Un mondo di cospiratori – Mordecai Richler

Incipit Un mondo di cospiratori

A me e ad altri sette ragazzini riottosi la Torah fu letteralmente inculcata, da un maestro che chiamerò Feinberg, in una muffa saletta della Young Israel Synagogue, il nostro kheyder. Se non capivo qualcosa, o mi coglieva con un tascabile di Ellery Queen o l’«Herald» di Montreal aperto sulle ginocchia alle pagine sportive, Mr Feinberg mi picchiava sulle nocche con lo spigolo del suo righello o mi torceva un orecchio. Ma più delle percosse ciò che tutti temevamo era il suo alito cattivo. Alle lezioni di Mr Feinberg andavamo, di malavoglia, al termine dell’orario regolare di scuola; mentre i ragazzi che non avevano la fortuna di appartenere a famiglie così perbene giocavano a hockey per strada, o a boccette, o bighellonavano fumando sigarette Turret, cinque cent un pacchetto da cinque.

Incipit tratto da:
Titolo: Un mondo di cospiratori
Autore: Mordecai Richler
Traduzione: Matteo Codignola e Franco Salvatorelli
Titolo originale: Broadsides
Casa editrice: Adelphi

Libri di Mordecai Richler

Copertine di Un mondo di cospiratori di Mordecai Richler

Quarta di copertina / Trama

«Di quali argomenti predilige occuparsi, quando scrive per i giornali?» chiese un compitissimo cronista a Mordecai Richler, durante la sua tournée italiana. «Di quelli per cui mi pagano meglio» fu la risposta di Richler, che in quei giorni tutti quanti chiamavano, in una specie di lapsus collettivo, sempre e solo «Barney». In realtà fino allora, almeno in Canada, Richler era noto soprattutto per la sua attività di pubblicista – e leggendo questa prima scelta italiana non è difficile capire perché. Che «recensisca» il Deuteronomio o un manuale di scrittura creativa, tessa il profilo di una maniaca dei complotti o le lodi di Shirley MacLaine come autobiografa, oppure rediga in forma di trattatello un minuzioso elenco delle balle fatte filtrare sulla stampa da esimi colleghi quali Salinger, Hemingway e Capote, nei suoi articoli Richler garantisce sempre al lettore un tasso difficilmente eguagliabile di irriverenza, imprevedibilità e, come ci si può immaginare, intrattenimento allo stato puro.
(Ed. Adelphi; Piccola Biblioteca)

Indice cronologico opere e bibliografia di Mordecai Richler

Il mio biliardo – Mordecai Richler

Incipit Il mio biliardo

Di recente Clive Everton, massimo guru dello snooker, ha dichiarato che due colonne del nostro sport nate e cresciute in Canada, Cliff Thorburne Kirk Stevens, si possono ormai considerare promosse in serie A. Per essere più precisi, ecco quanto l’amabile Everton ha scritto sul mensile “Snooker Scene”: “A dodici anni, dico dodici, Stevenson ha faticosamente raggranellato i quattro dollari necessari per sfidare Thorburn, che nel 1970, e nella subcultura in cui lo snooker canadese ristagnava, era già una stella di prima grandezza” (il corsivo è il mio).

Incipit tratto da:
Titolo: Il mio biliardo
Autore: Mordecai Richler
Traduzione: Matteo Codignola
Illustrazione Copertina: Patrick D. Milbourn (Il giocatore di biliardo)
Titolo originale: On Snooker. The game and the Characters Who Play it
Casa editrice: Adelphi

Libri di Mordecai Richler

Copertine di Il mio biliardo di Mordecai Richler

Incipit On Snooker

Clive Everton, snookerdoom’s Rashi, once pronounced on two of the game’s stalwarts, Cliff Thorburn and Kirk Stevens, both Canadian born and bred, declaring them long-standing chums. “Stevens was a mere twelve-year-old,” wrote the affable Everton in the monthly journal Snooker Scene, “when he painstakingly accrued four dollars with which to challenge Thorburn, a superstar even then, in 1970, in the subculture from which Canadian snooker had not even begun to emerge.” (Emphasis mine.)

Incipit tratto da:
Title: On Snooker. The game and the Characters Who Play it
Author: Mordecai Richler
Publisher: Penguin
Language: English

Quarta copertina / Trama

Che cosa hanno in comune Paul Newman, la Regina Madre d’Inghilterra e il popolo degli insonni disposti a seguire in televisione, fino all’alba, le silenziose evoluzioni delle palle colorate su un tappeto verde a tutto schermo? Semplice: una passione, la stessa che Mordecai Richler ha sempre nutrito e che in questo libro, il suo ultimo, si è deciso a raccontare. Convinto che il biliardo sia un gioco troppo serio per lasciarlo ai cronisti sportivi (categoria della quale ha peraltro a lungo, e onorevolmente, fatto parte), Richler ne tesse qui un’elegia che sembra il colpo da maestro di un grande giocatore, con la palla che finisce in buca dopo un gioco di sponde imprevedibile. Così, la penna che sembrava prepararsi a incidere il cammeo di un fuoriclasse devia d’improvviso verso i locali fumosi della Montreal del secondo dopoguerra, da lì rimbalza in un confronto a distanza con le pagine dedicate allo sport da grandi scrittori, poi colpisce in rapida successione il calcio, il football o lo hockey – senza risparmiare, nei suoi andirivieni, niente e nessuno. E come i numerosi devoti della Versione di Barney avranno già previsto, i primi a cadere sono proprio i santini quali l’immenso Wayne Gretzky, simbolo dello sport americano oggi a riposo, e quindi disposto a interpretare qualsiasi spot – «tranne quello dei Tampax. Per ora».
Il mio biliardo è stato pubblicato per la prima volta nel 2001.
(Ed. Adelphi; La collana dei casi)

