Persone che devi conoscere Vol. 2 – Michela Murgia

Incipit Persone che devi conoscere Vol. 2 – Michela Murgia

Incipit Persone che devi conoscere 2

«Vorrei che venisse qui a Valdagno a parlare della discriminazione di genere». Quando don Matteo Menini mi rivolse questo invito non ero sicura di aver capito bene, perché ricevo spesso richieste per affrontare nei comuni o nelle scuole questo argomento, ma non mi era mai capitato che a chiamarmi fosse un parroco, meno che mai per parlarne con il consiglio pastorale della sua comunità. È un silenzio che mi ha sempre stupita, perché la discriminazione di genere, causa di enormi sofferenze, di violenza quotidiana e talvolta di morte, è un tema che dovrebbe interessare fortemente anche le parrocchie, che sono osservatrici privilegiate di come la violenza strazi le famiglie a causa di una cultura che impone una sola visione su come dovrebbero essere gli uomini e le donne. Questa visione purtroppo è difesa anche da alcune delle frange più conservatrici del movimentismo laicale cattolico e quindi l’invito di don Matteo, così limpido e pacifico, mi è sembrato doppiamente attraente, certo da non rifiutare.
(Basta aprire la porta)

Incipit tratto da:
Titolo: Persone che devi conoscere Vol. 2
Autrice: Michela Murgia
Casa editrice: Messaggero di sant’Antonio Editrice
Qui è possibile leggere le prime pagine di Persone che devi conoscere 2

Persone che devi conoscere 2 - Michela Murgia

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Quarta di copertina / Trama

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Le persone che incontrerete tra queste pagine hanno fatto cose diversissime le une dalle altre, influendo ciascuna sulla propria realtà in modo personale. Troverete poche rivoluzioni sconvolgenti e molte cose che potevano essere fatte semplicemente volendole fare, perché è la trama del possibile a rendere più vivibile il quotidiano, non il gesto eclatante che sposta l’asse del pianeta. Nessuno di loro pensava di star facendo qualcosa di speciale con le sue scelte e forse è questo il marcatore che alla fine congiunge tutte le storie di questa raccolta: la manutenzione della felicità comune è fatta di piccoli gesti pensati e scelte forse non tutte facili, ma comunque sempre alla portata di chiunque. A nessuno in fondo è chiesto di morire per accendere una luce nelle vite che incontra. Vivere all’altezza della propria speranza sarebbe già un motore sufficiente per cambiare il pezzo di mondo che ci si è fortunosamente ritrovati tra le mani.
(Ed: Messaggero di sant’Antonio Editrice )

Morgana. L’uomo ricco sono io – M. Murgia e C. Tagliaferri

Incipit Morgana. L’uomo ricco sono io – Michela Murgia

Incipit Morgana. L’uomo ricco sono io

“Una ragazza dovrebbe avere una stanza tutta per sé e una rendita di 500 sterline l’anno.” Questa frase, che dà il titolo al celeberrimo saggio narrativo di Virginia Woolf Una stanza tutta per sé, è talmente famosa da essere diventata un luogo comune. Peccato che nel citarla si fermino tuttə alla prima parte, quella della stanza, e quasi nessunə ricordi che Woolf in quel saggio parlava soprattutto di soldi, o meglio, del rapporto tra l’emancipazione femminile e i soldi, presentati come la premessa stessa della libertà. La specificazione della cifra di 500 sterline l’anno, così precisa e violenta, a moltə deve sembrare ancora oggi più volgare che parlare a tavola di sesso o di politica. I soldi sono il vero tabù da violare quando si parla di donne, perché il denaro è il potere maggiore di tutti, quindi per definizione è stato per anni solo degli uomini. Lo scopo della vita delle donne, nel frattempo, è stato quello di fare buoni matrimoni per accedere alla sicurezza di buoni patrimoni, con il sottotesto che a loro non servissero i soldi, ma solo un uomo che li avesse. Le donne non potevano avere proprietà privata perché erano esse stesse proprietà privata, prima dei padri e poi dei mariti, che sposandole facevano proprie anche le loro doti. In quel contesto Woolf, facendo forse la sua affermazione più politicamente rivoluzionaria, riporta la questione dei soldi al centro del discorso sull’emancipazione e invita le sue contemporanee a cercare prima di tutto il controllo dei propri conti, senza i quali non esiste libertà intellettuale. Se questo è vero, se davvero essere autonomə significa essere liberə, perché tuttə continuano a consigliare alle donne, oggi come allora, di sposarsi con un uomo ricco? Perché in molte famiglie si continua a non insegnare alle ragazze a gestire il denaro, facendo loro credere che farsi procurare da qualcun altro la sicurezza materiale sia un traguardo di vita?
(Prefazione)

Incipit tratto da:
Titolo: Morgana. L’uomo ricco sono io
Autrici: Michela Murgia e Chiara Tagliaferri
Illustrazioni di: Luca Fontò
Casa editrice: Mondadori
Qui è possibile leggere le prime pagine di Morgana

