Cosa è mai una firmetta – Andrea Vitali

Incipit Cosa è mai una firmetta - Andrea Vitali

Incipit Cosa è mai una firmetta

Mercoledì 8 febbraio 1956, San Giovanni di Dio. L’alba sorge alle ore sette e sedici minuti, il tempo è sereno, i treni in orario. Verso metà mattina, quando mancano pochi minuti alle dieci, la vita di Augusto Prinivelli subisce una svolta.
Il p.i., perito industriale con specialità in disegno meccanico, Augusto Prinivelli abita a Bellano dall’età di nove anni. È nato a Milano nel febbraio 1931 e subito rimasto orfano di madre, morta nel darlo alla luce. Col padre ferroviere ha vissuto fino a quando pure lui, morendo di un colpo secco nel 1940 mentre era in servizio e a guerra da poco dichiarata, lo ha lasciato solo. Sarebbe finito in un orfanotrofio se Tripolina Carezza in Giulini, sorella maggiore della sua povera madre, in pieno accordo col marito Ercole, titolare di una piccola impresa edile, non avesse deciso di occuparsene, portandoselo a Bellano. I due abitavano in un caseggiato di proprietà, quattro piani, sito in via XX Settembre 45, all’imbocco della strada che conduce in Valsassina. Privi di figli, hanno allevato l’Augusto con ogni cura, e nei limiti delle loro possibilità viziandolo un po’. Nel 1943 pure l’Ercole, all’età di sessantotto anni, se n’è andato. La Tripolina allora ha alienato la ditta, già in sofferenza a causa del conflitto mondiale, e da quel momento si è sostentata con i proventi del caseggiato che, al piano terra, ospita oggi il bar Sport, bar Pioverna fino alla primavera del 1952, e cinque famiglie nei rispettivi appartamenti dei piani sovrastanti.
Fatti i conti, allo stato attuale la Tripolina ha ottant’anni, l’Augusto venticinque e ha da poco realizzato una parte dei sogni covati sul futuro. Su tutti quello di mollare l’angusto ambiente del paese dentro il quale non si è mai sentito a proprio agio, estraneo, la condizione di orfano come un’ombra che non l’ha mai mollato: la sua domanda di assunzione presso la Bazzi Vinicio-minuterie metalliche di Lecco è stata infatti accettata qualche mese fa. Mai più gli toccherà insegnare computisteria, come ha fatto per qualche anno, nella scuola di avviamento professionale di Bellano. Ha cominciato a respirare l’aria della città, che non sarà Milano ma è sempre meglio di niente.

Incipit tratto da:
Titolo: Cosa è mai una firmetta
Autore: Andrea Vitali
Casa editrice: Garzanti
In copertina: ©Stokkete / Shutterstock
Progetto grafico di Elisa Zampaglione / DUDOTdesign
Qui è possibile leggere le prime pagine di Cosa è mai una firmetta

Cosa è mai una firmetta - Andrea Vitali

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Quarta di copertina / Trama

Di stare a Bellano il venticinquenne Augusto Prinivelli, perito industriale, non ne può più. Sogna un’altra vita, sogna la città. Così ha cercato e trovato lavoro a Lecco presso la Bazzi Vinicio-minuterie metalliche. E non è finita. Quando l’anziana zia Tripolina, con cui vive da che è rimasto orfano, dovesse morire, venderà il putrido caseggiato di quattro piani di cui lei è proprietaria, manderà al diavolo quei morti di fame che sono in affitto e tanti saluti. Ma l’Augusto non ha fatto i conti col destino. La mattina di mercoledì 8 febbraio 1956, infatti, irrompe sulla scena Bazzi Birce. È la figlia di Bazzi Vinicio, il titolare dell’azienda, ed è colpo di fulmine. Corteggiamento, brevissimo; fidanzamento, un amen; nozze. E per il futuro? No, niente figli, piuttosto, il caseggiato… Venderlo? Alt! Un momento. Lo sa l’Augusto cosa ne verrebbe fuori rimettendolo a posto? No? Lo sa lei, la Birce, imbeccata dal padre, che per certe cose ha il fiuto giusto. E poi non si può stare ad aspettare che la zietta muoia, perché a dispetto di tutto e di tutti pare un tipo coriaceo. Non si potrebbe invece farle mettere una firmetta su un atto di cessione? Cosa sarà mai! Andrebbe tutto a posto in un niente. Oltretutto bisognerebbe arginarla la zietta, perché morta la vicina ha già trovato una nuova affittuaria. È una giovane vedova trasferita da Colico che la notte sembra lamentarsi spesso, forse avrebbe bisogno di un dottore. Sì, ma di che tipo? In questo Cosa è mai una firmetta, l’estro narrativo di Andrea Vitali sperimenta nuovi percorsi. L’osservazione del paesaggio umano che abita il suo mondo letterario si fa ancora più tagliente e impietosa. Capace di strappare un sorriso a ogni piega del racconto con le sue fulminanti invenzioni, non risparmia lo scavo tra gli istinti primordiali dei suoi personaggi, fino a metterne a nudo il cinismo che li divora.
(Ed . Garzanti)

