Galeotto fu il collier – Alessandro Vitali

Incipit Galeotto fu il collier – Andrea Vitali

Incipit Galeotto fu il collier

Davidone Perpenna aveva una faccia colore della roccia, un naso enorme, la mascella prognatica. Era una faccia che sembrava buona per il circo equestre o per fare lo scalatore. Invece amava l’acqua e gli mancava un mese ad avere quindici anni di manutenzione e custodia del molo di Menaggio. Conosceva il lago come le sue tasche.
Quindi, a quelli, glielo aveva detto di lasciare perdere: non si andava in giro in barca, di notte e per di più ubriachi.

Incipit tratto da:
Titolo: Galeotto fu il collier
Autore: Andrea Vitali
Casa editrice: Garzanti
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Galeotto fu il collier - Andrea Vitali

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Quarta di copertina / Trama

Lidio Cervelli è figlio unico di madre vedova. Un bravo ragazzo, finché alla festa organizzata al Circolo della Vela non arriva Helga: bella, disinibita e abbastanza ubriaca. Prima che finisca la cena, sono in riva al lago: una notte indimenticabile, in cui le chiappe di Helga rilucono come due mezzelune.
Lirica, la severa madre di Lidio, abile e ricca imprenditrice dell’edilizia, ha vedute molto diverse. Suo figlio deve trovare una moglie «made in Italy», una ragazza come si deve. Magari la nipote del professor Eugeo Cerretti, Eufemia, un ottimo partito con un piccolo difetto: è brutta da far venire il mal di pancia solo a guardarla. Ma forse Lidio ha trovato il modo per uscire dalla trappola e realizzare tutti i suoi sogni: durante un sopralluogo per un lavoro di ristrutturazione, in un muro maestro scova un gruzzolo di monete d’oro, nascosto chissà da chi e chissà quando.
Intorno a questo quintetto e al tesoro di Lidio, un travolgente coro di comprimari. A cominciare dalle due donne più belle del paese: Olghina, giovane sposa del potente professor Cerretti, che fa innamorare Avano Degiurati, direttore della Banca del Mandamento; e Anita, la moglie del muratore Campesi, di cui si incapriccia Beppe Canizza, il focoso segretario della locale sezione del Partito. E poi l’Os de Mort, di professione «assistente contrario», cuochi e contrabbandieri, l’astuto prevosto e l’azzimato avvocato… Immancabili, a vigilare e indagare, i carabinieri guidati dal maresciallo Maccadò.
(Ed. Garzanti; Narratori Moderni)

Zia Antonia sapeva di menta – Andrea Vitali

Incipit Zia Antonia sapeva di menta – Andrea Vitali

Incipit Zia Antonia sapeva di menta

Invisibile ma presente.
Inconfondibile. Solo lui era così.
E sembrava impossibile che fosse lì dentro.
Eppure…
Entrato nella stanza, Ernesto Cervicali si era improvvisamente fermato davanti a quel muro fantasma, ma dotato di una sua solidità. Aveva annusato. Una, due, tre volte, tirando su discretamente con il naso.
Non c’era da sbagliarsi era odore di aglio.
“Aglio”, confermò tra sé muovendo appena le labbra.
Poi fece due passi verso il letto. Guardò zia Antonia, le coperte tirate fin sotto il mento. Sembrava morta. Di più. Sembrava che di lei non esistesse che la testa, sotto le coperte nient’altro.
L’Ernesto non si spaventò, quell’impressione l’aveva avuta già altre volte.
Sapeva come fare per scacciarla: bastava guardare le labbra della zia.
Esangui, vibravano spinte da un respiro tranquillo. Dormiva.
Molleggiando sulla punta dei piedi, l’Ernesto si avvicinò ancora un po’. E cominciò a percepire quell’altro odore. Familiare, una carezza. Inspirò profondamente.
Poi si chinò verso il viso della zia.
Il suo alito sapeva di menta. Come sempre.
Zia Antonia sapeva di menta.

