Le campane – Charles Dickens

Incipit Le campane

Non sono molto numerosi – e giacché è desiderabile che tra chi narra una storia e chi la legge si stabilisca al più presto possibile una comprensione reciproca, prego di prender nota che io non limito questa osservazione né ai giovani né ai piccoli, ma la applico a ogni sorta di gente piccola e grande, giovane e vecchia, ancora nel periodo della crescita oppure già sul declinare – non sono, dico, molto numerosi coloro a cui piacerebbe di dormire in una chiesa. Non intendo parlare con questo di dormirvi durante la predica di una giornata calda (cosa che è stata realmente fatta un paio di volte), ma di dormirvi di notte e soli. Una grande moltitudine di persone sarà violentemente sorpresa, lo so, da una tale asserzione nella piena luce del giorno; ma essa si applica alla notte e deve essere discussa di notte. E io mi impegno di sostenerla con successo in qualsiasi notte piovosa che si scelga a questo scopo contro qualsiasi contraddittore scelto nella folla, che sia disposto a incontrarmi da solo in un vecchio cimitero dinanzi alla porta di una vecchia chiesa e mi dia la preventiva autorizzazione a chiuderlo dentro, se questo è necessario per convincerlo, fino all’indomani mattina.

Incipit tratto da:
Titolo: Le campane
Autore: Charles Dickens
Traduzione: Emanuele Grazzi
Titolo originale: The chimes. A goblin story
Casa editrice: Newton

Libri di Charles Dickens

Copertine di Le campane di Charles Dickens

Incipit The Chimes

Here are not many people — and as it is desirable that a story-teller and a story-reader should establish a mutual understanding as soon as possible, I beg it to be noticed that I confine this observation neither to young people nor to little people, but extend it to all conditions of people: little and big, young and old: yet growing up, or already growing down again — there are not, I say, many people who would care to sleep in a church. I don’t mean at sermon-time in warm weather (when the thing has actually been done, once or twice), but in the night, and alone. A great multitude of persons will be violently astonished, I know, by this position, in the broad bold Day. But it applies to Night. It must be argued by night, and I will undertake to maintain it successfully on any gusty winter’s night appointed for the purpose, with any one opponent chosen from the rest, who will meet me singly in an old churchyard, before an old church-door; and will previously empower me to lock him in, if needful to his satisfaction, until morning.

Incipit tratto da:
Title: The Chimes
Author: Charles Dickens
Publisher: eBooks@Adelaide
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Il messaggio di amore e di fiducia nell’uomo viene affidato in questo racconto (1844) alla voce delle campane, vecchie compagne dello sparuto, affamato Trotty Veck, perennemente in attesa di messaggi o pacchi da recapitare. Divenute immense spettrali figure, lo guidano attraverso il difficile cammino dell’apprendimento, additando nella sfiducia verso l’umanità la sua colpa. Gli scorrono davanti agli occhi le immagini di un futuro amaro e senza riscatto, in cui gli esseri amati si degradano nella miseria, nella prostituzione, nel crimine. In un incerto equilibrio tra la vita e la morte il racconto consente, sin quasi alla fine, una doppia lettura: visione d’incubo di un futuro possibile; oppure “realtà” di cui Trotty, ormai spettro, viene messo al corrente. Il finale serve al personaggio e allo scrittore, per prefigurare una marea del Tempo che spazzi via come foglie i sopraffattori. Charles Dickensnacque a Portsmouth nel 1812. Trascorse l’infanzia a Chatham e poi seguì il padre in un traumatico trasferimento a Londra. Della metropoli in cui visse fece il centro ispiratore della sua arte, il centro di un quadro vivo e mobile, un caleidoscopio armonico e colorato di personaggi, conflitti sociali, umori e fermenti della sua epoca. Morì nel 1870.
(Ed. Newton)

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La battaglia della vita – Charles Dickens

