La gita a Tindari – Andrea Camilleri

Cosa fosse vigliante,

Incipit La Gita A Tindari

Cosa fosse vigliante, se ne faceva capace del fatto che la testa gli funzionava secondo logica e non seguendo l’assurdo labirinto del sogno, che sentiva il regolare sciabordìo del mare, che un venticello di prim’alba trasiva dalla finestra spalancata. Ma continuava ostinatamente a tenere gli occhi inserrati, sapeva che tutto il malumore che lo maceriava dintra sarebbe sbommicato di fora appena aperti gli occhi, facendogli fare o dire minchiate delle quali doppo avrebbe dovuto pentirsi.

Incipit tratto da:
Titolo: La gita a Tindari
Autore: Andrea Camilleri
Casa editrice: Sellerio

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Copertine di La gita a Tindari di Andrea Camilleri

Risvolto di copertina / Trama

«Autocontrollo? Mancanza di sensibilità. No, certamente la ragione era più semplice: la differenza d’età. Lui era un cinquantino e Mimì un trentino. Augello era già pronto per il 2000 mentre lui non lo sarebbe mai stato. Tutto qua. Augello sapeva che stava naturalmente trasendo in un’epoca di delitti spietati, fatti da anonimi, che avevano un sito, un indirizzo su Internet o quello che sarebbe stato, e mai una faccia, un paro d’occhi, un’espressione. No, troppo vecchio oramà». Sta invecchiando il commissario Montalbano? No, non è questo. É l’amarezza per un caso dai retroscena sconcertanti e orrendi. É il saluto del nuovo secolo a questo Maigret siculo, più colto, più teso e irregolare (più «nirbùso e squieto» direbbe Camilleri, nella sua lingua giocosamente protesa alla ricerca della musica più antica dell’italiano). Egli indaga tra l’immaginaria Vigàta e Tindari, il promontorio a picco sul mare «col piccolo, misterioso teatro greco e la spiaggia a forma di una mano con le dita rosa». Un triplice omicidio è avvenuto – un giovane dongiovanni che viveva al di sopra dei suoi mezzi apparenti, due anziani pensionati seppelliti in casa che improvvisamente decidono una gita a Tindari. Li collega, sembra, solo un condominio. Ma Montalbano ha una maledizione, sa leggere i segni che provengono dall’antichissimo che vive nel modernissimo continente Sicilia: lo aiutano un vecchio ulivo contorto, la sua squadra, la svedese Ingrid, un libro di Conrad, e un Innominato senza pentimento. La gita a Tindari, assai più di un semplice giallo (come sempre con Camilleri), ha la felicità e la facilità della commedia. Come se il processo ideativo e fantastico iniziasse – così credeva Aristotele – dall’occhio, dalla vista. Si apre una quinta e spunta un personaggio con una scansione perfetta dei tempi, e ciascuno ha un carattere che lo fa uscire, vivido e completo, dal fondale: e non solo i personaggi principali, ma anche la vicina che compare una volta sola, i vecchietti della gita, i picciotti di guardia al boss, gli avventori del ristorante. E al di là del fascino della lingua, della consonanza con l’universo metaforico siciliano, della suggestione dell’intreccio, ogni pagina offre un momento di divertimento letterario.
(Ed. Sellerio; La memoria)

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