Una e una notte – Ennio Flaiano

Incipit Una e una notte

Venute le ore del pomeriggio, come sempre Graziano prese la strada del giornale. Erano le ore migliori per andarci, fino alle sei non veniva nessuno e nello stanzone della cronaca tutto era in ordine, in una penombra piacevole. Le macchine per scrivere, coi cappucci di traverso, sembravano immusonite nella solitudine degli oggetti d’occasione, le sedie erano a posto, il pavimento spazzato, un raggio di sole batteva dritto su uno scaffale di vecchi libri inviati per recensione che nessuno portava via e davano al luogo una dignità di biblioteca. Erano raccolte di liriche, ammari, saggi di economia, romanzi stampati a spese dell’autore: la polvere s’era ormai fitta nei tagli come una forfora.

Incipit tratto da:
Titolo: Una e una notte
Autore: Ennio Flaiano
Casa editrice: Adelphi

Libri di Ennio Flaiano

Copertine di Una e una notte di Ennio Flaiano

Quarta di copertina / Trama

«I due racconti di questo libro sono le facce di una stessa medaglia … Un po’ di esperienza ci insegna che pari e dispari sono segnati sullo stesso dado e che il dramma e la farsa accompagnano a vicenda un personaggio indeciso o semplicemente mediocre». Lo stesso Flaiano ha fornito, con queste parole, la migliore presentazione di Una e una notte, i cui protagonisti appaiono come il diritto e il rovescio di un unico Io disperso, scettico e malinconico.
Cronista-praticante svogliato e velleitario, scrittore inedito affetto da una vera ripugnanza per la pagina bianca, seduttore disastrosamente maldestro che solo la «tacita e canina ammirazione» della squillo Botton Zelinda in arte Dory Nelson rasserena, Graziano viene attirato da un’aliena docile e impassibile su un’astronave approdata a Fiumicino. Astronave quanto mai domestica, simile a un «padiglione da fiera» o a uno «spremilimoni di vetro» – perché nell’esistenza di un «vitellone» come Graziano lo straordinario non può che mutarsi in ordinario, l’avventura in disavventura, e il catulliano Nox est perpetua in «un ideale di scultorea pigrizia». Scontentezza e noia irrequieta segnano invece Adriano, scrittore cui tutto appare ormai «senza peso, evitabile, noioso» e che da Roma ci conduce al santuario dove un amico regista sta girando gli esterni di un film (è il Fellini delle Notti di Cabiria), nella solitudine del litorale dove più si percepisce «la calma, la profonda voluttà del tempo», nell’agro dove l’immobilità dei secoli è ormai contaminata dalla sciatteria e dalla bruttezza – nel vano tentativo di scrutare da naturalista «una vita che ha le sue miserie ma anche un segreto che si apre solo a chi vi partecipa fino in fondo».
(Adelphi; Piccola Biblioteca Adelphi)

Cronologia opere e bibliografia di Ennio Flaiano

Tempo di uccidere – Ennio Flaiano

Incipit Tempo di uccidere

Ero meravigliato di essere vivo, ma stanco di aspettare soccorsi. Stanco soprattutto degli alberi che crescevano lungo il burrone, dovunque ci fosse posto per un seme che capitasse a finirvi i suoi giorni. Il caldo, quell’atmosfera morbida, che nemmeno la brezza del mattino riusciva a temperare, dava alle piante l’aspetto di animali impagliati.
Da quando il camion s’era rovesciato, proprio alla curva della prima discesa, il dente aveva ripreso a dolermi, e ora un impulso che sentivo irresistibile (forse l’impazienza della nevralgia) mi spingeva a lasciare quel luogo. “Io me ne vado” dissi alzandomi. Il soldato che fumava soddisfatto, ormai pronto a dividere con me gli imprevisti della nuova avventura, si rabbuiò. “E dove?” chiese.

Incipit tratto da:
Titolo: Tempo di uccidere
Autore: Ennio Flaiano
Casa editrice: Rizzoli

