Branchie – Niccolò Ammaniti

Incipit Branchie – Niccolò Ammaniti

Incipit Branchie

Le salamandre sono capaci di tornare nella loro tana con una precisione sorprendente.
Se le prendi e le porti oltre una montagna, quelle se ne tornano a casa.
Io no. Io mi perdo. Soprattutto quando bevo.
E stanotte fa un freddo cane e piove. Ho girato un sacco, magari fossi stato una salamandra. Avrei guardato gli astri e messo il naso all’aria e sarei tornato al negozio. Sì, forse avrei dovuto provarci.
Ma a Roma le stelle non si vedono. Una cappa grigio-fosforescente e i casermoni nascondono il cielo; e poi ho il raffreddore.
Devo vomitare.
Ho l’impressione di avere la pancia piena di murene.
Forza. Alzati, allora.
Da un sacco di tempo sono seduto sul cofano di questa macchina e sono tutto bagnato.
Alzati, sei arrivato.
Mi tiro su. Poggio la testa e le mani sulla saracinesca per bloccare il moto vorticoso della strada, dei lampioni e di tutto il resto. Trovo le chiavi in fondo alla tasca del cappotto.
Entro.
Passo attraverso il negozio ormai in disuso; dagli acquari che un tempo servivano ad attirare i clienti proviene un odore di decomposizione. Madonna quanta polvere.
Barcollando oltrepasso un corridoio lungo e scuro e sono finalmente nella tana.
È un enorme stanzone che dà su un giardino interno. Di giorno, i raggi del sole attraversano le grandi vetrate e permettono lo sviluppo di una densa vegetazione. Ci sono vasche di tutte le dimensioni, alcune così grandi che si potrebbe nuotarci dentro. Lunghi fili sostengono le lampade. I tubi dell’acqua si intrecciano per terra.
Gli acquari più grandi riproducono interi ecosistemi regionali. Uno dell’America del Sud con piante dai lunghi steli. Un altro del Sudest asiatico con le ninfee galleggianti. Ci sono poi quello europeo e quello africano.
Entrando sento l’umidità aderire ai vestiti e respirare diventa difficile. Le lampade basse riempiono gli acquari di una luce calda e dimessa. I pesci si muovono pigramente in banchi. Più su, l’oscurità e un odore forte, dolce. Pioggia e vegetazione. Mi riempie il naso e mi stordisce. I vetri sono appannati dal vapore. Su una parete, sopra un bancone ci sono una ventina di acquari più piccoli. Lì si trovano gli avannotti, i pesci appena nati.
A lato c’è un divano mezzo sfondato, il frigorifero, una televisione e una brandina.
Mi ci getto su.
Non ce la faccio a spogliarmi. Mi levo le scarpe e basta.
Trovo il telecomando nascosto sotto il cuscino e accendo la TV.
Tengo gli occhi chiusi.

Incipit tratto da:
Titolo: Branchie
Autore: Niccolò Ammaniti
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Branchie

Branchie-Niccolò Ammaniti

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Quarta di copertina / Trama

Quando Branchie uscí, nel 1994, da un piccolo editore, le poche copie pubblicate passarono subito di mano in mano come un testo clandestino. Lo proponiamo oggi a un pubblico piú vasto, intatto e fresco nella irriverenza, temerarietà e sfrenatezza festosa di allora. Protagonista è Marco Donati, un ragazzo che studia il comportamento dei pesci, malato terminale, con madre ossessiva e fidanzatina. Dall’abulico trascinarsi da una festa all’altra nella Roma dei quartieri alti, Marco precipita in una avventura senza limiti, come un cavaliere senza paura, in un’India che sembra il capolavoro di un falsario pazzo. Road movies, videogames, quiz col domandone nei momenti piú critici, tanta musica – da Ravi Shankar a Garbo – demenziali sport estremi, manie generazionali e molto altro, tutto Ammaniti frulla come in un “tramezzino , ripieno di baccalà, broccoli, maionese e cipolle al curry”.
(Ed. Einaudi, Tascabili stile libero)

Da questo romanzo il film Branchie per la regia di Francesco Ranieri Martinotti (1999)