Il silenzio – Don DeLillo

Incipit Il silenzio – Don DeLillo

Incipit Il silenzio

L’uomo sfiorò il pulsante, modificando la posizione verticale del sedile. Si ritrovò con gli occhi fissi sul piú vicino dei piccoli schermi posizionati in alto, appena sotto la cappelliera: parole e numeri che cambiavano di continuo con il procedere del volo. Altitudine, temperatura esterna, velocità, ora di arrivo. Aveva sonno, ma continuava a guardare.
Heure à Parigi. Heure à Londra.
– Guarda, – disse, e la donna annuí appena, continuando a scrivere su un quadernino azzurro.
L’uomo prese a snocciolare le parole e i numeri ad alta voce, perché altrimenti qual era il senso, a che pro limitarsi a osservare quei dettagli che cambiavano sempre per poi perdersi nei ronzii gemelli della sua mente e dell’aereo.
– Ok. Altitudine trentatremila e due piedi. Oh quanta precisione, – disse. – Température extérieure meno cinquantotto C.
S’interruppe e aspettò che la donna dicesse Celsius. Ma la donna, che guardava il quaderno poggiato sul tavolino estraibile davanti a sé, si fermò a pensare per qualche istante e poi riprese a scrivere.
– Ok. Ora di New York dodici e cinquantacinque. Non è specificato se a.m. o p.m. Ma direi che non ce n’è bisogno.
L’importante era dormire. Aveva bisogno di dormire. Ma il flusso di parole e numeri era incessante.
– Ora di arrivo sedici e trentadue. Velocità quattro sette uno miglia all’ora. Tempo di viaggio restante tre ore e trentaquattro minuti.
– Sto ripensando a quello che ci hanno dato da mangiare, – disse lei. – E allo champagne con il succo di mirtilli.
– Che però tu non hai preso.
– Mi sembrava un po’ troppo pretenzioso. Invece non vedo l’ora di assaggiare gli scones.
Parlava e scriveva contemporaneamente.
– Ci tengo a pronunciare la parola in modo corretto, – disse. – Con la o breve. Oppure è un suono lungo?
Lui la osservava scrivere. Cos’è che stava scrivendo? Quello che lei stessa diceva? Le cose che si dicevano?
Lei disse: – Celsius. C maiuscola. Era un cognome. Il nome non me lo ricordo.
– Ok. E vitesse? Che cosa significa vitesse?
– Sto pensando a Celsius e ai suoi studi sulla misurazione in gradi centigradi.
– E poi c’è Fahrenheit.
– C’è anche lui, sí.
– Ma che cosa significa vitesse?
– Eh?
– Vitesse.
– Vitesse. Velocità, – rispose lei.
– Vitesse. Settecentoquarantotto km all’ora.

Incipit tratto da:
Titolo: Il silenzio
Autore: Don DeLillo
Traduzione: Federica Aceto
Titolo originale: The Silence
Casa editrice: Einaudi
Qui è possibile leggere le prime pagine di Il silenzio

Il silenzio - Don DeLillo

Incipit The Silence

The man touched the button and his seat moved from its upright position. He found himself staring up at the nearest of the small screens located just below the overhead bin, words and numbers changing with the progress of the flight. Altitude, air temperature, speed, time of arrival. He wanted to sleep but kept on looking.
Heure à Paris. Heure à London.
“Look,” he said, and the woman nodded faintly but kept on writing in a little blue notebook.
He began to recite the words and numbers aloud because it made no sense, it had no effect, if he simply noted the changing details only to lose each one instantly in the twin drones of mind and aircraft.
“Okay. Altitude thirty-three thousand and two feet. Nice and precise,” he said. “Température extérieure minus fifty-eight C.”
He paused, waiting for her to say Celsius, but she looked at the notebook on the tray table in front of her and then thought a while before continuing to write.
“Okay. Time in New York twelve fifty-five. Doesn’t say a.m. or p.m. Not that we have to be told.”
Sleep was the point. He needed to sleep. But the words and numbers kept coming.
“Arrival time sixteen thirty-two. Speed four seventy-one m.p.h. Time to destination three thirty-four.”
“I’m thinking back to the main course,” she said. “I’m also thinking about the champagne with cranberry juice.”
“But you didn’t order it.”
“Seemed pretentious. But I’m looking forward to the scones later in the flight.”
She was talking and writing simultaneously.
“I like to pronounce the word properly,” she said. “An abbreviated letter o. As in scot or trot. Or is it scone as in moan?”
He was watching her write. Was she writing what she was saying, what they were both saying?
She said, “Celsius. Cap C. It was someone’s name. Can’t recall his first name.”
“Okay. What about vitesse. What does vitesse mean?”
“I’m thinking about Celsius and his work on the centigrade measurement.”
“Then there’s Fahrenheit.”
“Him too.”
“What does vitesse mean?”
“What?”
“Vitesse.”
“Vitesse. Speed,” she said.
“Vitesse. Seven hundred forty-eight k per hour.”