Morgana l uomo ricco sono io - Murgia e Tagliaferri

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“Una ragazza dovrebbe avere una stanza tutta per sé e una rendita di 500 sterline l’anno.” Con questa frase politicamente rivoluzionaria e di cui purtroppo la memoria collettiva ha conservato solo la prima parte, Virginia Woolf lega strettamente il discorso sull’emancipazione femminile ai soldi, presentati come la premessa stessa della libertà. Il denaro è il vero tabù da violare quando si parla di donne perché è il potere più grande, quindi per definizione è stato per anni solo degli uomini. Ma allora perché tutt ә continuano a consigliare alle donne, oggi come allora, di sposarsi con un uomo ricco? Perché in molte famiglie si insiste a non insegnare alle ragazze a gestire il denaro, facendo loro credere che farsi procurare da qualcun altrә la sicurezza materiale sia un traguardo di vita? In queste pagine troverete imprenditrici scaltre e un po’ corsare, che tra rispettare le leggi o se stesse non hanno mai avuto dubbi, artiste carismatiche che non hanno pensato nemmeno per un momento di dover essere protette dal patrimonio dei loro partner. Vedrete politiche convinte che il miglior modo per arrivare in alto è non farsi vedere mentre si sale, e mistiche per le quali è la natura delle intenzioni, non il denaro con cui le realizzi, a segnare il confine tra ciò che è bene e ciò che è male. Vi emozionerete per campionesse sportive che per vincere tutto hanno rischiato di perdere la sola cosa che contasse davvero, e vi innamorerete di intellettuali contraddittorie che con la loro creatività hanno fatto abbastanza soldi per dichiarare una guerra (e pazienza se era quella sbagliata). Sono donne alle quali la libertà è spesso costata cara, ma che non hanno mai smesso di pensare di potersela permettere, perché volere beni propri e volere il proprio bene spesso sono la stessa cosa. In ciascuna delle loro vite – Oprah Winfrey, Nadia Coma˘neci, Francesca Sanna Sulis, J.K. Rowling, Helena Rubinstein, Angela Merkel, Madame Clicquot, Beyoncé, Chiara Lubich e Asia Argento – risuona forte la frase fulminante e sovversiva di Cher che, quando sua madre le consigliava di smettere di cantare e trovarsi un uomo ricco, ebbe l’ironia di rispondere: “Mamma, l’uomo ricco sono io”.
(Ed. Mondadori; Strade blu)

Nota di sorpresa linguistica

Questo libro, oltre alle storie delle Morgane, ospita un atto di sperimentazione linguistica. Abbiamo deciso, in coerenza con il nostro percorso di lotta al superamento della discriminazione di genere, di contribuire a suscitare un cambiamento di sensibilità partendo dalla cosa che conosciamo meglio: il nostro linguaggio. Dove è stato possibile abbiamo quindi scelto di non utilizzare il maschile sovraesteso, che tradizionalmente pretende di rappresentare anche il genere femminile, e l’abbiamo sostituito con il fonema noto come schwa, che dà vita a un plurale neutro. Siamo consapevoli dei limiti di questo segno e anche del fatto che è la prima volta che viene introdotto in un libro di narrativa italiana. Ci sembra però, dopo anni di dibattito sul linguaggio inclusivo, che questa possa essere una possibilità in più da offrire ai lettori e alle lettrici per sentirsi meglio rappresentatə in uno spazio che nasce per dar casa alla fantasia di tuttə: quello narrativo.

Il segno che troverete di quando in quando è questo: / ə / Se volete pronunciarlo non dovrete imparare nessun suono estraneo: l’avete già fatto cantando le canzoni di Pino Daniele (Je so’ pazzo, Napule è) o dicendo correttamente parole inglesi come about, sister, other.

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Stai zitta – Michela Murgia

Incipit Stai zitta - Michela Murgia

Incipit Stai zitta

Nel maggio del 2020, durante la trasmissione radiofonica che conducevo a Radio Capital insieme a Edoardo Buffoni, avemmo ospite lo psichiatra Raffaele Morelli. La ragione erano certe sue dichiarazioni discutibili rilasciate nei giorni precedenti, che erano state da piú parti indicate come sessiste. Nel corso dell’intervista in cui avrebbe dovuto spiegare l’eventuale equivoco, il professore confermò invece le sue affermazioni e mentre lo incalzavo chiedendogliene conto, accadde una cosa che né io né Buffoni avevamo previsto: Morelli perse completamente le staffe e all’improvviso mi intimò «Zitta! Zitta! Zitta e ascolta! Sto parlando e non voglio essere interrotto!» Il video, ancora reperibile in rete, divenne virale e per giorni si parlò di quell’episodio con incredulità, come se fosse un unicum comportamentale, il caso straordinario di un uomo dai nervi poco saldi che non aveva potuto sopportare di essere contraddetto da una donna.

Incipit tratto da:
Titolo: Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire piú
Autrice: Michela Murgia
Illustrazione di copertina e vignette di Anarkikka
Progetto grafico: 46xy
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Stai zitta

Copertine di Stai zitta di Michela Murgia

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Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di piú, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta.
Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice piú nessuno.
(Ed. Einaudi)

Stai zitta - Audiolibro - Murgia