Camerata Neandertal – Antonio Pennacchi

Il suo funerale, Ajmone Finestra se lo era preparato con cura.

Incipit Camerata Neandertal

Il suo funerale, Ajmone Finestra se lo era preparato con cura. Era stato le notti intere, in ospedale, a svegliarsi ogni tanto di soprassalto dall’incipiente coma e svegliare quindi istantaneamente anche il povero Stefano Gori che insieme ai figli – i figli di Finestra ovviamente, non di Stefano Gori – dormicchiava su una sedia: «Allora, ecco è vero! Dopo quello, fai questo e quest’altro, arriva la banda, fai parlare Tizio e non fai avvicinare Caio, il palchetto lo metti lì e le corone là. Mi sono spiegato, ecco è vero?»
«Sì, papà» facevano i figli.
«Certo, Senatore» faceva Stefano Gori.
Ma se per caso si svegliava dal coma e non li trovava – perché erano andati al bagno o a fumarsi una sigaretta fuori dal reparto, affacciati alla finestra del vano ascensori – subito si metteva a strillare: «Stefanooo! Paolooo! Carlooo!» e l’eco rimbombava a notte fonda per i corridoi.

Incipit tratto da:
Titolo: Camerata Neandertal. Libri, fantasmi e funerali vari
Autore: Antonio Pennacchi
Casa editrice: Baldini & Castoldi

Libri di Antonio Pennacchi

Copertina di Camerata Neandertal di Antonio Pennacchi

Quarta di copertina / Trama

Costruito come un percorso attraverso la memoria (di persone, fatti e luoghi) Camerata Neandertal è forse il romanzo più dolente e personale di Antonio Pennacchi. Un libro popolato da fantasmi: da Ajmone Finestra – il Federale di Latina, motore delle vicende narrate in Palude e nel Fasciocomunista – agli operai che di Palude decisero lo svolgimento; da Carlo Alberto Blanc, paleontologo, la cui ossessione e curiosità divengono le stesse dell’autore nelle Iene del Circeo, ad Aldo Dapelo padrone della Fulgorcavi narrata in Mammut, fino al fratello Gianni, che considerava suo Canale Mussolini ma morì senza riuscire a leggerlo. Attraverso i suoi personaggi Pennacchi racconta in realtà sé stesso e la propria formazione come uomo, come intellettuale dal basso e come scrittore. Un romanzo autobiografico dove realtà e finzione si intrecciano e si fondono, coinvolgendo il lettore in un viaggio, spesso esilarante, fra letteratura e vita.
(Ed. Baldini & Castoldi)

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Storia di Karel – Antonio Pennacchi

Incipit Storia di Karel

Karel, con il libro in mano, s’affacciò alla finestra e vide stagliarsi, dall’altra parte della città, l’astronave del circo. Rilesse il brano – “Sicut homo est pars domus, ita domus est pars civitatis. Et ideo sicut bonum unius hominis non est ultimus finis, sed ordinatur ad bonum commune, ita etiam et bonum unius domus ordinatur ad bonum unius civitatis, quae est communitas perfecta, ut dicitur in I Politicae. Bonum proprium non potest esse sine bono communi” – e con un sospiro, riguardando fuori, chiuse il suo grande Tomaso d’Aquino.
Il circo si piazzava sempre dietro i portici dell’intendenza, a modificare ogni volta l’immagine dei mondi da noi conosciuti. Dietro quei portici – quel colonnato altissimo, imponente, con ancora impressi i simboli del passato regime e dietro i quali si sarebbe dovuta espandere la Colonia, la gigantesca testa di ponte per il nuovo Balzo in Avanti – c’era per noi quotidianamente il nulla: solo lo spiazzo da cui spuntavano ogni tanto, frammisti a ciuffi d’erba, i ferri arrugginiti e il cemento dell’erigendo, tanti anni fa, mercato coperto. Poi più niente, eccetto la piana interminata dei deserti, con i cespugli rotolanti della salsola e le nubi di polvere – quando s’alzava il vento – a scacciare da quello spiazzo anche le bande di ragazzini che si affrontavano a mazzafionda dopo la scuola. La notte, i primi tempi – quando i soli calavano, ma prima che s’alzassero le lune, in quel breve ed unico intermezzo buio – tutta la Colonia si ritrovava in piazza in un non detto, padri e figli, in un appuntamento mai fissato; con gli occhi dritti a rimirare, dietro i pilastri del colonnato, i mondi lontani e qualche raro estraneo passaggio di navicelle spaziali: “Chissà dove andranno”.

