Il gioco di Santa Oca – Laura Pariani

Sopra la torre sventola lo stendardo del Sant’Uffizio

Incipit Il gioco di Santa Oca

Sopra la torre sventola lo stendardo del Sant’Uffizio che in questa piccola città ha una sede distaccata nel palazzo di Giustizia. Il cortile brulica di gente. Accostati ai muri perimetrali, come rondini al nido, gli scrivani si danno un gran daffare, ciascuno al suo tavolino con fogli, calamaio e sacchetto di sabbia per asciugare l’inchiostro, intenti a redigere petizioni, memoriali e suppliche a buon pro degli illetterati. Da una finestra della Cancelleria, Lucretio Firetto contempla la folla dei postulanti. Stamattina sono venuti in molti, più del solito: a denunciare con petulanza le ladrerìe dei soldati di stanza in città, a domandare esenzioni dalle tasse adducendo la scusa della carestia, a richiedere un sussidio lamentando le più disparate disgrazie. Ste piàttole non la voglion proprio capire che è inutile insistere. Anche il più corto di comprendonio oramai dovrebbe sapere che le casse di Busto Grande sono vuote, come pure quelle del Ducato di Milano: i denari sono stati prosciugati dagli impegni di guerra. Ma insomma, se il Re di Spagna, nostro sovrano, che a quel che dicono amministra la sò casa con più sapienza del grande Salomone, perfino lui ha fatto tre volte bancarotta, cosa ce ne può il tanto meno potente Governatore del Milanesado?… Ché, a dire il vero, Lucretio Firetto, Primo Cancelliere in questa malarbètta città cresciuta nella brughiera, si chiede a volte come sia possibile che, a quanto dicono, ogni giorno carrettate d’oro e d’argento entrino nella Casa de la Moneda della capitale di Spagna, e subito spariscano come per incantamento.

Incipit tratto da:
Titolo: Il gioco di Santa Oca
Autrice: Laura Pariani
Casa editrice: La Nave di Teseo

Libri di Laura Pariani

Copertina di Il gioco di Santa Oca di Laura Pariani

Quarta di copertina / Trama

Autunno 1652. Un pugno di uomini, stanchi di subire le angherie dei nobili e dei soldati che razziano i paesi della brughiera lombarda tra una battaglia e l’altra, si raccoglie intorno a Bonaventura Mangiaterra, un capopopolo che affascina i suoi compagni con la Bella Parola, una versione personale e ribelle delle storie della Bibbia. Bonaventura diventa presto una leggenda tra i contadini e i poveri: ha carisma, saggezza e una lingua sciolta con cui predica la libertà, in breve la sua banda cresce di numero e forza minacciando il potere costituito. Per fermare la rivolta, l’Inquisizione e i nobili della zona schierano infide spie e un esercito poderoso, ma quando riusciranno ad arrivare a Bonaventura, una sorpresa metterà in discussione tutte le loro certezze.
Vent’anni dopo, la cantastorie Pùlvara ripercorre le stesse brughiere che hanno vissuto l’epopea di Bonaventura e della sua banda. La donna si era unita in gioventù a quegli uomini valorosi travestendosi da maschio e ora, in cambio di ospitalità, racconta ai contadini le loro imprese. Mano a mano che quelle gesta eroiche rivivono nelle sue parole, Pùlvara si avvicina sempre di più, come in un gioco che diventa reale, al mistero della vita di Bonaventura Mangiaterra.
Un romanzo di ribellione e libertà, la storia di un sogno di giustizia e di una donna coraggiosa che sfida le convenzioni del suo tempo.
(Ed. La Nave di Teseo)

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