Incipit 25
La macchina scomparve nella collina buia. La vide dissolversi, e non poté fare altro.
Incipit tratto da:
Era rimasto l’unico al mondo.
Si avviò lungo il marciapiede in salita. I giardini quadrati delle villette, gli alberi neri, sfilavano lenti al suo fianco. Sull’altro, la vasta schiena del panorama, le immagini di ogni suo ritorno a casa. Barcollò sotto il ronzio dei lampioni, trascinando le scarpe. Provocare rumori molesti, quand’era notte ed era da solo, lo rendeva inquieto: sentiva di attirare l’attenzione di qualcuno, di avere i mostri alle calcagna. Era una paura di bambino, non lo aveva mai lasciato.
Quella sera sbatté ogni passo senza prestarci orecchio. Ignorò i suoi piedi gelati e senza calzini, incastrati sotto le stringhe. Al di là dell’ubriachezza, lo tormentavano pensieri profondi, fastidi che non sapeva far tacere. Non gli capitava spesso di pensare: in genere si faceva scivolare tutto addosso, senza troppo baccano, guardando avanti. Adesso non ci riusciva.
Il cranio aveva preso a sfrigolare, arroventato da un fuoco insolito, impigliato in qualcosa di più spaventoso dei mostri e del buio. Si accese una sigaretta, poi caracollò verso il ciglio della strada, ai piedi del muretto.
Titolo: 25
Autore: Bernardo Zannoni
Casa editrice: Sellerio
In copertina: Michele Pistoletto, Deposizione, 1973
Quarta di copertina / Trama
Gerolamo è una strana creatura, un ragazzo di venticinque anni che vive in una città di mare, abita da solo, mangia spesso dalla zia. Ha qualche amico e nessun lavoro, esce di sera e di notte, dorme la mattina. Aspetta, ma non si sa bene cosa. Lo agita un desiderio quasi violento di diventare adulto e al tempo stesso porta dentro di sé un Gerolamo precedente, bambino e adolescente, che non lo vuole abbandonare.
Eppure nella sua attesa, nell’immobilità, nell’indecisione sospesa tra dubbi e inesperienza, nella paura costante di perdersi, Gerolamo è travolto dall’intensità e dalla meraviglia di quanto gli accade. Ha un amico che sta molto male, un altro che finalmente si è innamorato, un pappagallo da accudire per qualche giorno, la ragazza del piano di sopra sul punto di partorire. Fuma molte sigarette, beve volentieri, ma soprattutto Gero spera che giunga un momento in cui le cose cambino, in cui per lui e per tutti quelli intorno a lui arrivi il «punto di rottura», un bagliore di chiarezza che squarcia le nubi piene di pioggia, la realtà finalmente tirata a lucido, la vita che si mette a scorrere nella direzione giusta.
Alla sua seconda opera Bernardo Zannoni racconta il mondo degli umani con la fantasia e la profondità emotiva con cui aveva narrato la società degli animali ne I miei stupidi intenti. Scrive un romanzo che ha i tempi scomposti e incoerenti della giovinezza, lo sguardo in cui si fondono dolcezza e crudeltà di chi ha fame di vita, la comicità e l’assurdo delle menti che si avviluppano su se stesse. Dalle sue incursioni appassionate, fiabesche, avventurose, scaturisce un disegno di sorprendente realismo, un ritratto pieno di curiosità e di premura, al tempo stesso divertito e sgomento di fronte a quegli strani esseri che compongono il genere umano.
(Sellerio; Il Contesto)