Incipit Quindici riprese
Non ci posso credere. Non posso credere che per cinquant’anni mi sono occupato dello stesso scrittore, che poi non è neanche uno di quelli di cui non si possa fare a meno – certo non è Dante, né Dostoevskij, né Cervantes, né Shakespeare. Era il ’68 e in un cinema di Corso Italia a Pisa proiettavano Teorema; vidi Terence Stamp che si denudava disinvolto per andare a letto mentre il ragazzino che divideva con lui la stanza ricorreva a buffe contorsioni per spogliarsi sotto il lenzuolo. Era pubblicizzato come il primo “nudo frontale maschile” del cinema italiano, in ogni caso il primo che io vedessi (qualche anno prima c’era stato un ragazzo nudo di spalle negli Amori di una bionda di Forman). Stamp non era un riccetto di quelli che Pasolini amava, ma un bellissimo trentenne con un accenno di baffi e gli occhi azzurri; Pasolini all’inizio aveva pensato all’Ospite come a Dio Padre, poi di fronte al corpo di Stamp aveva virato verso l’idea di un angelo diabolico, o un’incarnazione di Dioniso. Il giorno dopo, col biondo nudo di Stamp ancora negli occhi, mi presentai a Mario Fubini e gli chiesi il colloquio del terzo anno su Pier Paolo Pasolini. Per la ritualità allora vigente alla Scuola Normale, l’argomento del colloquio del terzo anno era lo stesso su cui avresti svolto la tesi; Fubini mi sorrise e mi disse: «Siti io mi fido di lei, ma tenga conto che è come se lei chiedesse una tesi su Racine a Corneille» – nel senso che non potrò aiutarla, appartengo a una generazione precedente, il che mi portò poi a chiedere aiuto allo stesso Pasolini ma di questo parlerò più avanti. A contagiarmi era stato il desiderio: quello scrittore e regista di cui sapevo pochissimo, e che aveva quarantasei anni, guardava il corpo maschile come lo guardavo io ventunenne. Mi potevo fidare, come il professor Fubini si fidava di me.
Incipit tratto da:
Titolo: Quindici riprese. Cinquant’anni di studi su Pasolini
Autore: Walter Siti
Casa editrice: Rizzoli
Quarta di copertina / Trama
Una cinquantennale accanita infedeltà: Pier Paolo Pasolini è stato per Walter Siti prima un oggetto di studio accademico, poi una palestra critica, quindi un classico di cui curare un monumentale progetto editoriale (le quindicimila pagine in dieci tomi dei “Meridiani” Mondadori), infine un vizio a cui tornare. Ma soprattutto è stato un inesauribile sparring partner; lo ha combattuto, odiato, imitato senza volere, ha scontato l’angoscia dell’influenza. In questo volume Siti raccoglie finalmente tutti i suoi saggi pasoliniani, dal 1972 a oggi, con scritti ad ampio raggio e altri più specifici o occasionali. Il Pasolini di Walter Siti vale più nel complesso che sull’opera singola. Poeta nativo, sociologo per amore, intellettuale appassionato; sempre pronto a ributtare sul piatto la vincita, sempre in lotta con l’impotenza dello scrittore. Ciò che, sorprendentemente, emerge in queste pagine è una visione unitaria, un ritratto multiforme capace di tenere insieme la miriade di contraddizioni che hanno caratterizzato Pier Paolo Pasolini. Un’interpretazione originale e che matura progressivamente di uno dei nostri autori novecenteschi più polemici e discussi, in grado di attrarre, come è stato per Siti, chi voglia riflettere sui rapporti intricati tra letteratura e vita. Ma questo libro prende anche, in qualche modo, le sembianze di un addio. L’addio di uno scrittore a un’ossessione, uno specchio deformante, una pietra d’inciampo. Un addio inevitabile, forse doloroso, senz’altro liberatorio.
(Ed. Rizzoli)