a questo genere di situazioni), si basa su un assunto neanche cosí sbagliato: se esiste un diritto privato, perché la sfera privata dei sentimenti non dovrebbe andare soggetta alla stessa legge che regola i rapporti patrimoniali? Fosse per Malinconico la chiuderebbe lí, anche perché ha altro di cui occuparsi (Alagia che sta per farlo diventare nonno, Alfredo in fibrillazione per il suo primo cortometraggio, uno strano figuro che lo pedina), ma finisce per cedere alle insistenze del suo socio Benny e si ritrova a partecipare con lui agli incontri degli Impantanati. E noi lo sappiamo bene: quando Malinconico si fa trascinare in una situazione che gli sta stretta, sbrocca ma riesce persino a divertirsi. Sicuramente a farci divertire come non mai, in questo che è uno dei romanzi piú mossi e vivi di Diego De Silva. Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa. Ma di se stesso, soprattutto.
(Ed. Einaudi; I coralli)

Cronologia opere e bibliografia di Diego De Silva

I valori che contano – Diego De Silva

Uno dice: «Accogli».

Incipit I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)

Uno dice: «Accogli». E va be’, figuriamoci. Solidarietà, prima di tutto. Empatia e umanità. Non scherziamo. Apri all’estraneo che bussa alla tua porta in cerca d’aiuto, non stare lí a domandarti chi è, cosa ha fatto, da chi fugge. Non badare all’età, al colore della pelle e neanche a quello delle mutande, specie se ha addosso solo quelle. Intanto, salvalo. Anzi, salvala. Esci da quel guscio piccolo-borghese che ti separa dal mondo reale dove la gente vera lotta per vivere. Liberati dalla paura di perdere i tuoi meschini privilegi. Di comprometterti. Per una volta, fa’ qualcosa di giusto, accidenti. Trascura l’eventualità di poterti rendere complice di un reato, o di beccarti un’accusa di sequestro di persona e magari anche di stupro, se poi viene fuori che la ragazza che hai nascosto in casa non ha ancora diciott’anni.
Tra un po’ vi dico cosa penso di questo bel discorsetto. Per ora, stiamo al dialogo appena cominciato fra me e il carabiniere trafelato che un attimo fa ha suonato alla mia porta.

Incipit tratto da:
Titolo: I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)
Autore: Diego De Silva
In copertina: Dreamer di Eiko Ojala.
Progetto grafico: Bianco

Casa editrice: Einaudi

Libri di Diego De Silva

Copertine di I valori che contano di Diego De Silva

Quarta di copertina / Trama

Eccolo di nuovo tra noi, l’avvocato d’insuccesso piú amato dagli italiani, in compagnia di un nuovo esilarante socio, di una nuova riluttante fidanzata, e dei suoi soliti pensieri inconcludenti. Ed eccolo alle prese con una nuova causa che sembra già pronto a perdere. C’è una ragazza in mutande sul suo pianerottolo, assomiglia a Pippi Calzelunghe senza trecce, trema, gli chiede aiuto. Ma è una bomba a scoppio ritardato. Vincenzo Malinconico prende in mano quella bomba senza pensarci e se la porta dietro fino alla fine, anche quando la malattia irrompe nella sua vita storcendone l’andatura. Perché ai personaggi capita quello che capita alle persone. E quando diventano di famiglia, di libro in libro li vediamo innamorarsi, nascondersi, combattere, ridere, ammalarsi: vivere, in una parola.
Se non vi è mai successo di nascondere in casa una ragazza in mutande appena fuggita da una retata in un bordello al quarto piano del vostro palazzo, non siete il tipo di persona a cui capitano queste cose. Vincenzo Malinconico lo è. Dovrebbe sapere che corre un rischio bello serio, visto che è avvocato, e invece la fa entrare e poi racconta pure un sacco di balle al carabiniere che la inseguiva e va a bussargli alla porta. È cosí che inizia I valori che contano (avrei preferito non scoprirli), il romanzo in cui Malinconico – avvocato di gemito, piú che di grido – oltre a patrocinare la fuggiasca in mutande (che poi scopriremo essere figlia del sindaco, con una serie di complicazioni piuttosto vertiginose), dovrà affrontare la malattia che lo travolgerà all’improvviso, obbligandolo a familiarizzare con medici e terapie e scatenandogli un’iperproduzione di filosofeggiamenti gratuiti – addirittura sensati, direbbe chi va a cena con lui – sul valore della pena di vivere. Un vortice di pensieri da cui uscirà, al solito, semi-guarito, semi-vincente e semi-felice, ricomponendo intorno a sé quell’assetto ordinariamente precario che fa di lui, con tutti i suoi difetti e le sue inettitudini, una persona che sa farsi voler bene, pur essendo (o forse proprio perché è) un uomo cosí cosí.
(Ed. Einaudi)

