Quando Dio ballava il tango – Laura Pariani

Quella foto appesa in cornice?

Incipit Quando Dio ballava il tango

«Quella foto appesa in cornice? È di memàma e mepà, il giorno dello sposalizio» dice la vecchia Venturina, cercando di trarsi d’impaccio nel fare gli onori di casa davanti a questa ragazza straniera e alla sua bambina. «Quand’è che si sono maritati? Doveva essere nel ’91, ché io son la prima figlia, nata l’anno dopo… Chiaro che parlo del 1892… Memà di nome faceva Adalgisa Roveda, lui si chiamava Antonio Majna, Togn… È partito per la Mèrica quando io avevo sei anni, ma già era stato via un paio di volte a fare i raccolti stagionali; era tornato nel ’97, poi gli è presa non so quale mattana, per cui un brutto dì in quattro e quattr’otto se n’è andato via di nuovo per un posto che si chiamava Misiones. Tutti i cani ménan la coda, tutti i matti dicon la loro, ma nessuno ha saputo mai spiegare il perché.»
«Era nel 1898, e qui si faceva la fame.»

Incipit tratto da:
Titolo: Quando Dio ballava il tango
Autrice: Laura Pariani
Casa editrice: Rizzoli

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Quarta di copertina / Trama

Un grande affresco argentino – con due brevi episodi cileni – che attraversa gli avvenimenti di un secolo intero: gli scioperi della Patagonia negli anni Venti, la mattanza degli indios, la morte di Evita, il terrore durante la Giunta militare, i mondiali del 1978, il tracollo economico del 2001.
Al centro del racconto, la memoria di grandi vecchie – Encarnada, Catte, Socorro, Venturina – che ricercano qualcuno disposto a raccogliere le loro storie, anche perché tutte le protagoniste del romanzo non possono che riempire di fantasticati racconti il tempo dell’attesa. Poiché, in un universo in cui gli uomini comandano ma restano pur sempre lontani e defilati, le donne li ascoltano con un orecchio solo, continuando a dipanare le proprie storie tra loro, come se dicessero: «Lasciamoli parlare, questi uomini; sappiamo noi donne quel che c’è da fare».
Un romanzo di emigrazione, vista dalla parte delle donne: quelle che partono coi loro uomini, quelle che rimangono a attenderli, quelle che addolciscono la vita degli uomini soli di là del mare sapendo di non poter aspettarsi nulla. Storie di uomini che delle donne del Nuovo Mondo amano solo quelle che danno piacere per poche lire; che non vogliono legami duraturi, perché sognano un giorno o l’altro di tornare in Italia. Storie di doppie vite, di mondi destinati a convivere da lontano ma che, quando si incontrano, non possono che deflagrare come nella vicenda di Regalada, di Eloisa, di Provisoria. Storie di sradicamento che viene dal vivere in una terra dove non si è nati, parlando un’altra lingua con un accento mai perfetto; quasi che, invece di appartenere a due paesi, non si appartenesse a nessuno: come per Silvia, Mafalda, Raquel. Storie di donne dal cognome italiano, ma per le quali l’Italia è un’idea molto vaga: la parola “maffia” per Maria, la poesia dantesca per Teresa, l’immaginetta della Madonna di Oropa per Nelida. Storie di passioni mancate, come succede nei tanghi che piacciono a Martinita e Amabilina. Donne che si raccontano come Corazón, sul far dell’alba, nel riquadro di una finestra aperta su San Telmo, al ritmo di una musica di Piazzolla; mentre anche Dio, tangheggiando, fa la sua entrata nel nuovo giorno con un volteggio da ballerino consumato.
(Ed. Rizzoli: La Scala)

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