Bacchiglione blues – Matteo Righetto

Incipit Bacchiglione blues – Matteo Righetto

Incipit Bacchiglione blues

Arrivati a quel punto non era più nemmeno una questione di soldi, quanto piuttosto di principio. Una specie di senso di giustizia, se volete, di rettitudine, se per lui rettitudine voleva dire qualcosa.
Il lavoro che gli era stato richiesto più di un anno prima, l’aveva fatto senza fiatare, l’aveva fatto subito e l’aveva fatto come Dio comanda. Nei minimi dettagli.
Eppure, e questa era la nota dolente, i soldi pattuiti non li aveva mai ricevuti, anzi, di quella cifra non aveva avuto neanche un centesimo, ragion per cui a un certo punto aveva deciso di andare a prenderseli di persona una volta per tutte, senza inutili convenevoli, false cortesie o stupide richieste formali.

Incipit tratto da:
Titolo: Bacchiglione blues
Autore: Matteo Righetto
Casa editrice: Alberto Perdisa Editore
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Bacchiglione blues - Matteo Righetto

Quarta di copertina / Trama

Sembra di essere nella Louisiana occidentale, tra fischi di pallottole e uomini senza coscienza. Siamo invece in Italia e questo non è un film. Lungo il corso selvaggio di un fiume in piena, in mezzo a campi di barbabietole, vecchi sfasciacarrozze e cascine abbandonate, tre balordi sequestrano la giovane moglie di un industriale dello zucchero. L’uomo decide allora di risolvere a suo modo la questione, assolda una seconda squadra di banditi e presto la situazione precipita in una serie inarrestabile di colpi di scena. Questa è la profonda provincia rurale del nord-est, dove si annidano personaggi tanto grotteschi quanto verosimili, criminali sprovveduti, bifolchi fuori controllo e proprio per questo capaci di tutto.

Indice cronologico opere e bibliografia di Matteo Righetto

Savana padana – Matteo Righetto

Incipit Savana padana – Matteo Righetto

Incipit Savana padana

Anche pochi minuti e sarebbero finalmente giunti a destinazione. Per strada tutto liscio. Né polizia, né carabinieri. Berto guidava il furgone con una mano, mentre nell’altra stringeva un pezzo di carta stropicciata sul quale si era frettolosamente annotato la strada da seguire. Grondava di sudore dalla testa alla pianta dei piedi e non vedeva l’ora che quella storia finisse al più presto.
Scarpe da ginnastica, pantaloncini corti, una camicia di lino aperta sul petto villoso e al collo una catena d’oro con un grosso crocifisso. Uomo di poche parole e tante bestemie, al punto di essere soprannominato «Sacramento», Berto era alto e corpulento, con pochi capelli in testa concentrati sulle tempie e sulla nuca. Li portava lunghi, sempre imbrattati di sudore e di gel per un disgustoso effetto lurido. Quella notte aveva con sé soltanto un marsupio allacciato in vita con dentro tutto il necessario, più un rosario della Madonna di Monte Berico. Perché lui era devoto di quella Madonna là. Di tutte le altre no, ma di quella sì. Quella notte sbirciava il foglietto, toccava il marsupio. Toccava il marsupio, sbirciava il foglietto, guidava.

Incipit tratto da:
Titolo: Savana padana
Autore: Matteo Righetto
Casa editrice: TEA
In copertina: Stefano Gilera
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Savana padana – Matteo Righetto

Quarta di copertina / Trama

Il Brenta da una parte, il Piovego dall’altra. Due corsi d’acqua stringono a tenaglia una terra piatta umida e tignosa dove l’afa d’estate è mortifera. Tra queste campagne c’è San Vito. Una chiesa, tre condomini e qualche villetta su una strada lunga e dritta che spacca in due l’intero paese. Con un bar da una parte e uno dall’altra. In mezzo, cinesi, zingari, una banda scalcinata di delinquenti locali, una statua di Sant’Antonio e un carabiniere che crede di sapere il fatto suo.
Savana padana è un irresistibile «western» teso, graffiante, crudo e ambientato in una landa perduta del Nordest di oggi; un romanzo che gioca con i dialetti, i colori, il sangue e le corrotte geometrie umane e sociali di una terra epica.
(Ed. TEA; Narrativa Tea)

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Il passo del vento – Mauro Corona e Matteo Righetto

Incipit Il passo del vento – Mauro Corona e Matteo Righetto

Incipit Il passo del vento

ABETE
Molti anni fa, quando ancora le nevicate invernali erano abbondanti, la signora Karin cominciava a occuparsi dell’albero di Natale già a ottobre.
Lo cercava meticolosamente nei boschi della val d’Ega, per giorni e giorni, perché doveva essere perfetto: alto quanto il capofamiglia, giovane come la figlia più piccola e con una chioma ampia all’incirca la metà dell’antica stufa in maiolica che imperava in soggiorno.
Soprattutto, doveva trattarsi di un abete bianco: solo così poteva essere un Tannenbaum, un vero albero di Natale.
Quando finalmente la donna individuava quello giusto, gli legava un nastro rosso intorno al fusto e ne riferiva la precisa posizione a Wilfred, suo marito, il quale aveva il compito di prelevarlo a novembre, durante una notte di luna piena: solo se raccolto in tale circostanza avrebbe trattenuto tutti i suoi aghi per settimane, addirittura per mesi.

Incipit tratto da:
Titolo: Il passo del vento. Sillabario alpino
Autori: Mauro Corona e Matteo Righetto
Casa editrice: Mondadori
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Il passo del vento - Mauro Corona e Matteo Righetto

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Quarta di copertina / Trama

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Parlare di montagna equivale a parlare dell’intera esistenza, e di come in essa si intende prendere posto. E amare la montagna significa stare al mondo con franchezza, desiderio di avventura, accortezza e spirito di solidarietà, rispetto per la vita in tutte le sue manifestazioni.
Mauro Corona e Matteo Righetto, gli scrittori italiani più autorevoli sull’argomento, danno voce a ciò che per loro la montagna rappresenta, attingendo a un ricchissimo tesoro di esperienze personali, qui condensate in brevi racconti, epigrammi fulminanti, descrizioni di paesaggi naturali di bellezza inesprimibile.
In queste pagine troviamo l’asprezza della roccia e la sfida delle vette, ma anche la carezza accogliente dei boschi, il ritmo lento del passeggiare; i ricordi vivissimi di un tempo che non esiste più e la consapevolezza urgente delle responsabilità da assumersi perché gli ambienti naturali possano sopravvivere ed essere il futuro dei nostri figli.
I sedici milioni di abeti distrutti dal ciclone che si è abbattuto sulle Dolomiti alla fine del 2018 evocano i caduti della Prima guerra mondiale, perché “gli alberi sono come le persone, e le foreste sono intere comunità”. La descrizione di un camoscio, che con abilità di equilibrista si muove tra i picchi più impervi, sfocia in una riflessione sul cambiamento del ruolo del padre nella società contemporanea, una figura ormai così priva di spigoli da rendere difficile assumerla come riferimento e appoggio. E invece, dal momento che gli esseri umani sono alpinisti inconsapevoli e chi “guarda il cielo sente la vertigine della bellezza ma anche il vuoto del precipizio”, l’appiglio è cruciale, nell’arrampicata come nella vita.
La narrativa potente di due grandi scrittori in un libro che si legge con la facilità e la soddisfazione con cui si raccolgono i mirtilli, grazie alla struttura classica e accattivante del sillabario.
(Ed. Mondadori; Omnibus)