Il grembo paterno – Chiara Gamberale

Incipit Il grembo paterno – Chiara Gamberale

Incipit Il grembo paterno

Papà, papà papà.
L’amore primitivo, inevitabile, ladro e santo della mia vita in quella telefonata finiva, e due voci continuavano a infilarsi fra le nostre per reclamare la sua attenzione.
Papà, papà.
Una delle due voci era femmina.



Al Paese ci conoscevano tutti.
I Senzaniente, continuavano a chiamarci, per via dei miei nonni, i genitori di mio padre, che dopo la guerra il poco che avevano se l’erano perso.
No che non te lo do un litro, aveva detto la vecchia della latteria a Rocco.
Mio fratello ha tre giorni e mia madre non ha latte.
Le tette secche si curano, basta massaggiarle con un panno d’acqua calda.
C’ha provato, non esce niente, c’ha la febbre alta.
Mi dispiace, io il latte però non te lo posso da’, sennò finisce come quand’era nata l’altra sorella tua, latte e latte per voi e mai una lira per me.
Ha detto papà che entro domenica ti fa ave’ tutti i soldi, pure quelli di due anni fa.
Allora quando li vedo ti do il latte e un’altra bottiglia ve la regalo io.
Dopo tre giorni la madre di Rocco sarebbe morta e Rocco dopo ventidue anni sarebbe diventato mio padre, allora ne aveva nove. Da quelli non si entra, mi diceva, quando passavamo davanti allo spaccio in cui si era trasformata la latteria. A costo di non fare la spesa lì, se l’altro spaccio del Paese per qualche motivo era chiuso, prendevamo la corriera e andavamo al Paese Vicino. La macchina è arrivata quando facevo la prima elementare, un giorno sono tornata da scuola e l’ho trovata parcheggiata davanti a casa nostra, blu. Gli altri bambini delle Case Basse, il pezzo del Paese dove abitavamo, l’ultimo pezzo, il più lontano dal centro e ingoiato pure ad agosto dall’ombra del Panettone, così chiamavamo il monte che ci separava dalla Piccola Città, giravano attorno alla macchina, gli occhi allucciolavano e diventavano tutti dello stesso colore, pure loro blu. Mia madre era incinta dei gemelli e si accarezzava la pancia e si guardava la scena e rideva da sola.

Incipit tratto da:
Titolo: Il grembo paterno
Autrice: Chiara Gamberale
In copertina: © Dayana Montesano
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di Il grembo paterno

Il grembo paterno - Chiara Gamberale

Quarta di copertina / Trama

Dov’è che impariamo ad amare? Com’è che ci s’ammala dentro, com’è che si guarisce?
Ci sono persone che, quando le incontriamo, “ci bussano al sangue”: e Adele, quando incontra Nicola, è certa di avere trovato la persona con cui sentirsi finalmente intera. Ma Nicola è legato da un patto antico a un’altra donna, con lei ha due figli, mentre Adele cresce sua figlia da sola, dopo una vita di sfide e fughe che pare incastrarla in un’eterna adolescenza.
Quando l’intesa con Nicola comincia a vacillare, proprio quell’adolescenza le chiede, prepotente, ascolto.
Così, in una notte fatale, che segnerà per sempre il destino dell’umanità, Adele torna come in sogno al paese dove è nata, marchiata da un soprannome, Senzaniente, che è pesato sulla sua famiglia perfino dopo che il padre, Rocco, ha sfidato la miseria e conquistato il benessere.
La storia fra Adele e Nicola s’intreccia allora alla storia di Adele e suo padre, in una spola sempre più serrata fra passato e presente, dove quello che ci è stato tolto quand’eravamo bambini rischia di diventare l’unica misura di quello che il mondo ci potrà offrire. Fra medici che dovrebbero curare e invece mettono in pericolo, una donna che guarda dalla finestra il capodanno degli altri e un’altra che danza con uno straccio, nessuno degli indimenticabili personaggi di questo romanzo riesce a tenere stretto quello che è convinto di desiderare, mentre l’intrinseca violenza delle relazioni si mescola alla loro intrinseca dolcezza. E una televisione sempre accesa si prende gioco dello sforzo di tutti di credere alla propria esistenza.
Chiara Gamberale scende all’origine delle nostre domande sull’amore, in quella terra scoscesa dove abbiamo cominciato a essere la persona che siamo, per regalarci le sue pagine più potenti, commosse e ispirate.
Era la nostalgia, ora lo so, per le cose quando non sono ancora successe.
(Ed. Feltrinelli)

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Come il mare in un bicchiere – Chiara Gamberale

Incipit Come il mare in un bicchiere – Chiara Gamberale

Incipit Come il mare in un bicchiere

Sono le diciotto, ed eccomi davanti al portone del dottor R., ancora una volta.
Era da sette anni che non mi capitava, è da quando ne ho dodici che può capitarmi.
Di perdere il filo del senso e i contorni che separano me dal resto del mondo – la sensazione che “dovunque mi fossi trovata, sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok, sarei stata sotto la stessa campana di vetro, a respirare la mia aria mefitica”, confidava Sylvia Plath ai suoi diari. “E mi domandi perché mai si tace / l’anima mia, senza versarsi in grembo / alla notte che sogna? / Colma di me traboccherebbe tutta / a spegnere le stelle”, scriveva Rilke. La smarginatura, la chiama Lila nell’Amica geniale di Elena Ferrante. Qualcosa insomma che, se arriva lei, non ci sei più tu.
E di colpo non c’è più nemmeno il tempo, sono sempre le due di notte.

