E disse – Erri De Luca

Incipit E disse – Erri De Luca

Incipit E disse

Lo raccolsero sfinito sul bordo dell’accampamento. Da molti giorni disperavano di vederlo tornare. Si preparavano a smontare le tende, inutile cercarlo dove lui solo osava andare. Contava di farcela in un paio di giorni. Era allenato, rapido, il migliore a salire. Il piede umano è una macchina che vuole spingere in su. In lui la vocazione si era specializzata, dalla pianta del piede era risalita al resto del corpo. Era diventato uno scalatore, unico nel suo tempo. Qualche volta si era perfino arrampicato scalzo.
Scalava leggero, il corpo rispondeva teso e schietto all’invito degli appigli, il fiato se ne stava compresso nei polmoni e staccava sillabe di soffio seguendo il ritmo di una musica in testa. Il vento gli arruffava i capelli e sgomberava i pensieri. Con l’ultimo passo di salita toccava l’estremità dove la terra smette e inizia il cielo. Una cima raggiunta è il bordo di confine tra il finito e l’immenso. Lì arrivava alla massima distanza dal punto di partenza. Non è traguardo una cima, è sbarramento. Lì sperimentava la vertigine, che in lui non era il risucchio del vuoto verso il basso, ma affacciarsi sul vuoto dell’insù. Lì sulla cima percepiva la divinità che si accostava. Lassù si avvolgeva di vento. Una sommità senza urto di masse d’aria addosso è spaventosa. Perché l’immenso sta trattenendo il fiato.

Incipit tratto da:
Titolo: E disse
Autore: Erri De Luca
Casa editrice: Feltrinelli
Qui è possibile leggere le prime pagine di E disse

E disse - Erri De Luca

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E disse: con questo verbo la divinità crea e disfa, benedice e annulla. Dal Sinai che scatarra esplosioni e fiamme, vengono scandite le sillabe su pietra di alleanza. Nell’impeto di un’ora di entusiasmo un popolo di servi appena liberati si sobbarca di loro: “Faremo e ascolteremo”. Luogo di appuntamento è il largo di un deserto, dove la libertà è sbaraglio quotidiano. Notizia strepitosa: nell’antico Ebraico, madrelingua, le parole della nuova legge sono rivolte a un tu maschile.
Le donne guardano con tenerezza gli uomini commossi e agitati. Il dito scalpellino che scrive in alto a destra: “Anokhi”, Io, è il più travolgente pronome personale delle storie sacre.
(Ed. Feltrinelli; I Narratori)

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