Incipit tratto da:
Title: The Silence
Author: Don DeLillo
Publisher:
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Manhattan, 2022. Una coppia è in volo verso New York, di ritorno dalla loro prima vacanza dopo la pandemia. In città, in un appartamento nell’East Side, li aspettano tre loro amici per guardare tutti insieme il Super Bowl: una professoressa di fisica in pensione, suo marito e un suo ex studente geniale e visionario. Una scena come tante, un quadro di ritrovata normalità. Poi, all’improvviso, non annunciato, misterioso: il silenzio. Tutta la tecnologia digitale ammutolisce. Internet tace. I tweet, i post, i bot spariscono. Gli schermi, tutti gli schermi, che come fantasmi ci circondano ogni momento della nostra esistenza, diventano neri. Le luci si spengono, un black-out avvolge nelle tenebre la città (o il mondo intero? Del resto come fare a saperlo?) L’aereo è costretto a un atterraggio di fortuna. E addio Super Bowl. Cosa sta succedendo? È l’inizio di una guerra, o la prima ondata di un attacco terroristico? Un incidente? O è il collasso della tecnologia su se stessa, sotto il proprio tirannico peso? È l’apparizione di un buco nero, l’aprirsi di una piega dello spazio e del tempo in cui le nostre vite scivolano inesorabilmente? Di certo c’è questo: era dai tempi di Rumore bianco che Don DeLillo non ci ricordava con tanta accecante precisione che viviamo, disperati e felici, in un mondo delilliano.

Il silenzio –Audiolibro - Don DeLillo

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Zero K – Don DeLillo

Incipit Zero K

Tutti vogliono possedere la fine del mondo.

Questo ha detto mio padre, in piedi, davanti alle finestre all’inglese del suo ufficio di New York: gestione del patrimonio, dynasty trusts, mercati emergenti. Stavamo condividendo un momento raro, contemplativo, col tocco finale dei suoi occhiali da sole vintage che portavano la notte fra quattro mura. Osservavo con attenzione le opere d’arte, vagamente astratte, e cominciavo a capire che quel silenzio prolungato seguito alla sua osservazione non apparteneva né a me né a lui. Pensavo a sua moglie, la seconda, l’archeologa, quella la cui mente e il cui corpo, sempre piú provati ormai, presto avrebbero cominciato a fluttuare, come da tabella di marcia, nel vuoto.

Incipit tratto da:
Titolo: Zero K
Autore: Don DeLillo
Traduzione: Federica Aceto
Titolo originale: Zero K
Casa editrice: Einaudi

Libri di Don DeLillo

Copertine di Zero K di Don DeLillo

Incipit Zero K

Everybody wants to own the end of the world.
This is what my father said, standing by the contoured windows in his New York of?ce-private wealth management, dynasty trusts, emerging markets. We were sharing a rare point in time, contemplative, and the moment was made complete by his vintage sunglasses, bringing the night indoors. I studied the art in the room, variously abstract, and began to understand that the extended silence following his remark belonged to neither one of us. I thought of his wife, the second, the archaeologist, the one whose mind and failing body would soon begin to drift, on schedule, into the void.

Incipit tratto da:
Title: Zero K
Author: Don DeLillo
Publisher: Scribner
Language: English

