Pudore – Maddalena Fingerle

Incipit Pudore - Maddalena Fingerle

Incipit Pudore

Non è a punta ma fa impressione lo stesso. Si vede la pelle. Pulisco la macchinetta, in realtà la sbatto contro il lavandino sperando si rompa. Non succede. Prendo il rasoio rosa che uso per le gambe e tolgo i peletti che spuntano. Potrei fare un po’ di scena, disperarmi per l’aspetto pietoso della mia pelata, ma non faccio in tempo che già suona il tizio di eBay. Non ha la faccia da Iwan, ma da Joe. Ha spalle enormi e l’aria da delinquente. È molto gentile e si toglie le scarpe prima di entrare. Gli faccio fare un giro per la casa, lui parla poco, mi dice solo – guardando gli accessori – che valgono molto. Non dovrei regalarli. Gli rispondo che decido io cosa farne. Joe apprezza la mia fermezza e prende un cacciavite dal suo zaino, che per fortuna se l’è portato perché io non possiedo niente di simile. Si toglie la felpa, resta in canottiera, di quelle da testosterone e palestra, non da divano e rutti. Non riesco a smettere di fissargli le bruciature sulle braccia. Amo le bruciature e pure le cicatrici e anche le smagliature. In realtà tutti i segni sul corpo. Come quelli che mi si sono formati sui fianchi dopo che sono andata a vivere da sola. La prima volta che feci la spesa scoprii con sgomento il prezzo dello zafferano e lo lasciai inorridita sullo scaffale. Volevo pagarmi l’affitto da sola. Facevo spese settimanali da dieci euro e diventavo sempre più brava a ingegnarmi su cosa comprare e cosa no. Sceglievo le sottomarche e mangiavo schifezze per strada mentre tornavo a casa. Passare dalla cucina mediterranea di Filomena al mio delirio culinario da risparmio mi fece ingrassare di dieci chili. Mia madre mi diede l’indirizzo del dietologo dove mandava mio fratello da piccolo, ma non ci andai. Riuscii a perdere molto velocemente i chili che mia madre definiva di troppo e ora la mia pelle ne è testimone; è come se avessi un tatuaggio che dice che l’affitto me lo sono sempre pagato da me.

Incipit tratto da:
Titolo: Pudore
Autrice: Maddalena Fingerle
Casa editrice: Mondadori

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Pudore - Maddalena Fingerle

Quarta di copertina / Trama

Gaia non ha più voglia di essere se stessa: si rasa i capelli a zero e indossa parrucche, svende i suoi orecchini più preziosi su eBay, si libera dell’armadio e compra un letto nuovo – che poi non sa montare.
Vuole ricostruire se stessa e l’ambiente in cui vive a immagine e somiglianza di Veronica: la sua amata, meravigliosa Veronica, da cui è appena stata lasciata. Veronica non è solo la persona di cui Gaia si è innamorata, ma anche la donna che lei vorrebbe diventare – come accade nei primi, furiosi innamoramenti.
La famiglia di origine di Gaia appartiene alla solida borghesia di italiani che vivono a Monaco e incarnano tutto ciò che lei rifiuta: la cultura umanistica come sprezzatura e ostentazione, il culto dell’apparenza, la tendenza a delegare i compiti operativi ai subalterni. Veronica al contrario è una donna vitale, concreta, estroversa e solare come la terra da cui viene, il Salento.
L’indole di Gaia è lunare, riflessiva, accesa da un’immaginazione sfrenata: il prestante energumeno che le si presenta alla porta per ritirare degli oggetti che vuole vendere non ha la faccia da Joe, è decisamente Iwan. Rinominare le persone, interpretare le situazioni in cui si trova è indispensabile per poterle integrare nel suo mondo.
In un soliloquio ora arrabbiato e rivendicativo, ora spaurito e ostaggio di una miriade di sublimi ossessioni, ma sempre ironico e pungente, Gaia arriverà a conoscersi meglio e sarà pronta a correre davvero dei rischi per diventare l’individuo che vuole essere.
Il romanzo d’esordio di Maddalena Fingerle, Lingua madre, è stato accolto con entusiasmo dalla critica e ha vinto diversi premi. Nelle pagine dense e fulgenti di Pudore ritroviamo la sua voce unica e potente; una giovane autrice originale e piena di talento.
(Mondadori)

