Post Office – Charles Bukowski

Incipit Post Office - Charles Bukowski

Incipit Post Office

Cominciò per sbaglio.
Si era sotto Natale ed ero venuto a sapere dall’ubriacone che stava un po’ più su, sulla collina, e che a Natale ci provava sempre, che avrebbero assunto più o meno chiunque, e così ci andai, e prima che potessi rendermi conto di quello che stava succedendo ero lì con la sacca di cuoio sulle spalle a girare tutto il giorno a piedi in lungo e in largo. Che lavoro, pensai. Facile! Leggero! Ti davano solo un paio di isolati e se finivi prima il postino fisso ti dava un altro isolato, oppure tornavi in ufficio ed era il capo a dartene un altro, ma tu te la prendevi comoda e dovevi solo infilare tutti quei cartoncini di auguri nelle cassette.
Fu più o meno al secondo giorno come postino natalizio straordinario che arrivò questo donnone che cominciò a venire in giro con me a consegnare le lettere. Dico donnone perché era grossa, nel senso che aveva il culo grosso e le tette grosse ed era grossa in tutti i punti giusti. Sembrava un po’ matta ma io continuavo a guardarle le tette il culo e il resto e mi andava bene così.

Incipit tratto da:
Titolo: Post Office
Autore: Charles Bukowski
Traduzione: Simona Viciani
Titolo originale: Post Office
Casa editrice: Guanda
Qui è possibile leggere le prime pagine di Post Office

Post Office - Charles Bukowski

Incipit Post Office

It began as a mistake.
It was Christmas season and I learned from the drunk up on the hill, who did the trick every Christmas, that they would hire damned near anybody, and so I went and the next thing I knew I had this leather sack on my back and was hiking around at my leisure. What a job, I thought. Soft! They only gave you a block or two and if you managed to finish, the regula carrier would give you another block to carry, or maybe you’d go back in and the soup would give you another, but you just took your time and shoved those Xmas cards in the slots.
I think it was my second day as a Christmas temp that this big woman came out and walked around with me as I delivered letters. What I mean by big was that her ass was big and her tits were big and that she was big in all the right places. She seemed a bit crazy but I kept looking at her body and I didn’t care.

Title: Post Office
Author: Charles Bukowski
Language: English

Quarta di copertina / Trama

«Non potevo fare a meno di pensare, Dio mio, questi postini, non fanno altro che infilare le loro lettere nelle cassette e scopare. Questo è il lavoro che fa per me, oh, sì sì sì.» Il paradiso sognato da Henry Chinaski, appena assunto nell’amministrazione postale americana, viene brutalmente corretto dalla dura realtà dei sobborghi di Los Angeles, dove si muove un’umanità degradata, carica di rabbia. Tuttavia Chinaski non si lascia travolgere dalla squallida routine né schiacciare dai regolamenti, anzi, intensifica il ritmo sincopato della sua vita allo sbando con colossali bevute. E così scorrono le istantanee, sfocate e mosse, di donne, dalla calda e accogliente Betty all’insaziabile texana Joyce, sposata quasi per caso, a Fay, contestatrice hippy che darà a Henry una figlia per poi sparire con lei in una remota comunità. E mentre sullo sfondo si accendono i bagliori di un’imprecisata rivolta nei sobborghi neri della città, Henry passa attraverso la trafila di ammonizioni e procedimenti disciplinari per ubriachezza molesta fino all’inevitabile licenziamento, coronato da una sbornia liberatoria. «La mattina dopo era mattina e io ero ancora vivo. Forse scriverò un romanzo, pensai. E lo scrissi.»
Con Post Office Charles Bukowski ci ha dato uno dei suoi libri migliori, un vero e proprio inno all’istinto insopprimibile di libertà, in perenne bilico tra il disinganno più cinico e l’amore per la vita.
(Guanda; Narratori della Fenice)

