Bontà – Walter Siti

«Fare schifo è un atto politico»

Incipit Bontà

«Fare schifo è un atto politico»: Ugo ci ripensa stando seduto sul water, a questa frase scritta con mano incerta e vernice bordò su una saracinesca di viale Monza, letta casualmente mentre tornava dall’aver mezzo litigato con un amico in via dei Transiti. Una di quelle frasi facili da capire e difficili da spiegare; soprattutto in una bella mattina di primavera, nell’open space rimbombante come un alveare, dove l’unico riparo in muratura è il cesso – come se la sola cosa degna di essere protetta col segreto fossero gli spurghi. Non le creazioni o le idee, dio guardi; che anzi quelle devono mostrarsi sgargianti, bling bling, trasparenti agli occhi del Potere. Casa di vetro disegnata da un’archistar, innovativa e redditizia, in un orizzonte di pattume e detriti. Non mollare mai, non smettere di sperare, avere per limite l’infinito, chi ha fede nei sogni vince sempre; la luce in fondo al tunnel, la sintesi positiva, il salto di paradigma, ecco il compito della cultura in un momento complesso di transizione. Alla fine l’umanità troverà la strada migliore per vivere serena nell’universo, la tecnologia consentirà all’uomo di superare se stesso, solo non chiedeteci attraverso quali mutazioni: voi mantenetevi liberi, aperti ai cambiamenti, freschi come i fiori di pesco selvatico che tremano in giardino; even the death, perfino la morte sarà sconfitta. Contro i ritornelli dell’integrazione ottimista, sí, fare schifo è un atto politico, mio sconosciuto e strafatto writer, fratello mio.

Incipit tratto da:
Titolo: Bontà
Autore: Walter Siti
Casa editrice: Einaudi

Libri di Walter Siti

Copertina di Bontà di Walter Siti

Quarta di copertina / Trama

Ugo odia il proprio nome. Ricco di famiglia, ha fatto carriera nell’editoria tra competizioni aziendali, problemi di management e sarcasmi sulla letteratura mediocre. Al lavoro è efficiente, perfezionista, disprezza i buoni «che usano la modestia come una clava»; si vendica in pubblico di un’infelicità privata, perché le ossessioni non solo erotiche l’hanno condannato alla solitudine. Per lui, piacere e dominio coincidono.
Quando la vecchiaia si annuncia con segni inequivocabili, Ugo decide che è ora di dare un senso alla propria vita e, da poeta senza poesie, crede di riscattarsi mediante l’azione: usando a sproposito una conquista civile, progetta un velleitario suicidio per procura. Ma il destino ha in mente altro e lo conduce dove mai avrebbe sospettato.
(Ed. Eianudi)

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