Come una sirena – Giovanni Montanaro

Incipit Come una sirena - Giovanni Montanaro

Incipit Come una sirena

All’inizio dell’Ottocento, a Odense viveva una prostituta che aveva partorito tre figli da tre uomini diversi. Abitava con una delle sue creature, di nome Anne Marie, che aveva superato i trent’anni, era alta e spigolosa nel corpo, ma bella e dolce nel viso. Anne Marie aveva avuto un marito, in gioventù, e aveva dato alla luce una bambina, Karen Marie.
A Odense viveva anche un calzolaio di nome Hans Andersen. Era figlio di un vecchio a cui tutti erano affezionati: Anders Hansen, detto Traes. Un tempo era stato ricco, ma la sua fattoria era andata a fuoco, le bestie erano morte e aveva perso tutto, anche la ragione. Girava per la città con una corona di fiori in testa e intagliava mostri nel legno. Il più delle volte farneticava, convinto di vivere le storie della Bibbia, e quando i suoi deliri si facevano più acuti lo ricoveravano per qualche giorno al Graabrøde, l’ospedale dei matti, dove lavorava la moglie, Anne Cathrine, che si occupava del giardino e gli voleva ancora bene.
Hans Andersen amava viaggiare, non credeva più in Dio e non viveva la vita che avrebbe voluto. Era più giovane di Anne Marie di dieci anni, e dieci centimetri più basso. Cuciva scarpe da quando era bambino e trovava che Anne Marie fosse la più bella di Odense. Se la vedeva elemosinare qualche scellino si intristiva, ma subito pensava che avrebbe provveduto lui ad assicurarle un’esistenza dignitosa.

Incipit tratto da:
Titolo: Come una sirena
Autore: Giovanni Montanaro
Casa editrice: Feltrinelli
In copertina: © 2023 Fumettibrutti
Qui è possibile leggere le prime pagine di Come una sirena

Come una sirena - Giovanni Montanaro

Quarta di copertina / Trama

Tutti crediamo di conoscere la Sirenetta di Andersen, ma pochi conoscono la sua vera storia.
Come una sirena è l’avventurosa vita del giovane Hans Christian Andersen, figlio di un’alcolizzata e nipote di una prostituta, cresciuto quasi analfabeta e partito a quindici anni da Odense alla volta di Copenaghen, sognando un futuro da ballerino. La carriera al Teatro Reale viene stroncata sul nascere, e Andersen vive anni rocamboleschi: da adolescente, studia in una classe di bambini che hanno la metà dei suoi anni, è povero ma gode del favore e dell’amicizia delle più illustri famiglie, si pubblica da solo i primi libri finché non diventa uno dei più grandi scrittori del suo tempo. Ci riesce passati i trent’anni, scrivendo le fiabe che tutti ricordiamo.
Ed è attraverso le fiabe che Andersen dice quello che altrimenti non avrebbe saputo dire, la paura, le emozioni, gli amori mai vissuti per ragazzi e ragazze, e soprattutto per Edvard Collin, figlio del suo protettore.
Andersen è il brutto anatroccolo, la piccola fiammiferaia, la principessa sul pisello. Andersen è la sirenetta, una creatura che prova disperatamente ad amare.
Dopo anni di ricerche, Giovanni Montanaro ci svela con delicatezza e profondità l’attualità di una fiaba immortale. Che è poi la storia vera di Andersen e del suo corpo difficile da amare, difficile da capire, tutto diverso, diviso a metà. Come una sirena.
E allora perché noi due non possiamo amarci?
Tutti conosciamo la Sirenetta di Andersen, ma pochi conoscono la sua vera storia.
(Feltrinelli; Narratori)

