Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta – Andrea Camilleri

Al munno, è cosa cognita, ponno capitare tanto le catastrofi naturali,

Incipit Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta

Al munno, è cosa cognita, ponno capitare tanto le catastrofi naturali, che sarebbiro pri sempio il tirrimoto, l’alluvioni o la timpesta che sradica l’àrboli e fa cadiri le case, quanto le catastrofi provocate dall’omo, che sarebbiro pri sempio i bummardamenti a tappito, la rottura di ’na diga, l’incendio di ’na foresta o l’esplosioni del gas che fa crollari ’n intero palazzo e via di ’sto passo.
Il malo vero di tutte e dù le catagorie è che, ’na vota che sunno capitate, non sunno finute, in quanto che continuano lo stisso a fari danno a longo nell’anni appresso, sia pirchì ponno moriri pirsone care provocanno lutti amari difficili da scordari, sia pirchì ci si è vinuti a trovari all’improviso senza un tetto, sia pirchì si può perdiri ogni cosa, dai vistiti al travaglio e sia per tante autre raggiuni.
La catastrofi provocata dall’omo che cchiù a longo vinni arricordata dai vigatisi fu il primo granni bummardamento fatto dai miricani a mità del misi d’austo del 1942.
(Il terremoto del ’38)

Incipit tratto da:
Titolo: Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta
Autore: Andrea Camilleri
Casa editrice: Sellerio

Libri di Andrea Camilleri

Copertina di Le vichinghe volanti di Andrea Camilleri

Quarta di copertina / Trama

Letti, divani, e giacigli, sono ospitali a Vigàta. E contemplano ingorghi e soprassalti. La prodigalità è un ardore di istintiva e disfrenata voluttà. Si dipana come una corrente vitale a due fuochi: la passione gagliarda, che non si tiene ai limiti del ritegno; e la missione soccorrevole, da crocerossine che, per la società e la patria, e per il proprio piacere, esercitano le opere di bene come un darsi generoso secondo le esigenze ghiotte dell’«appetito» da soddisfare, del «boccone» prelibato, del «ristoro», e finanche del fervoroso «spolpamento». A Vigàta si acclimatano divinità pagane, santi, e creature circensi: una Venere di lago e un Apollo dormiente; uno splendore di ragazza, incline alle estasi, la quale, mentre dintorno preme il mistero del trascendente, corrompe e si corrompe con i propri aromi di purezza e la sua voglia di santità, compiacendosi dei sogni lascivi, illusoriamente tattili, che tra uno spandersi di afrori di peccato mettono in comunicazione notturna il letto suo e quello del proprio confessore; le quattro svedesi equilibriste, le vichinghe volanti che, avvenenti e fascinose, montano le loro roboanti motociclette come cavallerizze da circo.
Un’astuta e insolente provvidenza narrativa si prende gioco delle aspettative: imbroglia, sbroglia, imprevedibile alla fine; sbrigliata com’è, nel dare scacco matto. Un cacciatore sbadato non sa di essere cacciato da un cacciatore per diletto. Uno sgambetto è inevitabile. Come nel caso di un libertino, che ha una carriera non proprio riposata. Ha seminato corna dappertutto. Ma il capriccio della sorte lo ossessiona. Lo confonde. Lo disorienta. Gli infligge degli scherzi di natura, che sembrano offuscare la sua gloriosa carriera. Uno zio avido e di rara bassezza morale si illude di lucrare sulla verginità di una nipote rimasta orfana. Non ha fatto i conti con le burle di una fatalità per niente cieca, che dal mitico diavolo zoppo ha, fra l’altro, ereditato l’arte di sollevar coperchi; e di strappare le facciate alle case, le maschere, per svelare ciò che in esse si nasconde. Del resto, questa diabolica provvidenza mette in campo un terremoto. Spinge sulle scale i condomini di un palazzo. E si dà l’agio di svelare e intrecciare, nel generale andirivieni, di piano in piano, su e giù per i pianerottoli, le storie altrimenti segrete degli inquilini.
I racconti sono otto, scritti tutti in uno stato di felice e divertita creatività. Sono «seppiati» di una Vigàta d’epoca, ambientati tra il 1910 e la metà del secolo, quasi. E includono un’indagine del discreto commissario Bennici sulla cronaca di due fantasmi pittoreschi che avevano messo in subbuglio la giunta comunale, la cittadinanza, le testate regionali e quelle nazionali. Era l’inizio di un’infestazione?
Salvatore Silvano Nigro

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