Incipit La battaglia della vita

Una volta (poco importa quando) e nella forte Inghilterra (poco importa dove) si combatté un’aspra battaglia. Fu combattuta in una lunga giornata d’estate, quando l’erba che ondeggiava era verde. Più di un fiore selvatico, formato dalla mano dell’Onnipotente perché costituisse una coppa profumata per la rugiada, ebbe in quel giorno la sua tazza smaltata piena di sangue fino all’orlo e cadde con un brivido. Più di un insetto che traeva dalle erbe e dalle foglie innocue i suoi colori delicati ricevette in quel giorno una nuova tinta da uomini moribondi e ne lasciò il segno sulla via innaturale che percorse atterrito. La farfalla variopinta raccolse nell’aria gocce di sangue sugli orli delle ali. Il fiume si colorò in rosso, il terreno calpestato si trasformò in una poltiglia, ove quel colore dominante nel passato rimaneva, sempre più fioco, nelle pozzanghere inerti formatesi nelle orme lasciate dai piedi degli uomini e dallo zoccolo dei cavalli e luccicava debolmente al sole.

Incipit tratto da:
Titolo: La battaglia della vita
Autore: Charles Dickens
Traduzione: Emanuele Grazzi
Titolo originale: The Battle Of Life
Casa editrice: Newton Compton

Libri di Charles Dickens

Copertine di La battaglia della vita di Charles Dickens

Incipit The Battle Of Life

Once upon a time, it matters little when, and in stalwart England, it matters little where, a fierce battle was fought. It was fought upon a long summer day when the waving grass was green. Many a wild flower formed by the Almighty Hand to be a perfumed goblet for the dew, felt its enamelled cup filled high with blood that day, and shrinking dropped. Many an insect deriving its delicate colour from harmless leaves and herbs, was stained anew that day by dying men, and marked its frightened way with an unnatural track. The painted butterfly took blood into the air upon the edges of its wings. The stream ran red. The trodden ground became a quagmire, whence, from sullen pools collected in the prints of human feet and horses’ hoofs, the one prevailing hue still lowered and glimmered at the sun.

Incipit tratto da:
Title: The Battle Of Life
Author: Charles Dickens
Publisher: eBooks@Adelaide
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Pur essendo La battaglia della vita il libro di Natale che ottenne più scarsi consensi di critica (1846), vi sono in esso elementi che lo rendono interessante a una sensibilità contemporanea: e sono proprio le falle messe a nudo dai recensori ottocenteschi (eccessi melodrammatici, assurdità psicologica) ad attrarre il lettore moderno. La scrittura cioè svela la presenza di un conflitto (la battaglia del titolo), ma non riesce ad averne ragione. La “Iove story” del sottotitolo, asessuata e scarsamente credibile, conduce a un lieto fine matrimoniale che il dipanarsi della storia non sembra giustificare: più coerente infatti sarebbe la morte della sorella “sedotta”. Ma la spiegazione e l’interesse del racconto sono altrove, nel difficile rapporto tra arte e vita che diviene il motore segreto del racconto; l’amore mai dimenticato di Dickens per la cognata morta a diciassette anni, che la scrittura può far rivivere e consente (castamente) di possedere. Charles Dickensnacque a Portsmouth nel 1812. Trascorse l’infanzia a Chatham e poi seguì il padre in un traumatico trasferimento a Londra. Della metropoli in cui visse fece il centro ispiratore della sua arte, il centro di un quadro vivo e mobile, un caleidoscopio armonico e colorato di personaggi, conflitti sociali, umori e fermenti della sua epoca. Morì nel 1870.
(Ed. Newton)

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Il nostro comune amico – Charles Dickens