Incipit tratto da:
Titolo: Storia di Karel: Colonia
Autore: Antonio Pennacchi
Casa editrice: Bompiani

Libri di Antonio Pennacchi

Copertine di Storia di Karel di Antonio Pennacchi

Quarta di copertina / Trama

La Colonia è un lembo di terra ai confini della galassia. I suoi abitanti, pochi, nel deserto e lontani dal mare, sono costretti a vivere secondo princìpi ferrei. Tutto è regolato da un fantasmagorico potere, invisibile, globale e realissimo, quello della Federazione. Sui giorni e le ore dei coloni aleggia un clima plumbeo talvolta interrotto dai rari e improvvisi quanto fugaci arrivi di un circo. Due divieti assoluti vigono sui coloni: non possono far uso di tabacco e utilizzare petrolio. A spezzare questo clima, a infrangere le due proibizioni, pensano tre bambini in fuga e una donna curiosa e vagheggiante di nostalgia per suo padre. Basterà poco per risvegliare l’ingegnosità, la brama di conquista e di progresso – in realtà mai sopiti del tutto – dei coloni, e il loro desiderio di ribellione. Antonio Pennacchi torna al romanzo con uno sguardo sul futuro che si abbatte impietoso sul nostro presente dimesso e depresso, per lanciare un grido di speranza; e riesce ad animare un mondo fantastico, popolandolo di personaggi indimenticabili, straordinari, malinconici, sognatori, burberi, eccessivi, sempre e comunque troppo umani: dall’intellettuale Karel all’inventore Foost, dal reverendo Jacob alla flessuosa Ursula, da Erika che ha un marito in cerca di miniere perdute a Sophie, che dal marito è stata abbandonata. Storia di Karel ha tutta la sensibilità romantica di Antonio Pennacchi, impiantata in un mondo che rende omaggio ai grandi autori della fantascienza, e non solo.
(Ed. Bompiani)

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Il fasciocomunista – Antonio Pennacchi

A un certo punto mi sono stufato di stare in collegio.

Incipit Il fasciocomunista

A un certo punto mi sono stufato di stare in collegio. Sono andato da padre Cavalli e gliel’ho detto: “Io non mi voglio più fare prete, voglio tornare nel mondo“.
“Il mondo?“
“Voglio andare a vedere come è fatto.“ Lui non voleva crederci. Ha insistito in ogni modo: “Ma la tua m’era sembrata una vocazione profonda. Ripensiamoci, magari è una crisi che ti passa. Chiediamo consiglio al Signore, aspettiamo”.
Io niente. M’ero stufato e basta. E allora ha telefonato a mia madre – o meglio, ha telefonato alla signora Elide che era l’unica ad avere il telefono al di qua della circonvallazione, che poi ha chiamato mamma – proponendo anche a lei di aspettare. Ma quella – mamma, non la signora Elide – gli ha risposto pure male, peggio di me: “Se proprio deve tornare, ritorni e basta, non la stiamo a tirare lunga. Sia lodato Gesù-Cristo“.
E così sono tornato.

Incipit tratto da:
Titolo: Il fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi
Autore: Antonio Pennacchi
Casa editrice: Mondadori

Libri di di Antonio Pennacchi

Copertine di Il fasciocomunista di Antonio Pennacchi

Quarta di copertina / Trama

Accio Benassi: era da tempo che nella letteratura italiana non si vedeva un personaggio così. Incazzato, ribelle, attaccabrighe, goffo, innamorato, illuso, ingenuo, arrogante, disubbidiente, sentimentale. È lui il protagonista del Fasciocomunista, il libro che, nel 2003, ha imposto Pennacchi all’attenzione di pubblico e critica. La storia è quella di un ragazzo di Latina, che frequenta in rapida successione il seminario, CMSI, il movimento studentesco, i giovani maoisti… Il suo percorso è esemplare di una generazione e dei temi che quella generazione ha affrontato riflettendo sul proprio percorso. Ma in realtà Accio è uno straordinario eroe pennacchiano (insieme agli altri personaggi di questo ricchissimo e rutilante romanzo) che da vita a una storia nuova perché veramente anomalo è il suo sguardo, il suo punto di vista: non puramente, astrattamente intellettuale e ideologico, ma anche istintivo, concreto, picaresco. L’eroe quasi ottocentesco di un romanzo contemporaneo fino al midollo nella struttura, nelle intemperanze, nella nervosa tensione della scrittura, capace di entrare per sempre nel cuore e nella memoria dei lettori.
(Ed. Mondadori; Piccola Biblioteca Oscar)

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Da questo romanzo il film Mio fratello è figlio unico per la regia di Daniele Lucchetti (Italia 2003)