Cronologia opere e bibliografia di Mordecai Richler

La versione di Barney – Mordecai Richler

Tutta colpa di Terry.

Incipit La versione di Barney

Tutta colpa di Terry. È lui il mio sassolino nella scarpa. E se proprio devo essere sincero, è per togliermelo che ho deciso di cacciarmi in questo casino, cioè di raccontare la vera storia della mia vita dissipata. Fra l’altro mettendomi a scribacchiare un libro alla mia veneranda età violo un giuramento solenne, ma non posso non farlo. Non posso lasciare senza risposta le volgari insinuazioni che nella sua imminente autobiografia Terry McIver avanza su di me, le mie tre mogli (o come dice lui la troika di Berny Panofsky), la natura della mia amicizia con Boogie e, ovviamente, lo scandalo che mi porterò fin nella tomba. Il tempo, le febbri, questo il titolo della messa cantata di Terry, è in uscita per i tipi del Gruppo (chiedo scusa, il gruppo, si scrive così), una piccola casa editrice di Toronto che gode di lauti sussidi governativi e pubblica (su carta riciclata, potete scommetterci la testa) anche un mensile, “la buona terra”.

Incipit tratto da:
Titolo: La versione di Barney
Autore: Mordecai Richler
Traduzione: Matteo Codignola
Titolo originale: Barney’s version
Casa editrice: Adelphi

Libri di Mordecai Richler

Copertine di La versione di Barney di Mordecai Richler

Incipit Barney’s Version

Terry the spur. The splinter under my fingernail. To came clean, I’m starting on this shambles that is the true story of my wasted life (violating a solemn pledge, scribbling a first book at my advanced age), as a ripose to the scurrilous charges Terry Mclver has made in his forthcoming autobiography: about me, my three wives, a.k.a. Barney Panofsky’s troika, the nature of my friendship with Boogie, and, of course, the scandal I will carry to my grave like a humpback. Terry’s sound of two hands clapping, Of Time and Fever,will shortly be launched by The Group (sorry, the group) a govemment-subsidized small press, rooted in Toronto, that also publishes a monthly journal, the good earth, printed on recycled paper, you bet your life.

Incipit tratto da:
Title: Barney’s Version
Author: Mordecai Richler
Publisher: Washington Square Press
Language: English

Quarta Copertina / Trama

Approdato a una tarda, linguacciuta, rissosa età, Barney Panofsky impugna la penna per difendersi dall’accusa di omicidio, e da altre calunnie non meno incresciose diffuse dal suo arcinemico Terry McIver. Così, fra quattro dita di whisky e una boccata di Montecristo, Barney ripercorre la vita allegramente dissipata e profondamente scorretta che dal quartiere ebraico di Montreal lo ha portato nella Parigi dei primi anni Cinquanta (con l’idea di assumere il ruolo di «scrittore americano a Parigi»), e poi di nuovo in Canada, a trasformare le idee rastrellate nella giovinezza in sitcom tanto popolari quanto redditizie, grazie anche a una società di produzione che si chiama opportunamente Totally Unnecessary Productions. Barney ci parla delle sue tre mogli – una poetessa esistenzialista, una miliardaria dai robusti appetiti e dalla chiacchiera irrefrenabile, e Miriam, l’adorata Miriam, che lo ha appena lasciato. Ci racconta le sue passioni, come chiosare i quotidiani, o ascoltare nella notte Miriam alla radio. Ci descrive i suoi intrattenimenti, come immaginare Terry McIver che si dibatte in un mare infestato di squali, o lanciare galosce verso l’attaccante della sua squadra di hockey che ha appena sbagliato un gol. Ci aggiorna sulle sue ubbie (non ricordare i nomi dei sette nani) e sui rimedi che escogita (domandarli a un figlio dall’altra parte del mondo, incurante della differenza di fuso). E ci chiede di partecipare alle sue consolazioni, accompagnandolo a deporre sulla tomba del padre, anziché il sassolino rituale, un sottaceto e un tramezzino al pastrami. Questo è Barney Panofsky, personaggio fuori misura, insofferente di tutto ciò che ottunde la vita. E questa è una delle storie più divertenti che ci siano state raccontate da molto tempo.
La versione di Barney è apparso per la prima volta nel 1997. (Ed. Alelphi)

Cronologia opere e bibliografia di Mordecai Richler

Da questo romanzo il film La versione di Barney (Barney’s Version) per la regia di Richard J. Lewis (2010)