Dio non ama i bambini – Laura Pariani

Ginetta sta seduta a guardare sopà Fiore

Incipit Dio non ama i bambini

Ginetta sta seduta a guardare sopà Fiore che, dopo aver staccato dal muro la gabbietta del corvo Miché, l’ha posata sul tavolo per cambiare la scodellina d’acqua, come fa tutti i sabati. Appollaiata sulla seggiola troppo alta, la bambina dondola, dilòn dilàn, le gambette nude. Osserva sopà che infila nello sportellino la sua manona pelosa, mentre l’uccello spaventato cerca di sfuggirgli e urta contro le sbarre di metallo. Una piumetta nera svola fuori dalla gabbia. L’uomo allora fa uno strano verso, schioccando due tre volte la lingua contro il palato, come se chiamasse un gatto. A sopà e a sonónu piacciono i corvi: dicono che sono bestie intelligenti; quanto al Miché, l’hanno raccolto piccolissimo, un mese fa, di due tre giorni appena: un batuffolo scuro con due occhietti che erano puntini di carbone acceso. Ginetta guarda il gesto lento con cui sopà estrae la mano dalla gabbia e, richiuso lo sportello, si volge verso di lei chinando il viso magro e butterato e alitandole in faccia il fiato acido di vino.
(Prologo)

Incipit tratto da:
Titolo: Dio non ama i bambini
Autrice: Laura Pariani
Casa editrice: Einaudi

Libri di Laura Pariani

Copertine di Dio non ama i bambini di Laura Pariani

Quarta di copertina / Trama

Buenos Aires all’inizio del Novecento è una grande città in crescita tumultuosa. Per molti immigrati «è come quando si sta in prigione e ti manca l’aria; solo che qui la gabbia è fatta di troppe strade, di case troppo affollate, di rogge puzzolenti di acque luride».
C’è un assassino che si aggira per la città, e che per anni, impunito, fa strage di innocenti. Le vittime sono soprattutto i figli degli italiani che vivono nei conventillos in condizioni di assoluta povertà. Ragazzini abbandonati a se stessi, niños de calle i cui sogni sono destinati a spegnersi nella rabbia giorno dopo giorno. Chi può volerli morti?
La verità sta sotto gli occhi di tutti, ma nessuno la sa vedere. Possono intuirla solo gli stessi bambini, perché quella verità, forse, si muove all’altezza dei loro occhi.
Al centro del libro c’è un luogo: un conventillo di Buenos Aires dove vivono decine di famiglie d’immigrati italiani assediati dai bisogni, prostrati dalla nostalgia, tentati dalla fiamma anarchica. Servizi sanitari in comune e una cucina all’aperto per tutti, un cortile dove i bimbi giocano abbandonati a se stessi, piccole stanze dove nonni figli e nipoti si stipano come conigli. Il libro entra in quel luogo come sventrandolo, stanza per stanza, personaggio per personaggio, in focalizzazioni che si susseguono una dopo l’altra: «Ginetta Goletti, 10 anni, lavorante a domicilio», «Nicanora Korn, 40 anni, tenutaria di postribolo», «Ambrogio Testa, 42 anni, muratore», «Dionisio Brusa, 34 anni, maestro elementare»… A poco a poco questo romanzo corale – impastato di dialetti italiani e di lingua argentina – dà forma a una doppia storia: la storia di un mondo dolente e vivo, quello degli immigrati in Argentina all’inizio del secolo, e la storia nerissima di una serie di delitti compiuti sui bambini del barrio di San Cristóbal. Le indagini per molto tempo non portano a niente: impossibile individuare l’assassino per chi vive in un altro mondo e non sulla strada come i bambini. I bambini, la cui unica scuola è la banda, la solidarietà di teppa, sono i soli a sapere, ma i grandi non si lasciano guidare «nel regno del piccolo, sullo stretto sentiero percorso soltanto dalla formica, dalla coccinella, dal tappo di sughero perduto tra l’erba». A poco a poco, in un crescendo di tensione, i bambini riusciranno però a mettere in campo le proprie deboli forze per una straordinaria caccia all’assassino. Anche a costo di perdere l’innocenza.
(Ed. Einaudi; SuperCoralli)

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