Cosa è mai una firmetta - Audiolibro - Andrea Vitali

Sono mancato all’affetto dei miei cari – Andrea Vitali

Incipit Sono mancato all’affetto dei miei cari - Andrea Vitali

Incipit Sono mancato all’affetto dei miei cari

Alice, la prima figlia, era stata una disgrazia già di per sé. Voglio dire averla avuta per prima e, a tempo debito, non poterla mettere a lavorare nella ferramenta. Cioè, avrei potuto. Ma una donna in una ferramenta, secondo me, non faceva bella figura. Quindi a studiare un po’, quel giusto. Tanto per tirarla grande, se no cosa stava lí a fare? Tra le scuole, le magistrali: quattro anni e via. Sennonché, una volta finito, s’era ficcata in testa di andare avanti, l’università. Voleva fare la professoressa. Forse pensava di essere nata nel paese del Bengodi, dove i soldi crescono nell’orto. Chi troppo studia matto diventa, era stata la mia risposta. Lo diceva sempre anche un mio zio che non aveva mai aperto un libro in vita sua e camminava ancora sulle sue gambe. Lo zio Pietro, il Píter, un’ostia di uno! Sputava sempre per terra. Nell’ospizio dove l’avevano ficcato, le suore, per punizione, gli portavano via il toscano. Ma lui ne aveva sempre un altro di scorta, perché li nascondeva dappertutto, anche nelle mutande. Comunque, per tornare al discorso, il bel guadagno di studiare era stato lí da vedere quando l’Alice aveva cominciato con le supplenze, roba da non sapere se fosse meglio ridere o piangere. Una settimana qua, quattro giorni là, il portafoglio del papà che si apriva e chiudeva come una fisarmonica perché, a quanto pareva, un impiego nello Stato doveva essere una specie di onore, tanto per mangiare e bere c’era sempre quello che vendeva chiodi, viti e compagnia ferruginosa, se no come campava la maestrina del villaggio? Sapevo io quello che ci voleva, matrimonio. I libri mica scappavano. Una volta sposata, con una casa tutta sua e un marito che la mantenesse, l’Alice poteva leggere tutti i libri che voleva: giusto o sbagliato? Però doveva essere un bel matrimonio. E alla fine l’aveva capito anche lei, la cavallina storna. Aveva capito che, finché fosse andata in giro per scuole, non avrebbe tirato a casa nient’altro che morti di fame. Uno me lo aveva addirittura portato a tavola.

Incipit tratto da:
Titolo: Sono mancato all’affetto dei miei cari
Autore: Andrea Vitali
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Sono mancato all’affetto dei miei cari

Sono mancato all’affetto dei miei cari - Andrea Vitali

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Quarta di copertina / Trama

Provincia lombarda, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del secolo scorso. Un padre tutto casa e lavoro ripercorre la storia del proprio rapporto con i figli, che non sono venuti esattamente come si aspettava. L’Alice, maestrina frustrata, malinconica e sognante, che rimpiange di non essere andata all’università – manco studiare servisse – ed è incapace di fare l’unica cosa che una donna deve saper fare: la moglie. L’Alberto, che i libri, bisogna rendergliene merito, li ha tenuti a debita distanza, ma in compenso si rivela un ingrato. Infine l’Ercolino, che apre bocca solo per mangiare voracemente, anche se è magro quanto un chiodo; e, pensa tu, a scuola pare sia un genio. Insomma, un disastro, cui si aggiunge una moglie pronta in ogni occasione a difendere quei tre disgraziati. Troppo, davvero troppo, anche per un uomo di ferro come lui.
(Ed. Einaudi; Stile Libero Big)

