Il balordo – Piero Chiara

Incipit Il Balordo

Negli archivi scolastici o in quelli della polizia, si potrebbe trovare un suo fascicolo personale e una cartella atti personale intestata al suo nome, rovistando tra le carte di quegli anni prima del 1930 o a cavallo del decennio, sui quali si è stesa ormai una luna ombra. Anni che avevano, a ben ricordarli, una loro fisionomia della quale facevano parte un improvvisato rigore morale, che nei confronti delle persone incaricate di pubbliche funzioni si traduceva in rapporti, note informative e inchieste, destinate a ingrassare i fascicoli personali custoditi nelle varie amministrazioni, e in taluni casi a prendere posto nei casellari delle questure.
Una ricerca che tirasse alla luce le carte di quegli anni, alle quali bisognerebbe aggiungere una raccolta di verbali e di note sottratti da un segretario comunale andato a riposo e non più potuto rintracciare, servirebbe a stabilire precedenti, date precise e nomi esatti, ma non darebbe maggior fondamento alla presente storia, né potrebbe aggiungere elementi alla figura del protagonista, che qui viene presentato a partire dai tempi dell’ignominia proprio perché a tanti anni dalla sua morte, si sappia su quali equivoci e su quante miserie sia riuscito senza alcuna industria ad erigersi per poi finire in altre miserie e in nuovi equivoci.

Incipit tratto da:
Titolo: Il Balordo
Autore: Piero Chiara
Casa editrice: Mondadori

Libri di Piero Chiara

Copertine di Il balordo di Piero Chiara

Quarta di copertina / Trama

Un uomo candido e grosso, venuto chissà di dove: questo il personaggio del Balordo: una sorta di Gargantua ottusamente assente, un dinoccolato pachiderma che da un angolo della provincia ai piedi delle Alpi è d’un tratto sbalzato nel Mezzogiorno e di là, in mezzo a trionfali fanfare, risale la penisola al seguito degli eserciti alleati per finire nuovamente nella sua nicchia, ma questa volta in veste ufficiale, da re bertoldesco. Una maschera beffarda, operante nel medesimo scenario in cui si muovono, pungenti e vive, le figure di quella deliziosa «chronique provinciale», che è Il piatto piange, e si svolge la partita a quattro della Spartizione. La sua avventura diventa favolosa, ai limiti del grottesco, e il personaggio nei suoi stralunati silenzi sembra riflettere l’ignominia e l’innocenza di un mondo avviato, di balordaggine in balordaggine, a consumare fino all’ultima favilla i sentimenti e i valori. Un Chiara, insomma che tra le righe insinua una morale più amara, un giudizio più aspro: ma basta quel tanto di umana pietà di cui egli investe il “Balordo” e la fitta folla minuta a dare alle pagine del romanzo il ritmo festoso e la felicità della più divertente trasposizione fantastica.
(Ed. Mondadori; Oscar Narrativa n.404)

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