Albergo Italia – Carlo Lucarelli

Ualla, in tigrigna, vuol dire «monella».

Incipit Albergo Italia

Ualla, in tigrigna, vuol dire «monella».
Come le ragazzine di strada che corrono nude, scalze e sudice tra la polvere o in mezzo al fango della stagione delle piogge, gridando dietro agli asini che portano l’acqua e alle t’liàn con l’ombrellino, finché qualche anziano non esce con il bastone per farle smettere, kit! kit! bakà via,via, basta.
Vuol dire anche un’altra cosa, vuol dire «ragazza facile», però non nel senso di prostituta: nel senso di una che gioca, che civetta, che ci sta, ma non tanto per soldi o per mestiere.
Attribuito a un maschio è più frequente, come avvertimento alle ragazze: occhio a quel ferengi, dice che ti sposa, che ti tratta come una regina, che ti porta in Italia, poi invece ti prende e ti molla per passare a un’altra – ualla! – e vale anche per gli abissini – ualla! – donnaiolo, e per quasi tutti, bianchi o neri, comunque uomini, non è neppure un’offesa, anzi.
Ma non vuol dire prostituta. In tigrigna si dice galemotà, e a Massaua, dove si parla molto l’arabo, anche sharmutta, puttana.
Lei, invece, e ualla, e sa va con gli uomini è soprattutto per giocare, snche se poi li tiene i soldi o i regali che le fanno.

Incipit tratto da:
Titolo: Albergo Italia
Autore: Carlo Lucarelli
Casa editrice: Einaudi

Libri di Carlo Lucarelli

Copertina di Albergo Italia di Carlo Lucarelli

Quarta di copertina / Trama

Circola in questo breve, felicissimo romanzo di Carlo Lucarelli una leggerezza rara, una gioia di narrare, una sorta di allegra malizia. Entriamo con una naturalezza che ci sorprende in un mondo sconosciuto eppure subito familiare, la Colonia Eritrea: e impariamo a vedere noi stessi – i t’liàn, gli italiani, i «so tutto io», cullu ba’llè, quelli cui piace «di averle pensate loro, le cose» – con gli occhi di un personaggio che non vorremmo lasciare piú: il carabiniere indigeno Ogbà, unito da un patto piú fraterno che di disciplina con il capitano Colaprico. A ogni colpo di scena, e sono tanti, a ogni parziale verità subito caduta, i due anziché deprimersi trovano nel loro rapporto una ragione per continuare, tra bellissime dame che sembrano assorbire sensualità e sprezzatura dall’aria stessa che respirano, ambigue creature del male, monelle prostitute, geologi che forse non sono geologi, furieri furfanti, camerieri magrissimi, e una vera festa di lingue e dialetti nella cornice dello sfavillante, modernissimo, Albergo Italia. Il piú elegante, e anche l’unico, di Asmara, Eritrea, Italia. Che viene inaugurato, ovvio, con un cadavere di faccendiere neanche tanto impiccato, a guardar bene. Quel tanto che basta per iniziare una storia.
(Ed. Einaudi; Stile Libero Big)

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