Il pettine – Laura Pariani

Sopà Batìsta

Incipit Il pettine

Sopà Batìsta
Quando il fuoco ha preso a crepitare, vìsquar, mangiandosi la cabàna, ul Pìu si è stretto nelle spalle, quasi aggrappandosi a se stesso, e ha pianto a lungo. Un caragnàre sommesso, che probabilmente tratteneva da molte ore. Forse aveva voglia che qualcuno lo consolasse, ma sopà Batista non ha fatto niente, neanche allungare una mano per una carezza. Fino a un’ora prima, nella fatica di ammassare fascine intorno alle pareti e di appiccare l’incendio, anche se a tentoni come nell’indòrmia, ha avuto la fissa di fare tutto da solo. E, nonostante l’odore di morte che stagnava nell’aria, non ha sparso neanche una lacrima… Bravo figlio, pensa sopà. Obbediente. Il coraggio gliel’ha insegnato ul Batìsta in questi anni. Mai a dire: «Sono triste», oppure «A gh’o la picùndria», nemmeno «Ho bisogno di…». Che perfino Domineddio si dev’essere affezionato a quella céra di coraggio e di obbedienza che sopà ha imposto al Pìu: mangia, bevi, taci, spacca la legna, va’ a dormire. Le lacrime son robe da femmina, sopà gliel’ha sempre ripetuto. Per questo ul Batìsta si sentiva abbastanza tranquillo: gli pareva che il cuore di sofio si fosse indurito asé.

Incipit tratto da:
Titolo: Il pettine
Autrice: Laura Pariani
Casa editrice: Sellerio

Libri di Laura Pariani

Copertina di Il pettine di Laura Pariani

Quarta di copertina / Trama

«Il bello del lavoro dello scrittore sta proprio in questo: può riscattare delle vicende che nella realtà sono sempre frantumate e caotiche», racconta di sé Laura Pariani (e parafrasa il senso del narrare le storie che era già secondo Omero: gli dei tessono sventure per gli uomini affinché le generazioni future abbiano qualcosa da cantare). Laura Pariani ha poi bisogno di una data precisa, e di un luogo circoscritto, di un fatto anche minuscolo: «ai margini della storia ufficiale, frammenti, brandelli di storie dimenticate e vaghe» -, e suoi personaggi cominciano a muoversi, a prendere sensibilmente vita, con un senso del tempo e del ritmo che ha davvero qualcosa di prossimo al respirare stesso (e una aderenza tra materia del racconto e stile assai rara ormai nella nostra frettolosa letteratura). Sono i suoi personaggi – in questo libro di racconti, come nel precedente Di corno o d’oro – sempre donne, per lo più fanciulle contadine allo schiudersi di aspettative subito deluse, o vecchie sul finire della vita che ricordano; quasi sempre, presso paesaggi di campagna che portano, appena accennate ma visibilissime, le piaghe della storia. E incastrate tra queste piaghe e un frammento di dolore personale intensissimo, con la forza dello stoicismo contadino che viene loro dalle filastrocche, dai proverbi, dai racconti dei vecchi, le donne di Laura Pariani discorrono con l’immensità.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

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