Incipit Quel che ci tiene vivi
Non dovrei proprio raccontare questa storia. Sia io che lei siamo tenuti a una forma di riservatezza estrema. Un giorno un amico mi ha detto: «Se avessi saputo tenere i segreti, avrei fatto l’avvocato. Siccome non li so tenere, faccio il giornalista».
Incipit tratto da:
Io i segreti li so tenere. Alcuni miei colleghi per niente. Si potrebbe pensare che siano pochi gli avvocati chiacchieroni, come sono pochissimi i panettieri che avvelenano il pane, anzi, non ricordo un solo caso di pane avvelenato nella mia carriera, oppure gli architetti che costruiscono male le scale e ci si sfracella di sotto, e anche qui non ho un ricordo di fatti simili. E sono pochi anche quelli che fanno male i ponti, e di questi uno o due casi importanti e tremendi posso citarli. Ma nel mondo ci sono quanti ponti? Milioni? Alti, sospesi, ad arco, a sbalzo, a schiena d’asino, di barche, lunghi, lunghissimi. E stanno su, stanno, anche se quando ne cade uno è una tragedia, e uno scandalo perché è quasi sempre colpa della nostra incuria. Ma le cose vanno più bene che male, cari i miei giornalisti chiacchieroni, moltiplicatori irresponsabili di ansia collettiva, distributori generalizzati di sdegno facile, dissipatori di fiducia e bombardieri a spaglio di piedi di corvo. Ed è il caso di sapere che cosa sono, i piedi di corvo, perché questi chiodi a quattro punte affilate fanno malissimo e cascano sempre in piedi, per cui se qualcuno li butta sulla vostra strada non c’è scampo.
Titolo: Quel che ci tiene vivi
Autrice: Mariapia Veladiano
Casa editrice: Guanda
In copertina: fotografia © Anna Kubasheva/EyeEm/Getty Images
Quarta di copertina / Trama
Aiutare le famiglie che non funzionano: questo è l’obiettivo del giovane protagonista, un avvocato con un passato doloroso, difficile da dimenticare ma anche da ricordare. E, in qualche modo, quello è lo scopo anche di sua moglie Bianca, la psicoanalista a cui si è rivolto all’inizio della carriera proprio per rimettere insieme i pezzi della sua infanzia. Non sembravano compatibili – lei credente, esile, vegetariana e raffinata, lui materialista e disilluso, sovrappeso, cresciuto solo e in povertà – eppure al posto di un’analisi è nato un amore. Forse perché parlano la stessa lingua, quella che condivide soltanto chi è sopravvissuto a un trauma incancellabile, ma che ha anche il coraggio di resistere e andare avanti. Forse perché entrambi hanno bisogno di provare ad aggiustare il mondo. È questo che spinge l’avvocato a entrare e uscire dai tribunali con furiosa determinazione, per dare una possibilità alle persone che, come era accaduto a lui, «non vengono viste». Una sera d’inverno incontra un bambino solo, infreddolito, che parla con curiosa saggezza. Un bambino che sparisce e sembra non ricomparire più. Un bambino che gli ricorda sé stesso. E quando scopre chi è, la sua missione diventa un’ossessione: dovrà riuscire a salvarlo
(Guanda; Narratori della Fenice)