Indice cronologico opere e bibliografia di Diego De Silva

Superficie – Diego De Silva

Il sesso senza amore è cosí triste

Incipit Superficie

Il sesso senza amore è cosí triste. Il centrodestra non riesce a esprimere un leader. Ecco perché dopo la masturbazione mi viene da piangere.
Ormai l’unica voce di sinistra è quella di Papa Francesco. La passione si spegne, ma poi c’è la stima a rovinare tutto. Sono cosí garantista che per sentirmi in colpa devo aspettare la sentenza definitiva.
Dio c’è. Perché lo scriva cosí spesso in autostrada, vallo a capire.
La gente non andava mica a sbattere contro i pali, prima che inventassero WhatsApp.
Non è vero che a Roma non si fa la raccolta differenziata, sotto casa mia le pantegane la fanno. Se neanche stavolta mi dà lo scontrino, ci litigo.
Uno dei suoni che piú mi riportano all’estate è quello delle zanzare che si carbonizzano nelle trappole a griglia elettrica dei ristoranti all’aperto. Chi l’ha deciso che a una certa età sta bene il dolcevita nero? Provate a concentrarvi sull’attimo che precede la frittura elettrica della zanzara e vi sembrerà di sentire: «Ehi, ma che cazz…?»
La prima volta che non ti ho baciata è stato bellissimo.

Incipit tratto da:
Titolo: Superficie
Autore: Diego De Silva
Casa editrice: Einaudi

Libri di Diego De Silva

Copertine di Superficie di Diego De Silva

Quarta di copertina / Trama

Questo libro gioca con la nostra stupidità e la nostra intelligenza. È fatto di frasi fulminee il cui accostamento produce cortocircuiti spiazzanti e comicissimi. Come se Woody Allen, Groucho Marx e l’amico cretino di vostro zio si trovassero nella stessa stanza e parlassero ognuno per conto suo. È fatale: quando meno ve lo aspettate, scoppierete a ridere.
Prendete un luogo comune, smontatelo, rovesciatelo, trovategli amici e parenti, coniugi e amanti, nemici e complici. Denunciateli. Poi accostatelo a una battuta, a un aforisma, a un nonsense: accendete la miccia e aspettate. Ad esplodere, sarà la vostra risata. È un gioco, sí, ma è una sarabanda dell’intelletto. Perché è vero: molti discorsi umani sono irresistibilmente comici, sembrano costruiti solo per iniziare e non andare mai a fondo. Sono grandiosi tentativi di semplificazione impastati in un chiacchiericcio che supera ogni pretesa di profondità per diventare, gioiosamente, superficie. E vanno inchiodati a se stessi, accostati ad altri o ad altro, perché nel flusso torrenziale si producano attriti, urti, ribaltamenti di senso. Proprio come avviene nelle reazioni chimiche, vanno messi accanto a un reagente che, consumandosi, li trasformi.
(Ed. Einaudi)

Indice cronologico opere e bibliografia di Diego De Silva