La caverna – José Saramago

Incipit La caverna - José Saramago

Incipit La caverna

L’uomo che guida il camioncino si chiama Cipriano Algor, fa il vasaio di mestiere e ha sessantaquattro anni, anche se a vederlo sembra meno anziano.
L’uomo che gli sta seduto accanto è il genero, si chiama Marçal Gacho, e ancora non è arrivato ai trenta. In ogni modo, con la faccia che ha, nessuno glieli darebbe. Come si sarà notato, sia l’uno che l’altro hanno appiccicati al nome proprio dei cognomi insoliti di cui s’ignorano l’origine, il significato e la ragione. La cosa più probabile è che si dispiacerebbero se mai giungessero a sapere che algor, algore, significa freddo intenso del corpo, preannuncio di febbre, e che il gacho è né più né meno che la parte del collo del bue su cui poggia il giogo. Il più giovane veste l’uniforme, ma non è armato. Il più vecchio indossa una giacca borghese e un paio di pantaloni più o meno decorosi, ha il colletto della camicia sobriamente abbottonato, senza cravatta. Le mani che manovrano il volante sono grandi e forti, da contadino, eppure, forse per effetto del quotidiano contatto con la morbidezza dell’argilla a cui le obbliga il mestiere, promettono una certa sensibilità. Nella mano destra di Marçal Gacho non c’è nulla di particolare, ma il dorso della mano sinistra presenta una cicatrice che ha l’aspetto di una bruciatura, un segno in diagonale che va dalla base del pollice alla base del mignolo. Il camioncino non merita un tale nome, è solo un furgone di medie dimensioni, un vecchio modello, ed è carico di stoviglie. Quando i due uomini sono usciti da casa, venti chilometri fa, il cielo stava appena cominciando a rischiarare, ma adesso il mattino ha ormai diffuso nel mondo abbastanza luce perché si possa osservare la cicatrice di Marçal Gacho e immaginare la sensibilità delle mani di Cipriano Algor. Stanno viaggiando a velocità ridotta per via della fragilità del carico, e anche per l’irregolarità del manto stradale. La consegna di merci non ritenute di prima o seconda necessità, come queste stoviglie rustiche, avviene, secondo gli orari fissati, a metà mattina, e se i due uomini hanno fatto una tale alzataccia è perché Marçal Gacho deve timbrare almeno mezz’ora prima che le porte del Centro siano aperte al pubblico. Nei giorni in cui non accompagna il genero, ma ha delle stoviglie da trasportare, Cipriano Algor non ha bisogno di alzarsi tanto presto. Tuttavia, ogni dieci giorni, è sempre lui che s’incarica di andare a prendere Marçal Gacho al lavoro per passare con la famiglia le quaranta ore di riposo a cui ha diritto, ed è lui che, dopo, con o senza stoviglie nel bagagliaio del furgone, puntualmente lo riconduce alle sue responsabilità e ai suoi doveri di guardiano interno. La figlia di Cipriano Algor, che si chiama Marta di nome, e di cognome Isasca per parte della defunta madre e Algor per parte di padre, gode della presenza di suo marito a casa e nel letto solo sei notti e tre giorni al mese. La notte precedente a questa è rimasta incinta, ma lei ancora non lo sa.
Il paesaggio è fosco, sporco, non merita che lo guardiamo due volte.

Incipit tratto da:
Titolo: La caverna
Autore: José Saramago
Traduzione: Rita Desti
Titolo originale: A Caverna
Casa editrice: Einaudi

Libri di José Saramago

La caverna - José Saramago

Quarta di copertina / Trama

La caverna dovrebbe concludere la trilogia iniziata con Cecità e proseguita con Tutti i nomi. Saramago aveva affermato di voler “scavare” dentro la pietra con la quale sono costruite le sue statue-libro, andare a fondo dell’animo umano, sondarne i segreti, le sensazioni provate e non dette. E infatti, con questo suo nuovo romanzo cerca di mettere cerca di mettere a confronto i suoi personaggi «infrastorici » con un universo orwelliano.
Così, come in altri suoi libri, abbiamo due storie parallele e allo stesso tempo convergenti. Da una parte i protagonisti. Gente normalissima, antieroi per eccellenza, che non faranno mai la Storia, ma che ne rifiutano la ineluttabilità (come il Signor José di Tutti i nomi o i ciechi di Cecità). Dall’altra una costruzione quasi infinita e maligna (come la Biblioteca di Borges, come il manicomio-lager di Cecità, come l’Archivio del Signor José): il Centro, sorta di città nella città che divora la città, di universo in espansione, di espressione fisica di una folle globalizzazione. Dentro al Centro “non manca niente”: abitazioni, negozi, luoghi di svago, ospedali, come pure il cimitero, aria purificata e temperatura costante e ottimale. E tutto è controllato, sorvegliato-spiato. E’ il “meglio” che si possa desiderare, contrapposto ad un “fuori” di traffico, di pericoli, di delinquenza, di inquinamento.
I protagonisti del romanzo sono tre: un vasaio, sua figlia e il marito, che lavora nel Centro come guardiano; cui si devono aggiungere un’altra donna, segretamente innamorata del vasaio e, ancora una volta in un romanzo di Saramago, un cane molto, molto sensibile. La storia ha inizio il giorno in cui al vasaio viene rifiutata la solita fornitura di piatti e stoviglie che il Centro gli comprava da sempre. L’artigiano si trova così costretto ad inventarsi un altro prodotto e, soprattutto, a confrontarsi con il Centro, a frequentarlo e a cercare di scoprirne il terribile, spaventoso segreto racchiuso nelle sue profonde viscere.
(Ed. Einaudi; Prima Edizione)

Incipit La caverna - José Saramago

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