Rosso Floyd – Michele Mari

Incipit Rosso Floyd

«Potevano continuare a chiamarsi Geoff Mott and the Mottoes…»
«Nome orribile invero fra quanti mai».
«O Ramblers…»
«La grande sciocchezza!»
«Ammetto, ma se si fermavano lí noi ci saremmo salvati».
«E tormentiamoci, su. Per un po’ furono anche i Newcomers…»
«Poi i Those Without, sic!»
«Eh, sicsic! Intanto adesso non saremmo ridotti cosí».
«Anche Hollerin’ Blues, giunsero a chiamarsi».
«E Jokers Wild no? Jokers Wild!»
«Un momento, bisogna vedere chi c’era…»
«Basta ce ne fosse uno, sai com’erano fatti, no? Scomporsi e ricomporsi, includerne altri, farsi adottare, ritrovarsi, non era solo questione di nomi, erano instabili dentro, come cercassero la giusta combinazione… Disgregarsi e riaggregarsi, ogni volta avvicinandosi di un passo alla meta…»
«E di Sigma Six, che mi dici?»
«L’impegno che ci mettevano per trovar nomi brutti…»
«Come Abdabs…»
«Subito peggiorato in Screaming Abdabs».
«O Megadeaths…»
«E ancora potevamo salvarci. Anche quando diventarono gli Spectrum Five, potevamo salvarci».
«Fino ai Leonard’s Lodgers, pensa, ancora in tempo, anzi no, fino a Tea Set, il nome piú ridicolo che si sia mai sentito».
«Poi…»
«E torméntati, su. Non ti viene in mente che il tuo tormento è anche il mio?»
(Lamentazione prima oltremondana I Siamesi)

Incipit tratto da:
Titolo: Rosso Floyd. Romanzo in 30 confessioni, 53 testimonianze, 27 lamentazioni di cui 11 oltremondane, 6 interrogazioni, 3 esortazioni,15 referti, una refertazione e una contemplazione
Autore: Michele Mari
Casa editrice: Einaudi

Libri di Michele Mari

Copertine di Rosso Floyd di Michele Mari

Quarta di copertina / Trama

«Mio padre si chiamava Eric Fletcher Waters. Morì ad Anzio il 18 febbraio 1944. Io sono nato 165 giorni prima della sua morte. La gente mi conosce come Roger Waters, voce, bassista e autore della maggior parte dei testi dei Pink Floyd». Inizia così una delle confessioni dell’immaginaria «istruttoria» che fa da spina dorsale a questo libro. Un romanzo che ricostruisce la parabola artistica dei Pink Floyd facendo coincidere i dati biografici con quelli fantastici, dando forma a un impasto unico modellato intorno a una delle band più celebrate del ventesimo secolo. A sovraintendere a questa febbrile requisitoria sono «i siamesi»: due cervelli per un solo corpo, un legame conflittuale come quello che unì Roger Waters e David Gilmour.
Ma qual è stato l’originario «evento scarlatto» che ha fatto dei Pink Floyd la leggenda che sono diventati? Sappiamo che Syd «Diamante Pazzo» Barrett – dopo appena due dischi e un’esperienza psichedelica dalla quale non si riprenderà mai più – viene allontanato dai suoi stessi compagni. È allora che decide di rinchiudersi nello scantinato della casa di famiglia a Cambridge, in compagnia delle sue amate chitarre e di tutta la musica che ha in testa. La stessa musica che, grazie ai concerti tenuti dal gruppo, continua a fare il giro del mondo: come se il talento visionario di Barrett – tramite insondabili vie oniriche – avesse continuato a influenzare sotterraneamente ogni canzone composta dagli altri Pink Floyd dopo il suo esilio.
L’estro catalogatore ed enciclopedico di Michele Mari si fa in questo libro vertiginoso: l’autore sembra schiudere le porte del suo laboratorio per interrogare in profondità la genesi del processo creativo. Il potere della letteratura si allea in queste pagine a quello della musica: solo così è possibile far dialogare i personaggi delle canzoni dei Pink Floyd con i membri stessi della band, Stanley Kubrick con le coriste, David Bowie con Michelangelo Antonioni… Come il prisma scompone un raggio di luce mostrando lo spettro di colori che lo costituisce, così l’autore disseziona il nucleo incandescente delle canzoni dei Pink Floyd fino a svelare come dietro ogni loro singolo verso si nasconda un messaggio rivolto all’altrove.
(Ed. Einaudi)

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