Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank – Nathan Englander

Sono in casa nostra da neanche dieci minuti e Mark sta già pontificando sull’occupazione israeliana

Incipit Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank

Sono in casa nostra da neanche dieci minuti e Mark sta già pontificando sull’occupazione israeliana. È una cosa che gli abitanti di Gerusalemme, come lui e Lauren, si sentono in diritto di fare.
Mark annuisce con aria stoica. – Se avessimo quello che avete voi qui, nel Sud della Florida… – dice, senza finire la frase. – Eh, già, – riprende, continuando ad annuire. – Non avremmo nessun problema.
– Ma voi avete quello che abbiamo noi, – gli dico. – Tutto quanto. Il sole e le palme. I vecchi ebrei, le arance e i guidatori più imbranati del mondo. Probabilmente, – proseguo, – a questo punto abbiamo più israeliani di voi -. Debbie, mia moglie, mi mette una mano sul braccio. È il suo modo di comunicarmi che sto prendendo un certo tono, che sto interrompendo qualcuno, raccontanto cose troppo personali o facendo una battuta fuori luogo. È il mio segnale e, considerando la frequenza con cui lo ricevo, mi stupisco che ogni tanto Debbie mi lasci andare il braccio.

Incipit tratto da:
Titolo: Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank
Autore: Nathan Englander
Traduzione: Silvia Pareschi
Titolo originale: What We Talk About When We Talk About Anne Frank
Casa editrice: Enaudi

Libri di Nathan Englander

Copertine di Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank di Nathan Englander

Incipit What We Talk About When We Talk About Anne Frank

They’re in our house maybe ten minutes and already Mark’s lecturing us on the Israeli occupation. Mark and Lauren live in Jerusalem, and people from there think it gives them the right.
Mark is looking all stoic and nodding his head. “If we had what you have down here in South Florida …,” he says, and trails off. “Yup,” he says, and he’s nodding again. “We’d have no troubles at all.”
“You do have what we have,” I tell him. “All of it. Sun and palm trees. Old Jews and oranges and the worst drivers around. At this point,” I say, “we’ve probably got more Israelis than you.” Debbie, my wife, she puts a hand on my arm. Her signal that I’m taking a tone, or interrupting someone’s story, sharing something private, or making an inappropriate joke. That’s my cue, and I’m surprised, considering how much I get it, that she ever lets go of my arm.

Incipit tratto da:
Title: What We Talk About When We Talk About Anne Frank
Author: Nathan Englander
Publisher: Hachette
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Si respira un’aria antica fra le pagine di questa nuova raccolta di racconti di Nathan Englander. C’è l’immutabilità della parabola e la sapienza della narrazione ebraica, c’è il grottesco di Gogol’ e l’ineludibilità di Kafka, l’intelligenza caustica di Philip Roth e la spiritualità applicata di Marilynne Robinson. E intorno a tutto, incontenibile, liberatoria, un po’ sacrilega, una sonora risata.
La scrittura di Englander corre agile sul filo teso fra il religioso e il secolare, agile e mai leggera, esplora gli obblighi e le complessità morali dei due versanti, ne assapora le esilaranti debolezze, strappando sorrisi pronti a congelarsi in smorfie attonite. Il marito esemplare e avvocato di successo di Peep show cerca la trasgressione in uno squallido locale a luci rosse, e incontra invece la sua cattiva coscienza travestita (o meglio svestita) da rabbino della sua vecchia yeshiva. Le nudità flaccide e pelose dell’esimio dottore della legge restano comiche solo fino al successivo, terrorizzante, travestimento.
Si ride di gusto anche delle piccole manie geriatriche degli ospiti del centro estivo Camp Sundown, finché riguardano spray antizanzare e allarmi antifumo, ma quando le vetuste menti dei villeggianti credono di riconoscere in un compagno di soggiorno un carceriere nazista di ben altro campo del loro passato, la commedia si tinge di nero.
L’ombra dell’Olocausto, o di una sua rivisitazione, occhieggia insistente fra le pagine del libro: a partire dal riferimento alla diarista simbolo della Shoah, informa il clima dell’intera raccolta e del racconto da cui prende il titolo. Lì due coppie diversissime fra loro – ebrei ortodossi residenti a Gerusalemme gli uni, americani non praticanti gli altri – siedono intorno a un tavolo e, tra i fumi dell’alcol e della marijuana, discutono, non di amore e incomunicabilità, come nell’illustre antecedente carveriano, ma di identità e fede. Fino alla prova che scuote le certezze, il «gioco di Anne Frank»: in caso di un secondo Olocausto, quale Gentile mi sottrarrà al mio destino?
L’ineluttabilità del fato e la sua costruzione, la perversa macchina dei ruoli inculcati per discendenza, sono magistralmente illustrati nell’ambizioso racconto Le colline sorelle, che dalla guerra di Yom Kippur a oggi, fra senso della missione e senso della minaccia, insieme alle radici di un simbolico ulivo maledetto mette a nudo quelle dell’odio.
E così, tassello dopo tassello, Englander offre un’altra sfaccettata declinazione dell’ebraicità che, da Singer, Malamud e Bellow fino a Roth, lo colloca saldamente e con unanime plauso nella grande tradizione letteraria ebraico-americana.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

Cronologia opere e bibliografia di Nathan Englander