Libri di Ennio Flaiano

Copertine di Tempo di uccidere di Ennio Flaiano

Quarta di copertina / Trama

Il romanzo di Flaiano ci riporta al tema della guerra: ma la sua è una guerra che non si rivela, nemmeno letterariamente, un serbatoio di storie esemplari da raccontare né di eroismi vitalistici da esaltare. Nel 1947, dopo la terribile esperienza della seconda guerra mondiale, nessuno aveva più voglia di ricordare la campagna d’Abissinia del 1936. Ma nelle pagine di Flaiano quella guerra e quell’Africa subiscono una metamorfosi radicale. Perdono, l’una, i suoi connotati esotici e cromatici più evidenti, l’altra, l’aspetto crudele o eroico che caratterizza in genere un’azione bellica; e acquistano, entrambe, una dimensione simbolica che nega sia la retorica del paesaggio sia l’eccezionalità della situazione. In questo contesto, anche i tratti del protagonista non corrispondono a quelli del modello di eroe positivo allora di moda, bensì riflettono un uomo comune che per una serie di circostanze fortuite si è trovato a vivere una esperienza particolare. Nella figura del giovane ufficiale italiano, come nell’avventura di cui è protagonista, non vi è nulla di eccezionale, anzi all’origine vi è la banalità più assoluta: un mal di denti e un viaggio da compiere alla ricerca di un dentista. Una situazione più gratuita e un personaggio più antieroe di così, quale fantasia di narratore poteva concepirli?
Ai grandi avvenimenti esteriori egli opponeva i travagli interiori senza mitizzarli, ma rendendoli nello stesso tempo emblematici di uno stato di disagio tipico dell’uomo contemporaneo. E così una irrazionale tendenza al male che porta a un esercizio inconscio della violenza, al punto di provocare anche la morte, va intesa non come manifestazione eroica ma, semmai, egoistica: non il beau geste romantico bensì l’atto gratuito anonimo e inutile. In tutto ciò è adombrata l’interpretazione più crudele e spietata della sconfitta dell’uomo sul piano dell’umano.
(dalla Postfazione di Sergio Pautasso)

Bibliografia e cronologia opere di Ennio Flaiano

Premio Strega

Dal romanzo è stato tratto il film Tempo di uccidere (1989) per la regia di Giuliano Montaldo

Il gioco e il massacro – Ennio Flaiano

Incipit Il gioco e il massacro

Verso la fine di settembre di tre anni fa Lorenzo Adamante si trovò a Hong Kong di ritorno dal Giappone, dove era andato per un festival di cinema. Lo incontrai nell’atrio del Peninsula, sbadato, con quella faccia che il tempo aveva preso a martellate come le statue di scavo, dandogli la nobiltà e il tormento del gangster senza vocazione o dell’artista che si arrende. Nei tratti del volto ricordava Adamov, gli stessi occhi profondi e dolci su una bocca devastata, e, in certi momenti di particolare amarezza, l’attore Humphrey Bogart negli ultimi anni. Quando ci presentarono la prima volta a Parigi, in una trattoria affollata della rue St. Benoît, egli in piedi alla ricerca di un tavolo, alto e con un quaderno tra le mani, un cameriere passava di volata alle nostre spalle gridando alla cucina l’ordine che potrebbe essere il titolo di questa storia: «Deux Stanislas, deux mystères!». Per le suggestioni del suo nome, detto male dall’amico francese, e dello Stanislas caduto in tempo a confonderlo, l’avevo scambiato per lo scrittore russo, che conoscevo nelle fotografie. Ne era seguita una conversazione insensata sul genere: che cosa sta preparando per il teatro?; il che aveva prolungato l’equivoco. E forse da questo era nata tra noi una mite simpatia basata sul reciproco rispetto della nostra noia.

Incipit tratto da:
Titolo: Il gioco e il massacro
Autore: Ennio Flaiano
Casa editrice: Adelphi

Libri di Ennio Flaiano

Copertine di Il gioco e il massacro di Ennio Flaiano

Quarta di copertina / Trama

Esattamente come in Una e una notte (1959), anche in questo libro del 1970 due racconti ? sono parole di Flaiano ? «Si riflettono l’uno nell’altro e si completano, ed è questo il fine che li unisce». Due racconti che parlano di singolari, amare metamor­fosi: quella di Lorenzo Adamante, arredatore e produttore cinematografico, una faccia che ricorda Humphrey Bogart negli ultimi anni, una invincibile vocazione alla battuta gelida e tagliente («Tutto quello che vuole è morire in odore di pubblicità» dice di uno scrittore vanitoso e con smanie mistiche), una diffusa fama di omosessualità che pare misteriosamente dissolversi nella relazione con An­na Bac. E quella di Liza Baldwin, la giovane ricca, bellissima, «certamente kennediana» eppure stanca e sull’orlo della nevrosi, con cui Giorgio Fabro, catapultato a New York per sviluppare il soggetto di un film, va a vivere: per scoprirla poi, con stupore, donna-cane. Il fatto è che, come i suppliziati di una volta, «chiusi in casse dalle quali sporgevano soltanto con la testa», Adamante e Liza si rispecchiano e ci raccontano, per ingannare il tormento, «le loro storie, sempre meno improbabili in una società dove la metamorfosi è una vita di ricambio, tra il gioco e il massacro».
(Adelphi; Piccola Biblioteca Adelphi)

Cronologia opere e bibliografia di Ennio Flaiano