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La gita in barchetta – Andrea Vitali

Incipit La gita in barchetta - Andrea Vitali

Incipit La gita in barchetta

Fu il naso fino di Spinetta Buboli a entrare in allarme nella tarda mattinata di martedì 15 gennaio 1963. Giornata di vento, come succedeva da un po’ di tempo, ma vento strano, un mezzo föhn, non di stagione, insomma.
D’altronde passava davanti alla calzoleria, se ancora la si poteva chiamare così, almeno otto volte al giorno: quando andava alla messa del mattino, quando andava a prendere il pane, quando, più tardi, andava a prendere un quartino di vino, rosso, consigliato dal dottore per l’anemia, al Circolo dei lavoratori. Infine al pomeriggio, quando andava al rosario delle quattro.
Tra andare e tornare appunto otto volte.
Ma era il minimo quotidiano.
Sola com’era non perdeva occasione per uscire, soprattutto quando sentiva suonare le note dell’agonia. Le notizie sui morti freschi le facevano più gola del pesce in carpione.
Quella mattina sbaragliò la concorrenza di coloro che aspettavano il proprio turno nella sala d’attesa dell’ambulatorio del dottor Lonati, affermando che si trattava di cosa urgente.
Il Lonati ne riconobbe la voce fessa, da gabbiano irritato. Colse un paio di parole più acute nello stridio del tono: «scusèm» e «grave».
«Cosa c’è?» chiese quando si trovò davanti la Spinetta, seria come un ambasciatore.
«Per me è morto», rispose la donna.
«Morto?» ribatté il Lonati.
«Morto, morto», ripeté la Spinetta toccandosi la punta del naso. «C’è puzza di marcio, di cadavere.»
(Prologo)

Incipit tratto da:
Titolo: La gita in barchetta
Autore: Andrea Vitali
In copertina: 2012 Everett Collection / Shutterstock
Progetto grafico: Elisa Zampaglione / DUDOTdesign
Casa editrice: Garzanti
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La gita in barchetta - Andrea Vitali

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Quarta di copertina / Trama

Nella Bellano insolitamente ventosa di inizio 1963, Annibale Carretta dovrebbe essere conosciuto come ciabattino. Dovrebbe, perché la sua indole è sempre stata un’altra. Nato «strusciatore di donne», uno che approfitta della calca per fare la mano morta, nella vita ha rimediato più sganassoni che compensi per le scarpe che ha aggiustato. Ed è finito in miseria, malato e volutamente dimenticato dai più. Ma non dalla presidentessa della San Vincenzo, che sui due locali di proprietà del Carretta, ora che lui sembra più di là che di qua, ha messo gli occhi. Vorrebbe trasformarli nella sede della sua associazione. Per questo ha brigato per farlo assistere da una giovane associata, Rita Cereda, detta la Scionca, con il chiaro intento di ottenere l’immobile in donazione. E in parte ci riesce anche, se non fosse che quelle due stanze del Carretta ora a Rita farebbero parecchio comodo. Le vorrebbe dare alla madre per il suo laboratorio di sartoria, e alleviarle così il peso della vita grama che fa: vedova e col pensiero di una figlia zoppa, Rita, appunto; una malmaritata, Lirina, che non sa come liberarsi del muratore avvinazzato che ha sposato; e poi Vincenza, bella ma senza prospettive, che seduta sul legno di una barchetta vede riflesso nello specchio del lago il destino che l’attende e al quale non sa sottrarsi. Su queste prime note si intona la sinfonia di voci e di vicende che hanno fatto di Bellano il paese-mondo in cui tutti possono ritrovare qualcosa di sé, e che nella Gita in barchetta interpreta una delle migliori partiture composte dalla penna leggera e tagliente di Andrea Vitali. Per i lettori è l’irresistibile occasione di immergersi ancora una volta nell’intreccio sorprendente di storie che è la vita
(Ed. Garzanti)

La gita in barchetta Audiolibro Vitali