Pudore - Audiolibro - Fingerle

La ricreazione è finita – Dario Ferrari

Incipit La ricreazione è finita - Dario Ferrari

Incipit La ricreazione è finita

Ci sono decisioni che segnano la piega che prenderà tutta una vita, e io finora quelle decisioni le ho sempre prese a caso. Se avessi dovuto scegliere cinque minuti dopo, avrei potuto tranquillamente fare l’esatto contrario, e non credo di aver affrontato nessuno snodo fondamentale della mia esistenza con una pur remota forma di ponderatezza e in vista di un obiettivo a lungo (o anche medio) termine. Tendenzialmente cerco di non muovermi, di procrastinare fino a quando tutte le possibilità sono evaporate e posso finalmente tornare a crogiolarmi nel mio bozzolo di inconcludenza. Oppure mi lascio trascinare dall’inerzia, e a un certo punto mi trovo ad aver fatto qualcosa senza aver mai realmente deciso di farla, cullato da una rassicurante bambagia di irresponsabilità. Un paio di anni fa mia madre, in preda a un’effimera fascinazione per l’oriente, mi ha semicostretto a leggere un libro in cui, tra le altre cose, si illustrava un tratto tipico della mentalità cinese: anziché agire in vista di uno scopo, il saggio lascia che le circostanze lo portino dove vogliono loro, senza incaponirsi, alla maniera occidentale, a voler essere per forza l’artefice del proprio destino. Se questa cosa è effettivamente come l’ho capita io, quindi, il punto non è che sono pigro, ma che sono praticamente il modello del saggio taoista.
Il fatto che sia finito a fare un dottorato di ricerca non fa eccezione: a volerne ricostruire le origini si trova tutt’al più un accrocchio di contingenze fortuite, di posizioni sostenute al di là della ragionevolezza, per mero puntiglio, e una congenita incapacità di valutare le conseguenze delle mie azioni.

Incipit tratto da:
Titolo: La ricreazione è finita
Autore: Dario Ferrari
Casa editrice: Sellerio
In copertina: Autoritratto di Jamie Coreth, 1989
Qui è possibile leggere le prime pagine di La ricreazione è finita

La ricreazione è finita - Dario Ferrari

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Quarta di copertina / Trama

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Marcello è un trentenne senza un vero lavoro, resiste ai tentativi della fidanzata di rinsaldare il legame e cerca di prolungare ad libitum la sua condizione di post-adolescente fuori tempo massimo. La sua sola certezza è che vuole dirazzare, cioè non finire come suo padre a occuparsi del bar di famiglia. Per spirito di contraddizione, partecipa a un concorso di dottorato in Lettere, e imprevedibilmente vince la borsa. Entra così nel mondo accademico e il suo professore, un barone di nome Sacrosanti, gli affida come tesi un lavoro sul viareggino Tito Sella, un terrorista finito presto in galera e morto in carcere, dove però ha potuto completare alcuni scritti tra cui le Agiografie infami, e dove si dice abbia scritto La Fantasima, la presunta autobiografia mai ritrovata.
Lo studio della vita e delle opere di Sella sviluppa in lui una specie di identificazione, una profonda empatia con il terrorista-scrittore: lo colpisce il carattere personale, più che sociale, della sua disperazione. Contemporaneamente sperimenta dal di dentro l’università: gli intrighi, le lotte di potere tra cordate e le pretestuose contrapposizioni ideologiche, come funziona una carriera nell’università, perfino come si scrive un articolo «scientifico» e come viene valutato. Si moltiplicano così i riferimenti alla vita e alla letteratura di Tito Sella, inventate ma ironicamente ricostruite nei minimi dettagli; e mentre prosegue la sarcastica descrizione della vita universitaria, il racconto entra nella vita quotidiana di Marcello e nelle sue vitellonesche amicizie viareggine.
Realtà sovrapposte, in cui si rivelano come colpi di scena delle verità sospese. Che cosa contiene l’archivio Sella, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi? Perché il vecchio luminare Sacrosanti ha interesse per un terrorista e oscuro scrittore? E che cosa racconta, se esiste, La Fantasima, l’autobiografia perduta?
La ricreazione è finita è un’opera che si presta a significati e interpretazioni molteplici. Un narrato in cui si stratificano il genere del romanzo universitario – imperniato dentro l’artificioso e ossimorico mondo dell’accademia –, con il romanzo di formazione; il divertimento divagante sui giorni perduti di una generazione di provincia, con la riflessione, audace e penetrante, sulla figura del terrorista; e il romanzo nel romanzo, dove l’autore cede la parola all’autobiografia del suo personaggio. Questo libro racconta la storia di due giovinezze incompiute, diversissime eppure con una loro sghemba simmetria.
(Sellerio; La Memoria)

