Le uova di Barbablù – Margaret Atwood

Incipit Le uova di Barbablù – Margaret Atwood

Incipit Le uova di Barbablù

Quando mia madre era ancora molto piccola, le venne regalata per Pasqua una cesta piena di pulcini. Morirono tutti.
« Non sapevo che non si potessero prendere in mano, » dice. « Poveri piccini, li ho disposti tutti in bell’ordine su un’asse, con le zampette che sporgevano fuori rigide come pali e ho pianto tutte le mie lacrime. Li avevo amati da morire. »
Forse con questa storia mia madre intende fornire a noi figli un esempio della sua stupidità nonché sentimentalismo: è comunque sottinteso che non rifarebbe oggi una cosa simile. Oppure potrebbe trattarsi di una riflessione sulla natura dell’amore, benché, conoscendo mia madre, ciò sia improbabile.
(Momenti significativi nella vita di mia madre)

Incipit tratto da:
Titolo: Le uova di Barbablù
Autrice: Margaret Atwood
Traduzione: Francesca Avanzini
Titolo originale: Bluebeard’s Egg
Casa editrice: La tartaruga
Qui è possibile leggere le prime pagine di Le uova di Barbablù

Le uova di Barbablù - Margaret Atwood

Incipit Bluebeard’s Egg

When my mother was very small, someone gave her a basket of baby chicks for Easter. They all died.
“I didn’t know you weren’t supposed to pick them up,” says my mother. “Poor little things. I laid them out in a row on a board, with their little legs sticking out straight as pokers, and wept over them. I loved them to death.”
Possibly this story is meant by my mother to illustrate her own stupidity, and her own sentimentality. We are to understand she wouldn’t do such a thing now.
Possibly it’s a commentary on the nature of love; though, knowing my mother this is unlikely.
(Significant Moments in the Life of My Mother)

Incipit tratto da:
Title: Bluebeard’s Egg
Author: Margaret Atwood
Publisher: Anchor
Language: English

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Quarta di copertina / Trama

Le protagoniste di questi racconti di Margaret Atwood sono sia donne moderne che si buttano giù dalle rapide, camminano sulle acque, dirimono le fila di complicate vicende amorose, mantengono uomini o si fanno mantenere, lavorano, guadagnano, viaggiano, impazziscono, sia le loro madri, donne d’inizio secolo che vivono in grandi, suggestive dimore di campagna.
Artiste o borghesi, timide o spericolate, sullo sfondo della metropoli o delle grandi foreste canadesi, sono alle prese con un mondo nevrotico e frantumato nel quale si sforzano, come meglio possono, di far quadrare i conti. Non sempre ci riescono. Non riesce a Sally, la protagonista del racconto che dà il titolo alla raccolta, con tutta la sua consumata perizia nel mentire e le sue arti, femminili e tradizionali, di circuire un uomo. Non riesce ad Emma, che è, all’opposto, leale, sventata e coraggiosa, né all’artista Yvonne o alla quasi normale madre di famiglia, Alma.
Non è dunque possibile, pur tra mille aggiustamenti, compromessi, ribaltamenti di ruolo, la felicità con un uomo? Le protagoniste di questi racconti sembrano negarlo, perché anche gli uomini, sempre più deboli e lacerati, sempre più poveri diavoli, non sono quelle creature tutte d’un pezzo che erano – o almeno pensavamo che fossero – una volta e a cui era possibile appoggiarsi ed affidarsi.
Queste vicende di donne alle prese con gli uomini e con la vita di tutti i giorni sono narrate con stile asciutto, impietoso e venato d’ironia, che nulla concede al superfluo o al vezzo letterario. Ma dietro di esse si avverte, come un vento fresco e corroborante, il respiro potente della vasta natura del nord che, se non verrà totalmente distrutta, sarà pur sempre l’unico rifugio e possibilità di salvezza.
(Ed. La Tartaruga)