Coordinate d’oriente – Alessandro Perissinotto

L’arrivo in una città sconosciuta è sempre una sorta di imprinting

Incipit Coordinate d’oriente

L’arrivo in una città sconosciuta è sempre una sorta di imprinting. Le esperienze successive, la progressiva dimestichezza con il luogo, potranno correggere la sensazione iniziale fino a ribaltarla, ma, dentro di te, nel profondo, quella città rimarrà congelata nella prima fotografia che i tuoi occhi le hanno scattato.
Shanghai mi accoglie con la pioggia. Una pioggia minuta e fitta, che rimane sospesa nell’aria. Ho il volto bagnato, i vestiti zuppi. Cammino in Nanjing Road in mezzo a migliaia di persone che si riparano inutilmente sotto ombrelli variopinti. Sono le cinque del pomeriggio e il cielo è già completamente nero, notturno; una voce irrazionale mi dice che non dovrebbe essere così, che qualcosa si è guastato nell’alternanza tra luce e buio, ma è solo una richiesta d’aiuto del mio organismo che fatica a riconciliarsi con il fuso orario. D’altro canto, se si assume come cielo il cupolino dell’ombrello, si può anche pensare d’essere in pieno giorno, tanta è la luce che ruscella giù dalle facciate dei palazzi. Ovunque, schermi ciclopici, alti quindici o venti metri, riversano sui passanti filmati pubblicitari a ciclo continuo. Inquadrate in primo piano, labbra sottili di giovani donne pronunciano parole per me indecifrabili, stupendi occhi a mandorla mi scrutano, giganteschi: mi sento come un insetto sotto la lente d’ingrandimento. Di tanto in tanto, i volti cedono il posto all’immagine di qualche prodotto: una merendina confezionata, un apparecchio fotografico, un’automobile di lusso. Oppure vengono sostituiti da una tempesta di ideogrammi lampeggianti. Ma non dura a lungo; sono le facce a dominare gli schermi: questa è la città dei muri che parlano.

Incipit tratto da:
Titolo: Coordinate d’oriente
Autore: Alessandro Perissinotto
Casa editrice: Piemme

Libri di Alessandro Perissinotto

Copertine di Coordinate d’oriente di Alessandro Perissinotto

Quarta di copertina / Trama

La ragazza dell’albergo di Malpensa guarda partire e non parte. Il suo mondo è fatto di minuscoli brandelli di vite vissute altrove, vite che non sono la sua. Dell’esistenza di Pietro Fogliatti, la ragazza coglie due momenti: la fine di un matrimonio consumato, e un nuovo inizio, la partenza per Shanghai. È lì che il grande progetto imprenditoriale di Pietro vedrà finalmente la luce.
Andare a Oriente, per sottrarsi al passato, ma anche per misurarsi con un paese dove i contrasti sono infiniti e i conflitti non esplodono mai. Nel suo bagaglio di imprenditore, Pietro porta con sé il ricordo del padre, morto di tumore per i veleni respirati sul lavoro. Nella sua fabbrica cinese, si dice Pietro, tutto questo non accadrà: niente morti bianche, niente sfruttamento, molti diritti. Ha in mente delle splendide utopie Pietro, e dimentica che le utopie sono un modo raffinato per suicidarsi. A ricordarglielo ci penseranno i soci americani e ci penserà il destino. Ma il destino gli farà anche incontrare Jin, la donna misteriosa che appende fiori a un semaforo, che lava i pavimenti e suona il pianoforte, che appare e svanisce, e che, come Pietro, aspetta segretamente la morte di chi le ha strappato la serenità. Pietro e Jin: due naufraghi, stretti l’uno all’altro per non affondare nel mare d’odio che hanno lasciato crescere intorno.
Ma poi, rapidamente, tutto cambia, tutto si perde: Jin, la fabbrica, il sogno… E si perde anche Pietro, scompare dai radar del mondo civile.
E io comincio a cercarlo.
(Ed. Piemme; Varia)

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