Finché il cuculo canta – Mauro Corona

Incipit Finché il cuculo canta – Mauro Corona

Incipit Finché il cuculo canta

Quell’inverno non riuscivo a combinare niente di buono. Avevo fatto solo qualche scalata sulle cascate gelate. Faceva freddo e nella valle ovunque scorresse un po’ d’acqua s’erano formate enormi montagne di ghiaccio. Ma salire sull’acqua addormentata o arrampicare nelle palestre di roccia non mi ha mai trasmesso la soddisfazione, l’emozione, il senso di avventura e la tristezza che provo quando mi siedo su in una cima. Sì, la vetta di un monte trasmette anche malinconia. Ci si rende conto che lassù non si può andare in nessun posto, bisogna solo scendere.

Incipit tratto da:
Titolo: Finché il cuculo canta
Autore: Mauro Corona
Casa editrice: Biblioteca dell’Immagine

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Finchè il cuculo canta - Mauro Corona

Quarta di copertina / Trama

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Dov’è finita Valnea che sognava il principe azzurro? Perché non parlava più e desiderava qualche stella alpina? E le altre: Filomena, la Giobba, chi erano?
Vittime di un desiderio a dir poco spietato, hanno percorso il sentiero con la gerla della sfortuna, sono andate via dalla vita con quel dolore.
Giutìn era un uomo senza fede ma, a quarant’anni, venne folgorato sulla via di Erto. Gli uomini non hanno pace, non riescono a stare tranquilli. Cosa li tormenta? Molti scalano la carriera, altri le montagne per vie pericolose. A volte in questa pratica, succedono incidenti che portano alla morte, altre volte accadono episodi ridicoli, spassosi. Qualcuno sentenzia che la natura gioca brutti scherzi, invece la natura non reagisce, non si vendica. Se ne sta lì impassibile.
Ognuno di noi è passato attraverso varie esperienze d’iniziazione. Una di queste per me è stata la caccia. Ho bevuto il sangue del camoscio per impadronirmi della sua forza. Ho avuto dei maestri duri, cinici, spietati, altri buoni e comprensivi. Entrambi mi hanno formato, dei secondi conservo un buon ricordo. Con la caccia ho chiuso da tempo, non ho rimpianti ne rimorsi, è andata così. Gli animali hanno un anima, provano degli affetti. Alcuni sono per l’uomo una compagnia, un antidoto alla solitudine, come il corvo Franz, sfortunato protagonista di uno di questi racconti.
L’aquila Ala Monca l’avevo ferita negli affetti, voleva vendicarsi. Il giovane boscaiolo Merìsi sfidava la morte, forse la cercava.
Il boscaiolo della luna, invece, sfidava l’arroganza dei capi-taglio e li puniva umiliandoli. Storie minime che narrano un’epopea degli ultimi ormai scomparsa, finita, spazzata via dal progresso, vinta dall’uomo “che non deve chiedere mai”.
Ma la natura, nonostante le aggressioni, rimane ancora forte, viva, presente e accompagna tutti questi racconti. Fino a quando potrà resistere non lo so. L’uomo ” che non deve chiedere mai”, è già avanti nella sua opera devastatrice.
(Ed. Biblioteca dell’Immagine; Chaos)