La stiva e l’abisso – Michele Mari

Incipit La stiva e l’abisso

L’albatros che avesse sorvolato quel lembo d’oceano per ore ed ore non avrebbe scorto altro che un’immensa distesa d’acqua, e solo dopo numerose volute nel cielo, aguzzando la vista, avrebbe riconosciuto una piccola macchia. Attratto dal segno, l’avrebbe puntato dapprima in obliqua picchiata, poi più cauto con lente spirali fino a discernere, sbiadita nella foschia, una nave.
Il pesce che ne avesse visto la nera mole passare al di sopra ne ignorerebbe la forma, ma vivrebbe. Questo pesce invece è affiorato, e vede che quella nave è un veliero: un vascello a tre alberi. Un altro guizzo e al suo occhio non sfugge trattarsi di un vecchio galeone da guerra riattato al commercio, con gli sportelli dei cannoni sigillati di pece ed i ponti scorciati; senza farsi distrarre dalle remore e dai cirripedi che l’ondeggiare dell’acqua continuamente scopre e discopre fra le alghe lungo la linea di galleggiamento, il pesce punta deciso verso l’enorme poppa panciuta, bramoso del nome: ed è in questo istante che l’uccello lo coglie e lo strappa nell’aria, davanti a quell’insegna.

Incipit tratto da:
Titolo: La stiva e l'abisso
Autore: Michele Mari
Casa editrice: Bompiani

Libri di Michele Mari

Copertine di La stiva e l'abisso di Michele Mari

Quarta di copertina / Trama

Un estenuante bonaccia, un galeone spagnolo immobile nell’oceano, e su di esso, come sulle assi di un palcoscenico il dissonante concerto di personaggi interamente risolti nelle loro ossessioni verbali: uno sfacelo corporeo che inchioda un capitano al suo giaciglio, costringendo ad integrare fantasticamente i miseri dati fornitegli da un volgarissimo Secondo, e ad indagare da lontano cosa ha potuto scatenare nei suoi uomini la febbre di affabulazione che li sublima: l’avventurosa vivibilità di ogni racconto e l’atrocità che si cela al fondo delle invenzioni più luminose, la liquidità metamorfica e la natura cannibalesca di tutte le storie: “io sono fucina di forme, io sono la bocca e il boccone, io sono le storie che sono”.
Un viaggio fra ammutinamenti e torture alla ricerca della parte più vera dalla nave, un’ipotesi di zoologia fantastica in cui si intrecciano motivi biblici, classici, storici, un’esuberanza linguistica che attraversa tutti gli stili per comunicare, lontano dal mondo asciutto e ventoso, con gli annegati che hanno liberato nell’acqua la loro dolente memoria.
(Ed. Bompiani; Romanzi)

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