Azzurro Tenebra – Giovanni Arpino

C’era una luce viperina nelle chiome degli alberi ritagliati contro il tramonto.

Incipit Azzurro Tenebra

C’era una luce viperina nelle chiome degli alberi ritagliati contro il tramonto. E Arp pensava: crepate tutti, avessi la forza di accopparvi, pietoso anche ma convinto, potessi cancellarvi dal primo all’ultimo, uomini e donne neonati, infame marmaglia che impesti il Pianeta.
«Buono, Arp. Non fare l’energumeno. Non farti tornare la mania omicida» sogghignò il Vecio. Perché il Vecio possedeva la bizzarra qualità d’indovinare gli umori storti altrui.
«Zitto tu. Non sono un tuo centravanti» brontolò Arp.
Il Vecio scosse la mutria, rassegnato. Sembrava triste, ma se appena scopriva i denti in un sorriso, ecco che poteva incutere paura. In quell’attimo il volto, pur buono, avrebbe allontanato qualsiasi bullo da caffè: un calcio, durante lontane risse in area di rigore, aveva schiacciato il setto nasale del Vecio, che ora ostentava la maschera sorniona di un pugile in guardia perenne.

Incipit tratto da:
Titolo: Azzurro Tenebra
Autore: Giovanni Arpino
Casa editrice: Rizzoli

Libri di Giovanni Arpino

Copertine di Azzurro Tenebra di Giovanni Arpino

Quarta di copertina / Trama

Stoccarda, giugno 1974, Mondiali di calcio: nonostante campioni come Riva, Mazzola, Rivera, Facchetti e Zoff, la nostra nazionale viene eliminata al primo turno, in mondovisione e sotto gli occhi attoniti di migliaia di emigrati italiani. Protagonista autobiografico di Azzurro tenebra è un inviato speciale che si firma “Arp” e assiste alla disfatta insieme al giovane cronista-scudiero “Bibì”, come un Don Chisciotte del giornalismo affiancato dall’immancabile Sancho. Testimoni di un evento sportivo che presto assume i toni del grottesco, i due uomini sanno leggere in filigrana dentro quello che solo uno sguardo superficiale potrebbe archiviare come “niente altro che calcio”, e vi scorgono il destino desolante di un Paese già votato allo scacco e a un malinconico tramonto. Scritto a muscoli tesi, con estro espressionista, il libro, uno dei più belli e sofferti di Giovanni Arpino, si trasforma pagina dopo pagina nel glaciale referto di un doppio fallimento: la sconfitta sul campo e l’insufficienza estetica del gioco degli azzurri rispecchiano la generale carenza di etica e la miseria della condizione politica nel Paese.
(Ed. Rizzoli; BUR Scrittori Contemporanei)

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