La zecca e la rosa – Maurizio Maggiani

Incipit La zecca e la rosa - Maurizio Maggiani

Incipit La zecca e la rosa. Vivario di un naturalista domestico

Venticinque anni fa come oggi era anche allora di domenica. E era un gran bel mattino con refolo teso di maestrale e faceva caldo perché da noi in Riviera l’estate fredda dei morti è più che altro tiepida e lucida, e difatti nelle chiudende non c’era più nessuno a battere le olive e ancora nessuno a potare, e così prendo e me ne vado su al Vignale per la crosa del Maggiano da cui il mio stesso patronimico per toponomasia. E dal Vignale si vede tutto il golfo e in fondo la Versilia e sopra la Versilia le Apuane e ancora più su la Pania e il Pizzo, e me ne sto un po’ lì a guardare e a prendermi il sole perché di guardare e soleggiarsi non si finisce mai e magari da domani è tutto finito, anzi finisce di sicuro visto che di là dalla diga il mare fa già le crestine e girerà a libeccio. Comunque me ne sto un po’ lì e poi mi metto a cercare il posto giusto e trovo una chiudenda di olive razzole con delle piante belle e forti, piante che ci sono solo in paradiso e negli orti meglio esposti del Vignale. Salto il muretto, mi infilo a scegliere la pianta e tiro fuori il coltellino da innesto e taglio via un rametto lungo così, un butto di due anni non di più, ci sputo bene sopra il taglio, lo fascio con l’erba secca e me lo porto a casa infilato dentro la maglietta come fosse un coniglietto primaticcio, perché si deve fare così anche se l’estate dei morti è calda. Fare la talea di un ulivo non è uno scherzo.

Incipit tratto da:
Titolo: La zecca e la rosa. Vivario di un naturalista domestico
Autore: Maurizio Maggiani
Casa editrice: Feltrinelli
In copertina: Illustrazione di Gianluca Foli
Qui è possibile leggere le prime pagine di La zecca e la rosa

La zecca e la rosa - Maurizio Maggiani

Quarta di copertina / Trama

Un libro illustrato ed elegante che ci restituisce l’intimità con le cose della natura, che sanno diventare, attraverso l’occhio e la poesia di Maurizio Maggiani, cose della vita, cose del mondo.
Gatti, uccellini, campi e orti, tenerezza dei mattini e violenza dei cieli: Maggiani ci accompagna dentro le piccole meraviglie che rendono la vita più grande. Ed è lui stesso che ce lo racconta così: “Sono nato in un paese di campagna nel cuore della miseria degli anni cinquanta, sono stato cresciuto alla confidenza con tutto ciò che ha vita e va bene per la vita, chi mi ha educato aveva più parole per le piante e le bestie che per i cristiani, mi è stato insegnato a guardare e ascoltare e odorare e toccare ogni creatura e capire cosa ne veniva di buono e cosa di cattivo, evitando con cura di disturbare Creato e Creatore. Niente era mio, ma sono stato principe degli orti e barone dell’uva fragola, re dei fossi e granduca dei pesciolini che ci nuotavano dentro. Sono tornato a vivere nella campagna, i miei vicini sono tutti quanti contadini e continuano a parlare più volentieri con le creature che con i cristiani, a parte la miseria è tutto quanto rimasto più o meno allo stesso modo. E allo stesso modo prendo e vado per fossi e orti a toccare, ascoltare, guardare e odorare, considerare l’infinito universo di ciò che vive, evitando di disturbare. A meno che, metti, non mi ritrovi tra i peli la zecca assassina”.
Le illustrazioni sono di Gianluca Folì.
(Ed. Feltrinelli)

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I figli della Repubblica. Un’invettiva – Maurizio Maggiani

Incipit I figli della Repubblica - Maurizio Maggiani

Incipit I figli della Repubblica. Un’invettiva

Beati noi,
beati noi,
beati noi.
Sì, fortunati noi.
Fortunati noi, che siamo nati allora, agli albori.
E ci hanno presi e portati al dispensario e fatto a tutti quanti l’antitubercolosi e il vaccino del vaiolo, primo e secondo timbro sul braccio sinistro, e con fiducia ci hanno somministrato le prime dosi dell’antipolio, che erano buone perché erano dentro lo zuccherino, e così siamo cresciuti sani ed eretti, mentre avevamo intorno maschi e femmine, nati un po’ più in giù nella campagna e anche solo due o tre anni prima di noi, che senza nessuna colpa si sono ritrovati sciancati e butterati per tutta la vita.
Fortunati noi che quando siamo nati c’era già la streptomicina, così che, avanguardia di una nuova umanità, non fummo severamente selezionati per tramite di cruente decimazioni, e fummo risparmiati in massa non solo dalla tubercolosi, ma persino dalla peste bubbonica.
E siamo stati cresciuti in modo straordinariamente generoso e sano a solo pochi passi dalle macerie della pellagra e della fame generale.