Incipit tratto da:
Titolo: Zia Antonia sapeva di menta
Autore: Andrea Vitali
Casa editrice: Garzanti
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Zia Antonia sapeva di menta - Andrea Vitali

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Quarta di copertina / Trama

«Aglio, cipolle, rape, ravanelli e porri sono verdure indigeste che non diamo mai agli ospiti
della casa!»
Suor Speranza ne è sicura: nel minestrone che ha distribuito ai pazienti della Casa di Riposo di Bellano l’aglio non l’ha fatto mettere di sicuro. Allora come mai Ernesto Cervicati, entrando nella stanza di zia Antonia, ha sentito quell’odore, invece dell’aroma inconfondibile e fresco della menta?
Ernesto conosce bene il rassicurante profumo delle mentine di cui è golosa la sua anziana parente. Certo meglio di suo fratello Antonio, che della zia non ha mai voluto saperne: gli interessava molto di più Augusta Peretti, una trentacinquenne ossigenata e vogliosa, nonché figlia di salumiere. Ernesto invece aveva accolto zia Antonia in casa sua e l’aveva accudita per tre anni, finché lei, un po’ per non gravare troppo sul nipote, un po’ per pudore, aveva deciso di trasferirsi all’ospizio.
Quel sorprendente odore d’aglio è un piccolo enigma. Forse è l’indizio di qualcosa di più grave. A indagare, oltre a Ernesto e all’energica suor Speranza, si ritrova anche il dottor Fastelli, medico dal carattere gioviale ma di grande sensibilità. Intorno a questo profumato mistero, Andrea Vitali costruisce un romanzo carico di tenerezza, una di quelle storie che, come zia Antonia, ti accarezzano in un fresco abbraccio. Per poi regalarti, alla fine, una sorpresa.
(Ed. Garzanti; Narratori moderni)

Ziia Antonia sapeva di menta - Audiolibro - Vitali

La leggenda del morto contento – Andrea Vitali

Incipit La leggenda del morto contento – Andrea Vitali

Incipit La leggenda del morto contento

La mattina del 25 luglio 1843 si annunciò sotto un cielo sgombro dalla più piccola nuvola, con una luce smorta che ammazzava i colori e un’aria densa del pesante odore dell’acqua di lago quando è ferma, misto di muschi e pesci morti. Da un paio di giorni, in verità, non si levava la pur minima aria, né al mattino, quando i tivanelli esaurivano la loro breve vita prima del sorgere del sole, né alla sera, quando i montivi scendevano dalle vali, ridavano vita alle verzure. Sopra la paese si era creata una cappa di aria spessa, come si il Padreterno vi avesse rivoltato per dispetto una tazza e l’ossigeno si stesse pian piano esaurendo. In breve i panificatori avevano cominciato a lamentarsi e a maledire il tempo: a detta loro tutta quell’umidità rovinava gli impasti e avevano un bel tirare e schiacciare prima di ottenere quel pane di cui andavano famosi e che, per bontà, competeva addirittura col notissimo pane di Como. Molti altri bellanesi li avevano seguiti nel levare gli occhi al cielo sbuffando di scontentezza e sacramentando, poiché l’umido dell’aria non infarciva solo i muscoli dei panettieri, ma anche i loro, rendendo più pesante ogni movimento; tranne quello per alzare al banco dell’osteria i cocci da mezzo litro pieni di vino e altro, quello per mollare scapaccioni ai bambini i quali, assediati al pari degli adulti dalla faticosa atmosfera, diventando rognosi e petulanti.

Incipit tratto da:
Titolo: La leggenda del morto contento
Autore: Andrea Vitali
Casa editrice: Garzanti
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La leggenda del morto contento - Andrea Vitali

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Risvolto di copertina / Trama

È il 25 luglio 1843, una mattina d’estate senza una nube e con una luce che ammazza tutti i colori. Due giovani in cerca d’avventura salpano su una barchetta con tre vele latine. Dal molo di Bellano, li segue lo sguardo preoccupato del sarto Lepido: non è giornata, sta per alzarsi il vento. L’imbarcazione è presto al largo, in un attimo lo scafo si rovescia.
Un’imprudenza. Una disgrazia.
Ma la tragedia crea un problema. A riva viene riportato il corpo dell’irrequieto Francesco, figlio di Giangenesio Gorgia, ricco e potente mercante del paese. Il disperso è Emilio Spanzen, figlio di un ingegnere che sta progettando la ferrovia che congiungerà Milano alla Valtellina. Due famiglie importanti. Bisogna a tutti i costi trovare un colpevole. Per la prima volta, Andrea Vitali risale il corso del tempo verso l’Ottocento, per raccontare un altro squarcio della sua Bellano. Ritroviamo così l’eco della dominazione austriaca, con i notabili e i poveracci, gli scapestrati e le bisbetiche, le autorità e gli ubriaconi…
Tra lacrime e sorrisi, “La leggenda del morto contento” racconta una storia di padri e di figli, di colpevoli e di innocenti, di giustizia e di malagiustizia: ottocentesca, ma solo in apparenza.
(Ed. Garzanti)