Incipit Il nostro comune amico

Ai giorni nostri, ma è inutile precisare l’anno, una sera d’autunno, sull’imbrunire, una barca infangata e dall’aspetto equivoco navigava sul Tamigi fra il ponte di Southwark, che è in ferro, e quello di Londra, che è in pietra, con due persone a bordo.
Le due persone erano un individuo robusto dalla grigia chioma arruffata e dal volto abbronzato dal sole e una fanciulla bruna di diciannove o vent’anni, che gli rassomigliava talmente da farla riconoscere come sua figlia. La ragazza remava, maneggiando con grande destrezza i due remi, e l’uomo, con le mani appoggiate alla cintura, stringeva le funicelle allentate del timone e si guardava attorno ansioso. Non aveva con sé né reti né amo né canna: non poteva quindi essere un pescatore. Non poteva essere un barcaiolo, perché la sua barca non era dipinta, non aveva alcuna scritta e neppure un cuscinetto sopra il sedile, non conteneva altro che un rotolo di funi e una gaffa arrugginita. E infine non poteva essere uno scaricatore e neppure uno spedizioniere fluviale, poiché la sua imbarcazione era troppo piccola e instabile per servire al trasporto di merci. Nulla in lui indicava cosa stesse cercando, ma qualcosa cercava con quello sguardo attento e indagatore. La marea, che da un’ora circa era mutata, stava calando, e l’uomo osservava le minime increspature che si producevano sulla vasta distesa, mentre la barca presentava al riflusso ora la prua ora la poppa, a seconda delle direzioni che l’uomo indicava alla figlia con un cenno del capo. Questa scrutava il volto del padre con la medesima attenzione con cui lui scrutava il fiume, ma nel suo sguardo ansioso vi erano orrore e paura.

Incipit tratto da:
Titolo: Il nostro comune amico
Autore: Charles Dickens
Traduzione: Luca Lamberti
Titolo originale: Our Mutual Friend
Casa editrice: Einaudi

Libri di Charles Dickens

Copertine di Il nostro comune amico di Charles Dickens

Incipit Our Mutual Friend

In these times of ours, though concerning the exact year there is no need to be precise, a boat of dirty and disreputable appearance, with two figures in it, floated on the Thames, between Southwark bridge which is of iron, and London Bridge which is of stone, as an autumn evening was closing in.
The figures in this boat were those of a strong man with ragged grizzled hair and a sun-browned face, and a dark girl of nineteen or twenty, sufficiently like him to be recognizable as his daughter. The girl rowed, pulling a pair of sculls very easily; the man, with the rudder-lines slack in his hands, and his hands loose in his waistband, kept an eager look out. He had no net, hook, or line, and he could not be a fisherman; his boat had no cushion for a sitter, no paint, no inscription, no appliance beyond a rusty boathook and a coil of rope, and he could not be a waterman; his boat was too crazy and too small to take in cargo for delivery, and he could not be a lighterman or river-carrier; there was no clue to what he looked for, but he looked for something, with a most intent and searching gaze. The tide, which had turned an hour before, was running down, and his eyes watched every little race and eddy in its broad sweep, as the boat made slight head-way against it, or drove stern foremost before it, according as he directed his daughter by a movement of his head. She watched his face as earnestly as he watched the river. But, in the intensity of her look there was a touch of dread or horror.

Incipit tratto da:
Title: Our Mutual Friend
Author: Charles Dickens
Publisher: eBooks@Adelaide
Language: English

Quarta di copertina / Trama

All’imbrunire il Tamigi è livido e fangoso, e la marea si arrampica lungo i sostegni dei ponti. Nella corrente una barca rasenta chiatte, relitti e tronchi: ai remi, intabarrata in un mantello scuro, c’è una fanciulla dal volto d’angelo; a prua, un uomo con lo sguardo da avvoltoio raccoglie i cadaveri che il fiume restituisce. Così, con un inizio che Calvino riteneva il più memorabile fra i già memorabili incipit dickensiani, comincia Il nostro comune amico, un romanzo che è un disperato caleidoscopio di persone e classi sociali e che, secondo molti, rivendica a Dickens il pieno diritto di stare accanto a Shakespeare al vertice della letteratura inglese.
(Ed. Einaudi

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