Il caso dello scrittore tormentato – John Fante

Incipit Il caso dello scrittore tormentato - John Fante

Incipit Il caso dello scrittore tormentato

Tre anni fa ce ne andammo da Los Angeles e comprammo una casa a Roseville, cittadina sulla ferrovia vicino a Sacramento. Sulle prime, per motivi che poi spiegherò, a mia moglie quella casa non piacque. Però eravamo stanchi di cercare, il prezzo era alla nostra portata, e a me il posto piaceva pure.
Una domanda sorge spontanea: primo, che accidenti ci facevamo a Roseville, dal momento che è un posto così rumoroso? A diciotto miglia dalla capitale dello Stato, Roseville è il principale snodo ferroviario della Southern Pacific Railroad. La popolazione è di circa dodicimila unità e ci sono più vagoni che persone. Lo scalo ferroviario è il più grande della costa del Pacifico, anche più di quello di Los Angeles. Giorno e notte, la cittadina è martellata da un gran fracasso: locomotive che sbuffano, freni che stridono, e un incessante urtarsi di vagoni rimorchiati allo scalo.
Erano due le ragioni del nostro trasferimento a Roseville, e la prima è così contraddittoria che esito a spiegarla; insomma, volevamo andare a stare in un posto tranquillo in campagna. Roseville non è un posto tranquillo, e non è nemmeno in campagna. La seconda ragione erano i nostri parenti. La madre di mia moglie ci abitava, e così pure il mio vecchio e mia mamma.

Incipit tratto da:
Titolo: Il caso dello scrittore tormentato
Autore: John Fante
Traduzione: Francesco Durante
Casa editrice: Marcos y Marcos

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Il caso dello scrittore tormentato - John Fante

Quarta di copertina / Trama

Due racconti inediti della fine degli anni Trenta. In ‘Il caso dello scrittore tormentato’ il protagonista ha appena comprato una bella casa, la prima vera casa dei sogni. Uno spirito maligno aleggia fra le stanze della magione, e in quella casa è difficile trovare ispirazione. In più papà Fante, settantenne, che l’ha aiutato nella scelta, si piazza lì con la sua accolita di amici sbevazzoni… Nel secondo ‘Sogno di mamma’, mamma Andrilli sogna di aggirarsi, nuda, nei pressi del camposanto, e riceve la notizia che il figlio Nick è morto. L’indomani, all’ora del pranzo, si presenta un commesso della Western Union con un telegramma: mamma Andrilli scoppia a piangere, terrorizzata all’idea che le previsioni si avverino…
(Ed. Marcos y Marcos)

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Quella donnaccia – John Fante

Incipit Quella donnaccia

Stavamo cenando quando zio Clito emerse dalla tempesta di neve. Si tolse le soprascarpe, si alitò nelle mani ghiacciate, e fece il suo ingresso in sala da pranzo.
Papà gli chiese se voleva un po’ di pasta e fagioli, ma disse di no. A cavalcioni su una sedia, il mento poggiato sullo schienale, i suoi vigili occhi scuri presero a esaminare il tavolo. Presero nota del vino, di quanto papà ne aveva bevuto, di quanto burro avevamo spalmato sul pane, e di tutto il resto. Mamma si aggiustò il vestito e i capelli. Con zio Clito bisognava stare bene attenti: era maestro nello scoprire qualcosa fuori posto. Noi bambini, per dire, nascondemmo subito le mani perché non potesse vederci le unghie poco curate.

Incipit tratto da:
Titolo: Quella donnaccia
Autore: John Fante
Traduzione: Francesco Durante
Casa editrice: Marcos y Marcos

Libri di John Fante

Quella donnaccia - John Fante

Quarta di copertina / Trama

Due racconti inediti del primo Fante. In Quella donnaccia l’intera famiglia fa quadrato attorno a Zio Mingo. Zio Clito, quel pettegolo del barbiere, se ne viene a casa con una nuova che scandalizza tutti: Mingo si e fidanzato con una poco di buono, certa miss Cavanough, una rossa assai chiacchierata nel quartiere. La mamma, la nonna, e via via, tutti, pronunciano parole di fiele nei confronti della malafemmina, che, spauritissima, giunge in visita nella fossa dei leoni… Nel secondo racconto, Un criminale, compare una figura di contrabbandiere, Fred Bestoli, vecchissimo amico di papa. Bestoli gode di pessima reputazione, ma sorprende tutta la famiglia con ricchi regali natalizi. E sfoggia una scintillante Packard nuova nuova. I ragazzini muoiono dalla voglia di farsi un giretto. Il babbo impone loro di vestirsi a festa per render piu solenne l’evento. Entusiasti, schizzano fuori e balzano in automobile, senonche Bestoli e il babbo si risiedono in cucina e si attaccano a un fiasco di vino…
(Ed. Marcos y Marcos)

Incipit Quella donnaccia - John Fante

Cronologia opere e bibliografia di John Fante

Una moglie per Dino Rossi – John Fante

Incipit Una moglie per Dino Rossi - John Fante

Incipit Una moglie per Dino Rossi

Il suo nome era Dino Rossi; faceva il barbiere giù a North Denver, nel quartiere italiano dove stavamo da bambini. Tanto tempo prima aveva corteggiato mia madre: intorno al 1909, prima che mio padre entrasse in scena. Dino Rossi non poteva essere stato un corteggiatore ardente; era troppo mite per una parte simile; sottile, con una voce dolce, mani e piedi molto piccoli. Non era stato certo un rivale degno di mio padre, degno di un muratore. Mio padre e mia madre si erano sposati proprio sotto il naso di Dino. Dino era mescolato alle mie prime impressioni: ricordo che mi faceva trottare instancabilmente sulle ginocchia aguzze.

Incipit tratto da:
Titolo: Una moglie per Dino Rossi
Autore: John Fante
Traduzione: Maria Martore
Titolo originale: A Wife for Dino Rossi
Casa editrice: Sellerio

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Una moglie per Dino Rossi - John Fante

Quarta di copertina / Trama

È questa la seconda stagione letteraria di John Fante in Italia. Una prima si ebbe tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta, quando su riviste comparvero suoi racconti e, soprattutto, la collezione della Medusa pubblicò i suoi due più noti romanzi, Il cammino nella polvere, nella traduzione di Vittorini, e Aspettiamo primavera, Bandini. Poi il silenzio, cui corrispondeva in America l’oblio di Fante, assorbito dalla carriera di sceneggiatore hollywoodiano, fino alla «riscoperta» da parte di Charles Bukowski e il nuovo romanzo Dreams from Bunker Hill, nell’82, un anno prima della morte. Del mito dell’America, che Vittorini coltivò, Fante rappresentava la parte italiana della seconda generazione di immigrati; e di questa letteratura, da massimo esponente, il versante forse più ironico e sognante, ma sempre «dalla strada». Ne presentiamo tre saggi, tre racconti della raccolta Dago Red (1940). E ci sembrano non smentire una discendenza che William Saroyan rintracciò da Mark Twain: per il modo di trattare giochi e drammi di ragazzi, di inscenare rudezze e sentimenti, angosce e comicità nella comunità italiana d’America.
(Ed. Sellerio; La Memoria)

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