Cronologia opere, libri, biografia di Giovanni Montanaro su Incipitmania

Il libraio di Venezia – Giovanni Montanaro

Incipit Il libraio di Venezia – Giovanni Montanaro

Incipit Il libraio di Venezia

Venezia è sempre bellissima.
Sarà la laguna, il profumo di sale dell’Adriatico che ti stordisce appena arrivi. Saranno i colori, il cielo che all’improvviso esplode, sconfinato e struggente come un amore inatteso. Saranno i ponti, i dipinti, le pietre, i palazzi, le vere da pozzo, i campielli dove capiti per sbaglio. Saranno le leggende, le storie. La gente ruvida e furba. L’Oriente, l’Occidente, il loro incontro aspro e pigro. Sarà che è fatta per viverci, che è stata costruita quando il mondo era della misura degli uomini. Che si incontra la gente per strada, che prima o poi ci si vede senza appuntamenti. Che è democratica, perché ci si va a piedi, tutti quanti, sotto la stessa pioggia, con lo stesso vento.
Sarà che ti sembra sempre che stia per finire.
Che ti sembra impossibile, che tutta questa bellezza, questa ricchezza possano durare per sempre. Perché la città è fragile, in pericolo, pare che nessuno la capisca, che tanti vengono a farle del male, le orde dei turisti che paiono una pompa da giardino sfuggita di mano, l’incuria, il cattivo gusto, i veneziani che la svendono, i negozi con i pesciolini che ti mordicchiano i piedi e quelli che vendono caramelle fluorescenti.
Ma forse è il mondo che è in crisi, che non sa dove sta andando, che peggiora.
O forse sono io, la vecchiaia, quel sentimentalismo un po’ sciatto così meno prezioso del cinismo spavaldo della gioventù.

Incipit tratto da:
Titolo: Il libraio di Venezia
Autore: Giovanni Montanaro
In copertina: illustrazione di Gianluca Folì
Casa editrice: Feltrinelli

Libri di Giovanni Montanaro

Il libraio di Venezia - Giovanni Montanaro

Quarta di copertina / Trama

A Venezia, all’angolo tra campo San Giacomo e calle del Tentor, c’è una piccola libreria, di quelle che ti sorprende che esistano ancora, nonostante tutto quello che succede. Eppure, ce ne sono così in ogni città, tenaci come guerrigliere, eleganti come principesse. Sembrano tutte simili, ma quando si entra non ce n’è una uguale all’altra.
La libreria di San Giacomo è di due sole stanze, ma ci si può perdere come nel labirinto di Minosse. Sopra robusti scaffali di legno scuro, milioni di parole si rincorrono tra le pareti come pesci nell’oceano.
Il libraio si chiama Vittorio; non si è accorto di aver passato i quarant’anni, ne dimostra meno. È nato in mezzo alle montagne, in un paesino del Cadore dove non vive quasi più nessuno. Delle Dolomiti, ha l’energia delle tempeste e la timidezza del tramonto. Forte come Ercole, sposta senza fatica casse zeppe di volumi fino all’orlo, ma quando prende un libro in mano è come se cullasse un bambino.
Adesso che sono tornate di moda le camicie di flanella a scacchi (che io trovo ridicole), lui ne indossa sempre una. Veste jeans sdruciti, calza scarpacce robuste. Se si rimbocca le maniche, dall’avambraccio spunta un tatuaggio, le zampe sgualcite di un leone (strabico).
Vittorio è bello, ma come certi uomini che non sanno di esserlo, che per saperlo hanno bisogno di una donna che glielo dica. Le guance sempre rasate, il busto da pugile, quella specie di nonchalance che dà l’abitudine a leggere, il fumo dell’unica sigaretta che accende ogni giorno, dopo pranzo, con inquietudine.Una volta andavo spesso da lui, adesso quasi mai.
Vittorio è arrivato qui a diciannove anni per studiare Economia, ma non ha mai preso la laurea. Ha incontrato una ragazza irlandese che lavorava in una galleria d’arte in piazza San Marco. Lei l’ha baciato due volte, una hanno fatto l’amore, poi l’ha lasciato e gli ha regalato un’edizione di Melville. Lui non era tanto abituato ai libri, ma Moby Dick ha cominciato a leggerlo subito, la notte stessa, come fosse un modo per farla restare, e si è accorto di non aver mai letto niente così. All’improvviso, gli sembrava di comandare una nave, ungere gli arpioni, lustrare i banchi delle lance. La vita, da un giorno all’altro, gli è sembrata più grande, più avvincente, e gli sembrava anche di capirla meglio, qualcosa in più di prima. Ha smesso di frequentare l’università, ha trovato un lavoro in un negozio al Lido e l’ha fatto apposta a cercarlo lontano da casa; il tragitto in vaporetto da Riva de Biasio gli consentiva due ore di lettura al giorno. E anche se non aveva voglia, se aveva scelto un libro che non gli piaceva, guardare fuori dai finestrini era bello uguale; si immaginava l’America, l’oceano dove avvistare balene.
Quel continente lo attraeva; ha cominciato con Roth e DeLillo, Masters e Whitman, Auster ed Ellis, e per un certo periodo ha sognato di vivere nel Maine. Non è mai partito, però, benché continui a vestirsi come se sgomberasse legnaie nel Vermont.
Da quasi vent’anni, Vittorio è il libraio di San Giacomo. La libreria l’ha chiamata Moby Dick, anche se all’irlandese non ci pensava più, anche se qui c’è l’acqua, ma non c’è l’oceano di Nantucket.
Lui abita poco distante, dove ha sempre abitato fin da studente, in una soffitta di corte dell’Anatomia che guarda i tetti rossi di Venezia, i Frari, il corpaccione della Fenice. La sua vita è quella che voleva; a essere librai non si diventa ricchi, ma non si vive mica per quello, e se dovessero chiedergli se è felice, Vittorio risponderebbe di sì.
Anche perché adesso si è innamorato.
(Ed. Feltrinelli)

