Divorziare con stile – Diego De Silva

Salvo rare eccezioni, i giudici di pace, io, non li posso vedere

Incipit Divorziare con stile

Salvo rare eccezioni, i giudici di pace, io, non li posso vedere. Non è che abbia qualcosa contro di loro. Cioè, sí. È istintivo generalizzare, quando una categoria occasionalmente rappresentata da un cretino ti manda in bestia. E ve lo dice uno che appartiene a una categoria notoriamente bistrattata. Ma è chiaro che non puoi sparare a una classe intera per farne fuori qualcuno. Prendete i tassisti.
Dice: Ce l’hai coi tassisti? No. Ma se la tua esperienza tassistica include una quota considerevole di tassisti stronzi, è probabile che sarai portato a pensare che la stronzaggine sia molto diffusa tra i tassisti. Senza che questo significhi che tutti i tassisti sono stronzi.

Incipit tratto da:
Titolo: Divorziare con stile
Autore: Diego De Silva
Casa editrice: Einaudi

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Copertine di Divorziare con stile di Diego De Silva

Quarta di copertina / Trama

Ci sono personaggi che continuano a camminarci in testa anche a libro chiuso, tanto vivi che sembra d’incontrarli in giro. Vincenzo Malinconico è cosí, funziona per contagio. Spara battute a mitraglia e ci costringe a pensare ridendo. Per questo lo seguiamo ovunque senza stancarci mai: mentre pontifica sotto la doccia o mentre esercita (si fa per dire) la professione di avvocato nel suo loft Ikea. Fino al ristorante dove incontra Veronica Starace Tarallo, bella da stordire e per nulla disposta a darla vinta al marito nella causa di separazione. E siamo con lui anche quando esce dalle battaglie sconfitto ma fedele a se stesso: quasi geniale, quasi risolto, quasi felice. Un uomo a cui manca sempre tanto cosí.
Mentre vive, Vincenzo Malinconico cerca di capire come la pensa. Per questo discetta su tutto, benché nessuno lo preghi di farlo. Abilissimo nell’analizzare i problemi ma incapace di affrontarli, dotato di un’intelligenza inutile e di un umorismo autoimmune, si abbandona alla divagazione filosofica illuminandoci nell’attimo in cui ci fa saltare sulla sedia dal ridere. Malinconico, insomma, è la sua voce, che riduce ogni avventura a un racconto infinito, ricco di battute fulminanti e di digressioni pretestuose e sublimi. Puri gorgheggi dell’intelletto. Questa volta Vincenzo e la sua voce sono alle prese con due ordini di eventi: il risarcimento del naso di un suo quasi-zio, che in un pomeriggio piovoso è andato a schiantarsi contro la porta a vetri di un tabaccaio; e la causa di separazione di Veronica Starace Tarallo, sensualissima moglie del celebre (al contrario di Malinconico) avvocato Ugo Maria Starace Tarallo, accusata di tradimento virtuale commesso tramite messaggini, che Tarallo (cinico, ricco, spregiudicato e cafone) vorrebbe liquidare con due spiccioli. La Guerra dei Roses tra Veronica e Ugo coinvolgerà Vincenzo (appartenente da anni alla grande famiglia dei divorziati) molto, molto piú del previsto. E una cena con i vecchi compagni di scuola, quasi tutti divorziati, si trasformerà in uno psicodramma collettivo assolutamente esilarante. Perché la vita è fatta anche di separazioni ricorrenti, ma lo stile con cui ci separiamo dalle cose, il modo in cui le lasciamo e riprendiamo a vivere, è – forse – la migliore occasione per capire chi siamo. E non è detto che sia una bella scoperta.
(Ed. Einaudi: Coralli)

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