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Stai zitta – Michela Murgia

Incipit Stai zitta - Michela Murgia

Incipit Stai zitta

Nel maggio del 2020, durante la trasmissione radiofonica che conducevo a Radio Capital insieme a Edoardo Buffoni, avemmo ospite lo psichiatra Raffaele Morelli. La ragione erano certe sue dichiarazioni discutibili rilasciate nei giorni precedenti, che erano state da piú parti indicate come sessiste. Nel corso dell’intervista in cui avrebbe dovuto spiegare l’eventuale equivoco, il professore confermò invece le sue affermazioni e mentre lo incalzavo chiedendogliene conto, accadde una cosa che né io né Buffoni avevamo previsto: Morelli perse completamente le staffe e all’improvviso mi intimò «Zitta! Zitta! Zitta e ascolta! Sto parlando e non voglio essere interrotto!» Il video, ancora reperibile in rete, divenne virale e per giorni si parlò di quell’episodio con incredulità, come se fosse un unicum comportamentale, il caso straordinario di un uomo dai nervi poco saldi che non aveva potuto sopportare di essere contraddetto da una donna.

Incipit tratto da:
Titolo: Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire piú
Autrice: Michela Murgia
Illustrazione di copertina e vignette di Anarkikka
Progetto grafico: 46xy
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Stai zitta

Copertine di Stai zitta di Michela Murgia

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Quarta di copertina / Trama

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Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di piú, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta.
Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice piú nessuno.
(Ed. Einaudi)

Stai zitta - Audiolibro - Murgia

Fiore di roccia – Ilaria Tuti

Incipit Fiore di roccia

Da bambina vidi un branco di lupi su queste montagne.
Mio padre li indicò tra i rami carichi di neve, oltre il dosso che ci riparava. Erano una fila peregrinante sull’altra sponda del ruscello.
Mi convinsi di poter afferrare il loro odore nel vento. Lo ricordo ancora: pelliccia bagnata e vita raminga, un’asprezza calda, sangue selvatico.
Il fucile restò sulla spalla di mio padre.
«I lupi non si mangiano» mi disse in un sussurro che portava le impronte della sua voce tonante. Aveva un petto largo, che adoravo sentir sussultare sotto la guancia a ogni scoppio di riso.
Con quelle parole spiegò tutto, mi armò di una legge di vita e di una consapevolezza che non ho mai perduto. Lui ha sempre saputo quale fosse il posto dell’uomo in questo mondo.
Le bestie che scalfivano il ghiaccio con artigli consunti non assomigliavano a quelle delle fiabe. Erano magre e curve. Erano occhi dorati su musi affilati dalla fame, come i nostri. Quell’inverno, il gelo stava bastonando tutte le creature di Dio.
Il lupo che precedeva i compagni zoppicava, la femmina che lo seguiva aveva mammelle esauste che sfioravano terra. I due esemplari più giovani erano poco più che cuccioli, l’andatura tradiva la loro inquietudine: sapevano che non sarebbero stati capaci di badare a loro stessi. Il manto indicava privazione e fatica: larghe chiazze rivelavano le curve delle coste sotto la pelle.
La mia paura si trasformò in pietà. Era un branco morente.

Incipit tratto da:
Titolo: Fiore di roccia
Autrice: Ilaria Tuti
Casa editrice: Longanesi

Libri di Ilaria Tuti

Fiore di roccia - Ilaria Tuti

Quarta di copertina / Trama

«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche i villaggi, mille metri più giù. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle.
Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame.
Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riem­piono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore.
Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione.
Risaliamo per ore, nella neve fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. I cecchini nemici – diavoli bianchi, li chiamano – ci tengono sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre saliamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i ’fiori di roccia’.
Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire.
Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.»
Con Fiore di roccia Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
(Ed. Longanesi)

Incipit Fiore di roccia – Ilaria Tuti

Indice cronologico opere e bibliografia di Ilaria Tuti

Fiore di roccia - Audiolibro - Tuti