Venite venite B-52 – Sandro Veronesi

incipit Venite venite B-52 – Sandro Veronesi

Incipit Venite venite B-52

In una chiazza di tersa luce mattutina, carezzato dal vento che si intrufolava attraverso la finestra socchiusa, incitato dal cinguettio degli uccelli di bosco in giornata di gran vena canterina, Ennio finì di masturbarsi. Trattenne lo sperma caldo nella mano, attese che i muscoli si rilassassero dallo strappo appena subito, riprese fiato e, rattrappito, i pantaloni calati che gli intralciavano il passo, arrancò fino al bagno. Si lavò con foga, sebbene impacciato nei movimenti, pulì il lavandino, una, due, tre volte, con accanimento, fretta, e così facendo si distanziò incommensurabilmente dall’animale ansante che era solo pochi secondi prima. Si asciugò, si rialzò le mutande e i pantaloni e poi, badando a non incrociare il proprio sguardo nello specchio, tornò in camera da letto. Una pena infinita gli frustò il cuore alla vista del materiale pornografico sparso tra le lenzuola, sul quale la sua fantasia aveva appena finito d’industriarsi e che adesso pareva esser stato messo lì da qualcun altro, un nemico, per umiliarlo e farlo soffrire. Si trattava di tutto un repertorio di fotomontaggi, ingrandimenti e correzioni a china laboriosamente accumulato negli anni, che rendevano sua moglie Luciana protagonista di rocamboleschi accoppiamenti sessuali con tanti lui stesso diversi: uno spettacolo che in quel momento, pochi istanti dopo un’eiaculazione, lo agghiacciava e gli faceva desiderare la morte.

Incipit tratto da:
Titolo: Venite venite B-52
Autore: Sandro Veronesi
Casa editrice: Feltrinelli

Libri di Sandro Veronesi

Venite venite B-52 - Sandro Veronesi

Quarta di copertina / Trama

Non sono molti i romanzi italiani che raccontano un’epoca, le sue trasformazioni, i suoi eroi, le vittime, gli amori, le truffe, i prezzi pagati al cambiamento. Gli scenari e gli individui. Le illusioni, perdute o realizzate. Nell’ottocento i più bravi erano gli scrittori francesi. Nel nostro secolo i attrezzati sono gli americani.
Questo romanzo, con profondo amore per il racconto – un novellare di antica sapienza toscana -, con furore affabulatorio, con ironia e disincanto, e perfino, con la consapevolezza di quanto sia difficile montare travi e architravi di una storia italiana, gioca un’arditissima scommessa: raccontare il nostro passato prossimo.
Alle nostre spalle, su quelle dei nostri padri, abbiamo lasciato gli splendori e le miserie di un boom sfolgorante e cialtrone, luminoso ma anche cattivo, candido e insieme immorale, lo stesso che oggi qualcuno ci ripropone come il migliore dei mondi possibili.
Ecco allora che con puntiglio e amore del vero, questo romanzo torna sui nostri passi, rilegge quegli anni esuberanti, ne ridisegna i contorni più sordidi, ne riaffresca colori smaglianti e chiaroscuri, ne riporta in vita gli anonimi protagonisti. Vincenti, perdenti, illusi. Con la convinzione che nessun futuro è possibile senza aver fatto un falò delle nostre più ingenue o arroganti vanità.
(Ed. Feltrinelli; I Narratori)

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