Incipit tratto da:
Titolo: Come il mare in un bicchiere
Autrice: Chiara Gamberale
In copertina: Elettra Mallaby
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di Come il mare in un bicchiere

Come il mare in un bicchiere – Chiara Gamberale

Quarta di copertina / Trama

Fuori di testa. Che senso ha questa espressione? Semmai, le persone che nella vita di tutti i giorni si sentono strette come il mare in un bicchiere sono Dentro di Testa. Barricate nei loro pensieri, nelle loro emozioni esagerate. Proprio come Chiara, la protagonista di queste pagine, e come quegli amici che lei chiama gli Animali dell’Arca Senza Noè. Che però, quando la tragedia del Coronavirus impone di chiudersi in casa, hanno una reazione misteriosa. Contrariamente a chi di solito è capace di stare al mondo e si ritrova disorientato, Chiara e Daniela e Pierantonio e Gollum sembrano fin troppo capaci di sopportare la quarantena. Ma doveva ammalarsi il mondo, per permettere a loro di sentirsi meglio? Che cosa c’è, nelle restrizioni a cui sono chiamati, che li rassicura?
Chiara Gamberale, sempre così pronta a inventarsi modi originali per dare voce a ciò che sentiamo, nell’epocale primavera 2020 scrive una testimonianza che è allo stesso tempo un urlo e un abbraccio (senza mascherina). Parole forti, nuove, che portano ognuno di noi a chiedersi se, “finito quest’incubo, potremo rendere interiori e spirituali i gesti che per proteggerci abbiamo dovuto imparare.” Perché quel metro di distanza dagli altri, sia quando si infrange sia quando si rispetta, è comunque un potere nelle nostre mani.
L’intenzione di questo mio breve libro, che preferirei chiamare quaderno, non è tediarvi con il diario della mia quarantena, ognuno ha il suo ed è quello il più prezioso. La mia intenzione è arrivare a riflettere insieme su un protocollo di autodifesa psicologica ed emotiva che questa incredibile tragedia ci potrebbe suggerire.
(Ed. Feltrinelli)

Il ricavato delle vendite sarà devoluto dall’autrice allo spazio di accoglienza per i bambini e le famiglie di CasaOz in situazione di emergenza Covid-19.

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L’isola dell’abbandono – Chiara Gamberale

Incipit L'isola dell'abbandono – Chiara Gamberale

Incipit L’isola dell’abbandono

No. Non aveva mai creduto che potesse venire qualcosa di buono da persone afflitte dallo stesso problema che stabiliscono programmaticamente di aiutarsi. Credeva semmai che la salvezza, come la sventura, ci sorprende, e arriva da dove meno ce lo aspetteremmo.
Eppure si ritrovava lì, perché Damiano aveva insistito e, nonostante tutto, aveva ancora il potere di condizionarla se si trattava di stare bene, stare male, provare a stare meglio.

Incipit tratto da:
Titolo: L’isola dell’abbandono
Autrice: Chiara Gamberale
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di L’isola dell’abbandono

L'isola dell'abbandono – Chiara Gamberale

Quarta di copertina / Trama

Pare che l’espressione “piantare in asso” si debba a Teseo che, uscito dal labirinto grazie all’aiuto di Arianna, anziché riportarla con sé da Creta ad Atene, la lascia sull’isola di Naxos. In Naxos: in asso, appunto.
Proprio sull’isola di Naxos, l’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente l’urgenza di tornare. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore, e sempre lì ha conosciuto Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare.
Ma come fa una straordinaria possibilità a sembrare un pericolo? Come fa un’assenza a rivelarsi più potente di una presenza?
Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola?
Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. Anche se non lo vorrebbe, così, è finalmente pronta per incontrare di nuovo tutto quello che si era abituata a dimenticare, a cominciare dal suo nome, dalla sua identità più profonda…
Dialogando con il mito sull’abbandono più famoso della storia dell’umanità e con i fumetti per bambini con cui la protagonista interpreta la realtà, Chiara Gamberale ci mette a tu per tu con le nostre fatali trasformazioni, con il miracolo e la violenza della vita, quando irrompe e ci travolge, perché qualcuno nasce, qualcuno muore, perché un amore comincia o finisce. Un romanzo coraggioso sulla paura che abbiamo di perdere il filo, il controllo della nostra esistenza: mentre è proprio in quei momenti – quando ci abbandoniamo a quello che non avevamo previsto – che rischiamo di scoprire davvero chi siamo.
“Se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore.”
(Ed. Feltrinelli)

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