Incipit Morte dell’inquisitore
Dirò subito che questo breve saggio o racconto, su un avvenimento e un personaggio quasi dimenticati della storia siciliana, è la cosa che mi è più cara tra quelle che ho scritto e l’unica che rileggo e su cui ancora mi arrovello.[Prefazione]
Pacienza,
Incipit tratto da:
Pane e tempo
Queste parole, graffite nel muro di una cella del palazzo Chiaromonte, sede del Sant’Uffizio dal 1605 al 1782, Giuseppe Pietré riesce a decifrare nel 1906: insieme ad altre di disperazione, di paura, di avvertimento, di preghiera; tra immagini di santi, di allegorie, di cose ricordate o sognate.
Titolo: Morte dell’inquisitore
Autore: Leonardo Sciascia
Casa editrice: Adelphi
Quarta di copertina / Trama
Morte dell’inquisitore (1964) occupa un luogo del tutto a parte nell’opera di Leonardo Sciascia. La ragione ne fu data dall’autore stesso: «è un libro non finito, che non finirò mai, che sono sempre tentato di riscrivere e che non riscrivo aspettando di scoprire ancora qualcosa». Un libro, dunque, fondato su un mistero non del tutto svelato, forse non del tutto svelabile. E inoltre il libro dove Sciascia ha disegnato la figura di un suo antenato ideale, l’eretico Diego La Matina («personaggio che non doveva più lasciarmi»). Il tema dell’Inquisizione, infine, rimane (e rimarrà sempre) quanto mai delicato, perché – come scrisse Sciascia stesso con memorabile efficacia – «appena si dà di tocco all’Inquisizione, molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti». Parole che ci fanno intendere, come meglio non si potrebbe, l’attualità immediata che questo libro ha per noi e confermano un’altra annotazione di Sciascia: «Mi sono interessato all’Inquisizione poiché questa è lungi dal non esistere più nel mondo».
(Ed. Adelphi; Piccola Biblioteca)