Si sta facendo sempre più tardi – Antonio Tabucchi

Incipit Si sta facendo sempre più tardi

Mia cara
credo che il diametro di quest’isola non superi i cinquanta chilometri, al massimo. C’è una strada costiera che la gira tutta in tondo, stretta, spesso a picco sul mare, altrimenti pianeggiando in coste brulle che scendono a solitarie spiaggette di ghiaia orlate di tamerici bruciate dal salino, e in alcune a volte mi fermo. Da una di queste ti parlo, a bassa voce, perché il meriggio e il mare e questa luce bianca ti hanno fatto chiudere le palpebre, stesa qui accanto a me, vedo il tuo seno che si solleva al ritmo pausato della respirazione di chi sta dormendo e non voglio svegliarti.
(Un biglietto in mezzo al mare)

Incipit tratto da:
Titolo: Si sta facendo sempre più tardi. Romanzo in forma di lettere
Autore: Antonio Tabucchi
Casa editrice: Feltrinelli

Libri di Antonio Tabucchi

Copertine di Si sta facendo sempre più tardi di Antonio Tabucchi

Quarta di copertina / Trama

Con questo romanzo epistolare Tabucchi rinnova un’illustre tradizione narrativa seppure infrangendone i codici e pervertendone il genere. A poco a poco, infatti, ci accorgiamo che qualcosa “non torna” in tutte queste missive: il paesaggio sembra slittare sotto i nostri occhi, i destinatari sembrano sbagliati, i mittenti scomparsi e i tempi capovolti, come se il prima e il dopo si scambiassero di posto e le lettere fossero in anticipo o in ritardo sullo stesso messaggio che recano con sé; e quasi che i destini degli uomini, come vuole il Mito, seguitasse a non incontrarsi, le parole si perdessero vanamente nell’etere e le persone si smarrissero nel labirinto delle loro brevi esistenze. Insomma, come se la vita fosse un film perfetto e irreprensibile di cui è stato sbagliato solo il montaggio.
(Ed. Feltrinelli; Universale Economica)

Cronologia opere e bibliografia di Antonio Tabucchi

La gastrite di Platone – Antonio Tabucchi

Incipit La gastrite di Platone

Vecchiano , 25 aprile 1997
Caro Adriano Sofri,
il motivo di questa mia lettera aperta è originato dalla lettura di un artico di Umberto Eco nella sua rubrica settimanale «La Bustina di Minerva» («L’Espresso», 24 aprile 1997), che si intitola: Il primo dovere degli intellettuali: stare zitti quando non servono a niente. La tesi avanzata da Eco, che noi consideriamo ovviamente un intellettuale dotato di ottima cultura, è esposta con i canoni della geometria, e nella sua astratta impostazione non si riferisce a nessuna situazione specifica (oltre ai sassi dai cavalcavia) del momento storico che tutti noi stiamo vivendo, ma si avvale di esempi metaforici che tuttavia potrebbero plausibilmente essergli applicati.

Incipit tratto da:
Titolo: La gastrite di Platone
Autore: Antonio Tabucchi
Casa editrice: Sellerio

Libri di Antonio Tabucchi

Copertine di La gastrite di Platone di Antonio Tabucchi

Quarta di copertina / Trama

La gastrite di Platone è il titolo paradossale, scelto per l’edizione francese e qui mantenuto, di un libro nato come iniziale riflessione intorno ad un articolo di Umberto Eco basato sul concetto che l’unica cosa che l’intellettuale possa fare quando la casa brucia è telefonare ai pompieri. Insoddisfatto del ruolo del telefonista diligente, anzi, introducendo nel club rigidamente istituzionalizzato degli «intellettuali» la figura dello scrittore concepito come intellettuale «sporadico» e «clandestino», Tabucchi scalza causticamente una stereotipata icona che si vuole sacerdotale o manageriale, magari tollerabilmente querula, ma comunque sempre domestica ed esornativa, reclamando il diritto (e il dovere) dello scrittore di indagare con la sua scrittura sul «non dato da conoscere». E chiamando Sofri come interlocutore, e dunque scegliendo esplicitamente il «Caso Sofri» come nodo di una realtà che si vorrebbe formalmente «chiara», ma che sostanzialmente risulta oscura e inquietante, Tabucchi propone un discorso che è insieme un’urgente interrogazione e un allarme. Che, partiti dall’Italia, e dopo essere stati accolti dalla Francia, a noi rimbalzano.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

Cronologia opere e bibliografia di Antonio Tabucchi

La testa perduta di Damasceno Monteiro – Antonio Tabucchi

Incipit La testa perduta di Damasceno Monteiro

Manolo il Gitano aprì gli occhi, guardò la debole luce che filtrava dalle fessure della baracca e si alzò cercando di non fare rumore. Non aveva bisogno di vestirsi perché dormiva vestito, la giacca arancione che gli aveva regalato l’anno prima Agostinho da Silva, detto Franz il Tedesco, domatore di leoni sdentati del Circo Maravdhas, ormai gli serviva da vestito e da pigiama. Nella flebile luce dell’alba cercò a tentoni i sandali trasformati in ciabatte che usava come calzature. Li trovò e li infilò. Conosceva la baracca a memoria, e poteva muoversi nella semioscurità rispettando l’esatta geografia dei miseri mobili che la arredavano. Avanzò tranquillo verso la porta e in quel momento il suo piede destro urtò contro il lume a petrolio che stava sul pavimento. Merda di donna, disse fra i denti Manolo il Gitano.

Incipit tratto da:
Titolo: La testa perduta di Damasceno Monteiro
Autore: Antonio Tabucchi
Casa editrice: Feltrinelli

Libri di Antonio Tabucchi

Copertine di La testa perduta di Damasceno Monteiro di Antonio Tabucchi

Quarta di copertina / Trama

Nell’antica e affascinante città di Oporto (ma potrebbe trattarsi di un’altra qualsiasi città della cosidetta Europa civile), avviene un feroce assassinio. Ne nasce l’inchiesta giornalistica di un giovane inviato di un giornale popolare. I problemi dell’abuso poliziesco, della tortura, della giustizia, della marginalità sociale e delle minoranze etniche sono il lievito di questa storia narrata con l’andamento del thriller, ma che è insieme la cronaca di un fatto di cronaca. Il simbolo, la metafora e la forza espressiva della fiction trasformano il dato di realtà in letteratura e catturano il lettore con alcune immagini indimenticabili. Come quella dell’avvocato Fernando de Mello Sequira, detto Loton, bizzarro e metafisico, aristocratico e anarchico, ossessionato dalla Grande Norma Giuridica, sconfitto dalla vita, ma nient’affatto rassegnato.
(Ed. Feltrinelli; Universale Economica)

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