Sbarcare il lunario – Paul Auster

Incipit Sbarcare il lunario- Paul Auster

Incipit Sbarcare il lunario. Cronaca di un iniziale fallimento

A cavallo dei trent’anni, vissi un periodo in cui tutto quello che toccavo si trasformava in fallimento. Il mio matrimonio si concluse con un divorzio, il mio lavoro di scrittore andò a picco, e mi ritrovai assillato dai problemi finanziari. Non sto parlando di penurie occasionali, o di periodiche tirate di cinghia, ma di mancanza di denaro continua, oppressiva, soffocante, che mi avvelenava lo spirito generando una condizione di panico senza fine.

Incipit tratto da:
Titolo: Sbarcare il lunario. Cronaca di un iniziale fallimento
Autore: Paul Auster
Traduzione: Massimo Bocchiola
Titolo originale: Hand to Mouth
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Sbarcare il lunario

Sbarcare il lunario - Paul Auster

Incipit Hand to Mouth

In my late twenties and early thirties, I went through a period of several years when everything I touched turned to failure. My marriage ended in divorce, my work as a writer foundered, and I was overwhelmed by money problems. I’m not just talking about an occasional shortfall or some periodic belt tightenings–but a constant, grinding, almost suffocating lack of money that poisoned my soul and kept me in a state of never-ending panic.

Incipit tratto da:
Title: Hand to Mouth
Author: Paul Auster
Publisher: Picador
Language: English

Quarta di copertina / Trama

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Diventare scrittori, dice Paul Auster, significa essere scelti, e non aver piú scelta. Da quel momento il tempo si divide tra ciò che si fa per «sbarcare il lunario» e lo spazio prezioso che, di sera o nei fine settimana, si riesce a dedicare alla scrittura.
Ricostruendo il suo difficile, ambiguo rapporto con il denaro dall’adolescenza alla maturità,l’autore della Trilogia di New York affida a queste pagine una parziale autobiografia. Seguiamo dunque il piccolo Paul che come ogni bravo bambino americano si offre per spalare la neve dal vialetto dei vicini, e attraverso molte avventure, degne (inaspettatamente) di un vero cultore della «scuola della strada», naviga su una petroliera, fa il centralinista nella sede parigina del «New York Times» o il ghost writer per una ricca americana in Messico. Tutte professioni senza domani, che però lo arricchiscono di storie e personaggi. Durante l’Università, poi, a battezzare nel segno del fallimento la sua nascente attività letteraria, Auster indice tra i suoi compagni un premio per il Re dei falliti, cioè per colui che, come recita il bando pubblicato sulla «Columbia Review», è capace di un crollo monumentale, di un atto gargantuesco di autosabotaggio.
I testi antologizzati in appendice rappresentano le prove che lo scrittore americano raccoglie per testimoniare uno sforzo malinconico e perdente: quello dell’arista che decide in modo programmatico di far soldi. Malgrado ciò i risultati non sono disprezzabili: tre atti unici in cui si sente una forte influenza beckettiana e un perfetto romanzo poliziesco alla Chandler (opere nelle quali troviamo in germe idee che saranno sviluppate in Cittàdi vetro, Spettri e La musica del caso). Ma il reperto più bizzarro e affascinante è senz’altro Action Baseball, un gioco di 96 carte che «ripro pone tutte le emozioni del gioco vero e proprio», e che Auster cercò inutilmente di vendere durante un’epica e frenetica giornata alla Fiera mondiale del giocattolo.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

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