La setta degli angeli – Andrea Camilleri

“Se i signori soci vogliono prestare un momento d’attenzione”

Incipit La setta degli angeli

“Se i signori soci vogliono prestare un momento d’attenzione” fici don Liborio Spartà, presidenti del circolo “Onore & Famiglia”, “vorrei aprire l’urna e procedere al conteggio delle palline”.
Nel saloni, il chiacchiario tra soci s’astutò a picca a picca fino a relativo silenzio. Relativo pirchì don Anselmo Buttafava si era come al solito addrummisciuto supra alla pultruna addamascata nella quali s’assittava da trent’anni e passa e runfuliava accussì forti che i vitra dei balcuni che aviva davanti trimoliavano a leggio. Macari quanno, ‘na decina d’anni avanti, aviva cangiato tutto il mobilio del circolo, quella pultruna avivano dovuto lassarla a esclusivo uso e consumo di don Anselmo, non c’era stato verso.

Incipit tratto da:
Titolo: La setta degli angeli
Autore: Andrea Camilleri
Casa editrice: Sellerio

Libri di Andrea Camilleri

Copertina di La setta degli angeli di Andrea Camilleri

Quarta di copertina / Trama

Tutto d’invenzione è il rustico paesotto: il paesaggio remoto, le otto chiese (sette per gli abbienti, una per i contadini), il Circolo litigioso e scalmanato, nel quale i soci di surreale e sgarbata scimunitaggine siedono male sui propri glutei come in una stampa di Hogarth; le scivolose segretezze, le vacanterie escandescenti di angusti e scaduti puntigli, le aggressioni sbagliate fatte in nome dell’onore, la foia atroce di un brigante dal nome biblico, l’astio e le divisioni tra bassa aristocrazia di campagna, professionisti borghesi, massari, campieri, nullatenenti. Assolutamente vera è invece la faccenda, testimoniata da Filippo Turati e da Don Luigi Sturzo. E personaggio storico è il protagonista Matteo Teresi, avvocato dei poveri e dei deboli; e giornalista, che la sua animosa attività di denuncia nutre di socialismo umanitario.
Un fremito, un rimbombo, un intollerabile fracasso investe il villaggio. Si teme un’epidemia di colera. Corre l’anno 1901. Per un susseguirsi sbrigliato di equivoci, si crede al contagio. A un’invasione del Maligno. Nelle chiese, divenute eccezionalmente democratiche, si raccolgono e si mescolano le classi sociali. I preti, tutti, tranne quello della parrocchia dei poveri, svampano dai pulpiti sulle teste dei fedeli spauriti. Colgono l’occasione e infamano Teresi. Lo accusano di essere un sovversivo: in lega con il diavolo, nelle sue battaglie laiche. Viene indetta una crociata d’espiazione contro «il diavolo sotto forma dell’avvocato», che attenta all’ordine sociale e all’unità sacra delle famiglie per dar luogo a una nuova Sodoma e a un’altra Gomorra.
Teresi viene spalleggiato da un integerrimo capitano piemontese. Porta avanti il consueto lavoro di giornalista. Tra intimidazioni varie, e sostenendosi con il Don Chisciotte che tiene sempre sul comodino, conduce un’azzardata inchiesta. E sul suo giornale denuncia la vera epidemia: l’impostura grande e invasiva di una «setta» di preti che, con un’unica orgia, riescono a mettere incinte più vergini minorenni, e una vedova; e convincono le innocenti malcapitate che l’evento è (come nelle quattrocentesche novelle del sulfureo Masuccio Salernitano) di specie celeste, dovuto alla discesa e alla liquefazione del Creator Spiritus. La scena gira attorno a Teresi. Si capovolge. Si abbatte sulla verità. Interviene il grilletto di un mafioso. Trionfa il solidarismo ipocrita. La cronaca di Camilleri, il suo realismo grottesco e sgomento, la sua scrittura urticante, è qui in costante trattativa con la letteratura: dalle cronache novellistiche, che seguono al Decameron, ai romanzi di Sciascia.
Salvatore Silvano Nigro
(Ed. Sellerio; La memoria)

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