La casa degli sguardi – Daniele Mencarelli

Incipit La casa degli sguardi – Daniele Mencarelli

Incipit La casa degli sguardi

Non è un risveglio. È un sussulto.
Ogni mattina mi ritrovo dritto sul letto, con l’affanno in gola, il cuore accelerato, il corpo preso da un tremore continuo, un delirio di movimenti.
“Non ricordare nulla.” È la frase che mi ripeto tutte le mattine.
“Non ricordare nulla.” È il mio obiettivo della sera.
Mi alzo a scatti, un automa senza coordinazione né coordinate, ho i pantaloni pieni di piscio, scanso col piede il pitale che mia madre mette accanto al letto, è vuoto, come sempre.
Sono le sei di mattina, respiro come appena riemerso da un oceano nero, senza suoni, né sogni.
Lei sta lì, addormentata sui tre gradini che portano alla mia stanza. Come si possa dormire su tre gradini lo sa solo la disperazione. Mia madre è una rabdomante sfortunata, la sua acqua sono tre figli da custodire, ma uno, l’ultimo, le è uscito con una malattia invisibile all’altezza del cervello, o del cuore, o di tutto il sangue che gli circola nel corpo.

Incipit tratto da:
Titolo: La casa degli sguardi
Autore: Daniele Mencarelli
Copertina. Foto: Markus Gann|Shutterstock
Copertina. Elaborazione grafica da immagine: Deonta Wheeler
Casa editrice: Mondadori
Qui è possibile leggere le prime pagine di La casa degli sguardi

La casa degli sguardi - Daniele Mencarelli

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Quarta di copertina / Trama

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Daniele è un giovane poeta oppresso da un affanno sconosciuto, “una malattia invisibile all’altezza del cuore, o del cervello”. Si rifiuta di obbedire automaticamente ai riti cui sembra sottostare l’umanità: trovare un lavoro, farsi una famiglia… la sua vita è attratta piuttosto dal gorgo del vuoto, e da quattro anni è in caduta “precisa come un tuffo da olimpionico”. Non ha più nemmeno la forza di scrivere, e la sua esistenza sembra priva di uno scopo. È per i suoi genitori che Daniele prova a chiedere aiuto, deve riuscire a sopravvivere, lo farà attraverso il lavoro. Il 3 marzo del 1999 firma un contratto con una cooperativa legata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
In questa “casa” speciale, abitata dai bambini segnati dalla malattia, sono molti gli sguardi che incontra e che via via lo spingeranno a porsi una domanda scomoda: perché, se la sofferenza pare essere l’unica legge che governa il mondo, vale comunque la pena di vivere e provare a costruire qualcosa?
Le risposte arriveranno, al di là di qualsiasi retorica e con deflagrante potenza, dall’esperienza quotidiana di fatica e solidarietà tra compagni di lavoro, in un luogo come il Bambino Gesù, in cui l’essenza della vita si mostra in tutta la sua brutalità e negli squarci di inattesa bellezza. Qui Daniele sentirà dentro di sé un invito sempre più imperioso a non chiudere gli occhi, e lo accoglierà come un dono.
Con la lingua precisa e affilata del poeta, Daniele Mencarelli ci offre con grazia cruda il racconto coraggioso del rifugio cercato nell’alcol, della spirale di solitudine, prostrazione e vergogna di quegli anni bui, e della progressiva liberazione dalla sofferenza fino alla straordinaria rinascita.
(Ed. Mondadori)

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