Incipit tratto da:
Titolo: I figli della Repubblica: un’invettiva
Autore: Maurizio Maggiani
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di I figli della Repubblica

I figli della repubblica - Maurizo Maggiani

Quarta di copertina / Trama

Maurizio Maggiani ha una predilezione per l’oralità, gli piace sentire e far sentire come il racconto nasca dalla voce, dall’ascolto, dal rapporto che si crea tra la logica dei fatti e l’eco profonda della parola che li restituisce. È questo un segno decisivo dei suoi romanzi e degli incontri con il pubblico dei lettori. Ebbene, qui Maggiani fa un passo avanti e imbocca con rabbia e ardore la via dell’invettiva – un’oralità che sale di volume e di passione oratoria, perché, senza meno, deve ottenere un risultato: andare a segno. L’attenzione si sposta dalla leggenda delle cose accadute allo scacco delle promesse non mantenute. Le promesse fatte dalla sua generazione. Non poteva ben considerarsi beata la gioventù di un dopoguerra che si apriva provvido di speranze, di ideali, di futuro, e di un’alimentazione equilibrata? E allora? Che cosa succede ai figli del privilegio? Che cosa dissipano mentre disegnano un mondo nuovo? Oltre il confine della battaglia combattuta si apre il cedere del sogno, la traduzione dei ribelli in mediocri esecutori, manager, reggicoda di molti poteri. Maggiani amministra colpi con generosità – li chiama maledizioni. E tali sono, maledizioni. Perché i destinatari dell’invettiva e quelli che, pur fuori dal tiro generazionale, si riconoscono, sappiano almeno fare i conti con la vergogna del fallimento.
(Ed. Feltrinelli)

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Meccanica celeste – Maurizio Maggiani

Incipit Meccanica celeste - Maurizio Maggiani

Incipit Meccanica celeste

La notte che ho messo incinta la mia donna Barack Obama è stato eletto quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti d’America. Il fatto è avvenuto poco dopo la mezzanotte, assai prima che la notizia fosse sicura, e se la relazione tra i due avvenimenti è naturale, è anche con assoluta certezza priva di alcun significato. È vero però che quella notte sembrava che il mondo intero palpitasse in un’atmosfera di trepidante attesa; persino noi avevamo eccezionalmente sintonizzato il televisore su una stazione che aveva in programma una vigilia elettorale con ospiti. Solo che la cosa si stava facendo lunga e noiosa.

Incipit tratto da:
Titolo: Meccanica celeste
Autore: Maurizio Maggiani
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di Meccanica celeste

Meccanica celeste -.Maurizio Maggiani

Quarta di copertina / Trama

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Maurizio Maggiani arriva in un luogo, l’anonimo ma vividamente familiare “distretto”, dove confluiscono, da lontananze geografiche e temporali spesso leggendarie, uomini e donne depositari di vite e gesta memorabili. Siamo in una comunità raccolta fra picchi e valichi di monti che s’aprono a ovest all’azzurrità del mare, e valli strette e segrete che nascondono, proteggono e conservano. Siamo in una comunità che è esistita e ancora prospera nella continuità epica degli uomini liberi. Uomini e donne che partono e tornano, che appaiono e dileguano o azzittiscono, portatori di doni, di “buone notizie”, consapevoli che quelle valli, quei picchi, quei boschi li fanno diversi, li educano e li contengono. Maggiani trova una strada nella memoria di eventi che dall’inizio del secolo arrivano alla Seconda guerra mondiale e da lì all’oggi senza che mai venga meno il sentore leggendario di quel suo “distretto”, il vessillo di grazia, rabbia e amore che il Narratore consegnerà a chi sta per nascere. Forse al di là del “distretto” nomi come la Duse, la Santarellina, l’Omo Nudo non sarebbero mai andati, ma come accade nelle contee immaginarie di Faulkner o negli oceani fantastici di Stevenson, la gloria del racconto redime e reinventa, e fa del passato uno dei futuri possibili.
(Ed. Feltrinelli; I Narratori)

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