Incipit Il libraio di Venezia – Giovanni Montanaro

Indice cronologico opere e bibliografia di Giovanni Montanaro

Le ultime lezioni – Giovanni Montanaro

Incipit Le ultime lezioni – Giovanni Montanaro

Incipit Le ultime lezioni

Il professor Costantini era il tipo di uomo che chiunque ha in mente quando pensa a un professore.
Aveva poco meno di sessant’anni, capelli in disordine, occhi chiari, occhiali tondi, garbo senza fascino. Veniva in classe con giacche sdrucite ma ancora decorose, come uno che da giovane abbia avuto delle speranze. Ogni tanto osava un jeans, ma non era proprio il suo genere; erano sformati, lo facevano sembrare più vecchio.
Insegnava lettere, amava Leopardi e sopportava Foscolo a stento, perché gli sembrava insincero. Non era lugubre, però, tutt’altro; era energico e risoluto. Pochi anni lo separavano dalla pensione, e per lui non era né una noia né una liberazione, solo una certezza.

Incipit tratto da:
Titolo: Le ultime lezioni
Autore: Giovanni Montanaro
Casa editrice: Feltrinelli

Libri di Giovanni Montanaro

Le ultime lezioni - Giovanni Montanaro

Quarta di copertina / Trama

Il professor Costantini è esattamente il tipo di uomo che si ha in mente quando si pensa a un professore. Jacopo ne apprezza le lezioni di letteratura al liceo – “parlando di eroi, d’amore, di donne, di morte, si diceva tutt’altro, si diceva di noi” – ma in fondo nutre per lui quel misto di sfiducia e curiosità che molti ragazzi nutrono nei confronti degli insegnanti. Poi a Costantini muore improvvisamente la moglie e si ritira dall’insegnamento, rifugiandosi nella sua casa sull’isola di Sant’Erasmo con la figlia disabile. Jacopo lo dimentica presto, ma dopo alcuni anni lo ritrova, proprio mentre sta attraversando un momento delicato: ha da poco rotto con Alice, di cui, pur senza volerlo ammettere, è ancora innamorato, e sta per finire gli studi di Economia senza sapere cosa fare dopo.
Il professore lo invita ad andare a trovarlo e Sant’Erasmo lo accoglie con i suoi canali e i suoi silenzi, i carciofi e le biciclette, e una brezza calda, salata: “Venezia era distante, e anche l’Adriatico. C’erano rondini e gabbiani. C’era profumo, di salso e di alberi, di caldo. Pareva di stare lontano, ai Tropici, in qualche mondo inesistente, selvaggio”.
Jacopo ha bisogno di quel rifugio, e ha bisogno di Costantini, delle sue parole, di essere ripreso quando sbaglia, di essere indagato per riuscire a capirsi: nessuno, dai tempi della scuola, gli parlava più come il professore, gli poneva le domande fondamentali. E poi c’è Lucia, la figlia, che nasconde femminilità e vita. Così Jacopo per un’estate intera frequenta quella casa e, all’ombra di un grande albero di mimosa, scrive una tesi che non era riuscito neanche a cominciare. Da lì, troverà il suo destino.
Giovanni Montanaro racconta l’età difficile delle ultime lezioni, in cui si diventa adulti grazie anche ai maestri imprevedibili che la vita ci fa incontrare.
(Ed. Feltrinelli)

Incipit Le ultime lezioni – Giovanni Montanaro

Indice cronologico opere e bibliografia di Giovanni Montanaro