La quarta versione di Giuda – Dario Ferrari

Incipit La quarta versione di Giuda - Dario Ferrari

Incipit La quarta versione di Giuda

Se, pistola alla tempia, don Tony dovesse dire quali sono le cose che più detesta del suo lavoro, non avrebbe dubbi:
1. L’alito di suor Tarcisia.
2. La messa delle sette di mattina.
3. Il giovedì.
Se le motivazioni dei primi due gradini del podio sono evidenti, per il bronzo occorre forse una precisazione: il giovedì è il giorno delle confessioni, e le confessioni sono uno strazio a cui don Tony preferirebbe le fiamme della Geenna.
Da seminaristi, lui e i compagni pregustavano la confessione come la più sugosa delle mansioni sacerdotali; ed è stato proprio in seminario che don Tony, ancora solamente, laicamente Antonio, ha visto La messa è finita, e ha riso del prete che si lamentava perché le confessioni ruotavano sempre attorno al sesso. Per lui, bisogna dire, il sesso non è mai stato un argomento allettante; sa che tutti, compresi i colleghi, lo considerano una priorità, se non la priorità. Lui no. Se Satana cercasse di farlo cadere in tentazione facendogli trovare nel letto le nudità di una ragazza, o di un ragazzo, difficilmente lo farebbe capitolare. Piuttosto, il Maligno farebbe meglio a presentarsi con una teglia di melanzane alla parmigiana, con dei tortelli al ragù e con una setteveli: allora sì che la fede di quei 121 chili di sacerdote vacillerebbe.

Incipit tratto da:
Titolo: La quarta versione di Giuda
Autore: Dario Ferrari
Casa editrice: Mondadori
Qui è possibile leggere le prime pagine di La quarta versione di Giuda

La quarta versione di Giuda - Dario Ferrari

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Quarta di copertina / Trama

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È una gelida sera di gennaio a Viareggio: con il conforto di una cospicua dose di cioccolato, don Tony si dispone ad ascoltare le confessioni dei parrocchiani – cogitabonde disamine in cui l’autoelogio è secondo solo al biasimo per le miserie altrui -, e intanto sogna il tepore del proprio appartamento e di una montagna di junk food.

Proprio quella notte, però, un omicidio scuote la comunità. In tanti si aggiravano attorno alla scena del delitto: il dottor Ferri, vanitoso ginecologo obiettore, la Pia, onnipresente pettegola non priva di un certo acume induttivo, un gruppo di adolescenti della meglio gioventù viareggina, il traffichino Franco LaVoce…

Le indagini sono affidate al commissario Klaus Russo, aspirante giallista che interpreta il proprio lavoro attraverso il filtro dei romanzi che ha letto e che sogna di scrivere, affiancato dall’agente Carini, truce e taciturno – il braccio violento della legge.

Don Tony si ritrova suo malgrado nell’occhio del ciclone e viene ulteriormente messo in crisi dall’intransigenza di una bella ragazza vegana in cui si è imbattuto per strada la notte dell’omicidio, che oltre a bistrattarlo per le sue deprecabili abitudini alimentari gli chiede di nasconderla rifiutandosi di dare spiegazioni.

Quando il commissario Russo decide di rinunciare al giallo per darsi al noir, la svolta si ripercuote sul tono della narrazione, che si fa più tesa e torbida, fino al sorprendente scioglimento finale.
(Mondadori; Il Giallo Mondadori)

La quarta versione di Giuda - Audiolibro - Ferrari