Il cavaliere e la morte – Leonardo Sciascia

Incipit Il cavaliere e la morte

Quando alzava gli occhi dalle carte, e meglio quando appoggiava la testa sull’orlo dell’alto e duro schienale, la vedeva nitida, in ogni particolare, in ogni segno, quasi il suo sguardo acquistasse un che di sottile e puntuto e il disegno rinascesse con la stessa precisione e meticolosità con cui, nell’anno 1513, Albrecht Dürer lo aveva inciso. L’aveva acquistata, molti anni prima, ad un asta: per quell’improvviso e inconsulto desiderio di possesso che a volte lo assaliva di fronte a un quadro, una stampa, un libro. L’aveva contesa agli altri che la volevano, arrivando quasi ad odiare il più tenace, che gliela aveva poi abbandonata ad un presso che, corrispondeva al suo stipendio di due mesi, al momento di pagarlo gli diede un certo sgomento. Ingente non soltanto in rapporto alle sue possibilità; ma ora, per il vertiginoso crescere dell’inflazione e per il moltiplicato valore delle cose di Dürer e di ogni altro grande incisore, irrisorio. […]

Incipit tratto da:
Titolo: Il cavaliere e la morte
Autore: Leonardo Sciascia
Casa editrice: Adelphi

Libri di Leonardo Sciascia

Copertine di Il cavaliere e la morte di Leonardo Sciascia

Quarta di copertina / Trama

Il protagonista di questo romanzo è un commissario di polizia, il cui solo nome qui è Vice: sostituto, forse di qualcosa che non c’è affatto, supplente di una realtà già scomparsa, o dilatata fino a diventare irreale, come la moneta in tempo di inflazione. Nella mente di Vice, molto malato, sembra svolgersi la storia che leggiamo: storia di un biglietto minaccioso e misterioso scambiato fra due Potenti a un pranzo, scambio a cui fa subito seguito l’assassinio di uno dei due e l’indagine della polizia sull’altro, avviata con l’ansia di scagionarlo. Ma ciò che si sprigiona nella realtà da quel biglietto scambiato non è solo un delitto: una intera associazione eversiva, i figli dell’ottantanove, è forse nata in quel momento, e da allora non può che dilagare nella realtà, come un ultimo miraggio di sangue e insieme come beffardo contributo alle celebrazioni per l’anniversario della Rivoluzione francese. Mentre l’azione si dipana, mutandosi in un potente apologo, il Vice tiene sempre nella mente l’incisione di Dürer intitolata Il cavaliere, la morte e il diavolo, che lo ha accompagnato sulle pareti di tante stanze, nelle sue peregrinazioni da un ufficio all’altro, come se in quell’immaginazione stesse il segreto di ciò che avviene intorno a lui. Solo che il mondo, ormai, sembra poter fare a meno del Diavolo. Forse perché ormai «il Diavolo era talmente stanco da lasciar tutto agli uomini, che sapevano fare meglio di lui»
(Ed. Adelphi; Fabula)

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