Il canto del diavolo – Walter Siti

«Questi alla parete cianno il Rolex, da noi nelle stazioni ce mettono l’orologi che si trovano nelle patatine»

Incipit Il canto del diavolo

«Questi alla parete cianno il Rolex, da noi nelle stazioni ce mettono l’orologi che si trovano nelle patatine»; palpo in tasca il fazzoletto odoroso di caffè, i cani non ci sono, possiamo rilassarci. Dubai ci accoglie con scarse file e molti sorrisi al controllo passaporti; tutto preciso e veloce al punto che siamo già fuori senza accorgercene, rischiando di superare il desk della Arabian Adventures («si nun ce facevi caso te…»). Poi scopriamo che sarebbe stato meglio, perché pretendono che aspettiamo i passeggeri dell’intera lista – e allora via dall’organizzazione, col taxi individuale; tanto quanto vuoi che costi, abbiamo fretta di essere in albergo. I grattacieli della Zayed Road a una prima occhiata sembrano corone di gioielli, uno ha in testa un’aureola verde quadrata di neon, come nei mosaici tardoromani i beati non ancora santi; due mastodonti ellittici sullo schermo del taxi portano anch’essi, in grande, la scritta “Rolex” – sponsor importante, dunque, da queste parti. Dubai come la Svizzera del Medio Oriente.

Incipit tratto da:
Titolo: Il canto del diavolo
Autore: Walter Siti
Casa editrice: Rizzoli

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Copertine di Il canto del diavolo di Walter Siti

Quarta di copertina / Trama

Negli Emirati il telefonino è arrivato prima dell’acqua potabile, l’aereo prima della ferrovia, il computer prima della forchetta.L’ottantotto per cento del milione e mezzo di abitanti di Dubai è composto da immigrati, che provengono per lo più da India, Pakistan e Bangladesh.Burj al-‘Arab, l’albergo a forma di vela, è il più alto e lussuoso del mondo, il primo a sette stelle. La suite imperiale costa diciottomila dollari a notte.Lungo le autostrade di Dubai, enormi cartelloni riportano frasi firmate Walt Disney. Il padre di Topolino è uno dei numi tutelari della spettacolare “boom city”, dove un sovrano illuminato (che assomiglia a Berlusconi) cova l’utopia di un habitat così perfetto che gli uomini vi diventino inutili.
Walter Siti ha visitato il Paese della ricchezza sfrenata, degli alberghi a sette stelle, del lusso e dello shopping culturale proprio nel momento in cui la crisi finanziaria cominciava a mettere in discussione quella parodia di paradiso. Ma ha visto anche il deserto, il golfo di Oman, la solida astuzia di Abu Dhabi e l’avida ingenuità degli Emirati del nord. Ha registrato il genocidio della cultura beduina e fiutato la svendita della cultura occidentale. È stato accolto in un’università femminile e ha dormito con gli immigrati poveri, privi di qualunque sicurezza e protezione sindacale. Ha osservato le tracce evidenti del lavaggio di denaro sporco e ascoltato chi difende i pirati somali. Evitando le interviste ufficiali e l’accumulazione giornalistica dei dati, se ne è andato in giro curiosando rasoterra, regalando il meglio della vacanza a un amico, lasciandosi intridere come una carta assorbente. Il viaggio di un vecchio, una riflessione sull’Occidente, una castissima storia d’amore.
(Ed. Rizzoli; 24/7)

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