Quarta di copertina / Trama

Il padre di Jeffrey Lockhart, Ross, è un magnate della finanza sulla sessantina, con una moglie piú giovane, Artis Martineau, gravemente malata. Ross è uno dei finanziatori di Convergence, un’azienda tecnologica con una futuristica sede ultrasegreta nel deserto del Kazakistan. Attraverso le ricerche biomediche e le nuove tecnologie informatiche, a Convergence possono conservare i corpi e le coscienze fino al giorno in cui la medicina potrà guarire ogni malattia. Decidono cosí di affidarsi a Convergence: prima Artis poi lo stesso Ross, incapace di continuare a vivere senza l’amata compagna. Cosí Jeff si riunisce con il padre e la moglie per quello che sembra un addio – o forse un arrivederci. Jeff è turbato: non capisce se a Ross è stato fatto il lavaggio del cervello dagli uomini di Convergence (un gruppo che ha non poco in comune con una setta religiosa o un manipolo di body artist) oppure se è la decisione consapevole e radicale di un uomo tanto ricco e potente che ha deciso di possedere anche la morte. Ma questa è anche l’occasione per ristabilire un rapporto – ammesso che non sia troppo tardi – con il padre: una relazione incrinata anni prima, quando il genitore decise di lasciare la madre di Jeff. Zero K possiede la potenza solenne e ricapitolativa dei libri che sanciscono un’epoca e aprono al futuro. È come se con questo libro DeLillo ripercorresse, attraversandola, tutta la sua produzione: da Rumore bianco – le immagini dei disastri come unica, grande narrazione del nostro tempo – a Underworld – certe scene, di struggente dolcezza, di vita quotidiana nel Bronx -, dalla Stella di Ratner a L’uomo che cade, da Mao II a Cosmopolis. Ma, come mai prima, in Zero K DeLillo affronta direttamente quella «cosa» indefinibile che da sempre ossessiona la sua ricerca letteraria, quel mistero proteiforme che di volta in volta, semplificando, chiamiamo tempo, identità, linguaggio, memoria, morte. Zero K è una riflessione vertiginosa sullo scontro – che nella nostra epoca ha assunto nuovi, violentissimi sviluppi – tra scienza e religione per il controllo della vita umana. Una guerra il cui campo di battaglia è l’assoluto. Allo stesso tempo Zero K è un delicato concerto da camera, intimo e riflessivo, sui sentimenti di un figlio di fronte all’estrema decisione di un padre; sull’impossibile ma ineludibile necessità di dirsi addio. Nessun libro, finora, aveva saputo mantenere uno sguardo tanto lucido e allo stesso tempo visionario sul pianeta Terra ad altezza del ventunesimo secolo.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

Cronologia opere e bibliografia di Don DeLillo

End Zone – Don DeLillo

Incipit End Zone – Don DeLillo

Incipit End Zone

Taft Robinson fu il primo studente di colore a iscriversi al Logos College, nel Texas occidentale. Lo presero perché era veloce.
Alla fine di quella prima stagione risultò di gran lunga uno dei migliori running back nella storia del Sudovest. Presto, magari, avremmo potuto vederlo anche sugli schermi televisivi di tutta la nazione a sponsorizzare automobili da ottomila dollari o schiume da barba al profumo di avocado. Il suo nome su una catena di fast food. La sua vita sul retro delle confezioni di cereali. Si potrebbe scrivere un soporifero saggio monografico solo su questo tema: l’atleta moderno come mito commerciale, con tanto di note a piè di pagina. Ma le cose sono andate diversamente. Quell’anno ebbe altre modulazioni, almeno per me: il fenomeno dell’anti-applauso, parole disarticolate in versi belluini, e conseguentemente un silenzio di una consistenza metallica. Quindi Taft Robinson, per giusto o sbagliato che sia, è una mera presenza che aleggia in questo libro. E io, in un certo senso, penso che sia giusto cosí. Il palazzo è da tempo infestato dalla presenza (ed ecco che arriva la doppia metafora) dell’uomo invisibile.

Incipit tratto da:
Title: End Zone
Author: Don DeLillo
Publisher: Penguin
Language: English
Qui è possibile leggere le prime pagine di End Zone

End Zone – Don DeLillo

Incipit End Zone

Taft Robinson was the first black student to be enrolled at Logos College in West Texas. They got him for his speed.

Quarta di copertina / Trama

Ci sono solo tre tipi di persone tra i giocatori di football, solo tre: i sempliciotti, i pazzi scatenati e gli esiliati. E se le prime due categorie sono abbastanza facili da capire, i piú affascinanti sono gli uomini che eleggono a patria il geometrico poligono del campo, coloro che nel gioco trovano una distanza in cui scontare l’esilio dalla Storia e dalla colpa. Gary Harkness è uno di questi uomini. Running back della squadra del Logos College – un posto in mezzo al deserto, «nella periferia della periferia del nulla, circondato da un terreno roccioso cosí piatto e brullo che evocava immagini da fine della Storia» -, Gary ha girato molte squadre e università prima di arrivare lí. Questo perché per applicare le regole di un gioco, sia esso il football o la scuola o la vita, bisogna crederci almeno un po’ a queste regole: e Gary invece sembra dotato di un’enorme, inesauribile incredulità. End zone è il racconto di una stagione di vittorie senza precedenti per la squadra della Logos, vittorie che però non danno a Gary quell’agognata pace spirituale che invece trova, inaspettatamente, in un altro «gioco». Proprio in quest’annata di trionfi, Gary inizia a sprofondare nello studio – uno studio che rasenta l’ossessione, la contemplazione, l’estasi – delle armi nucleari, delle strategie militari di annientamento globale, delle prove generali di apocalisse. Quella di Gary è una fuga dalla paura della morte, dal terrore del tempo e delle passioni, è la ricerca di una dimensione in cui «i pensieri siano improntati a una sana ovvietà, le azioni non siano gravate dalla Storia, dall’enigma, dall’olocausto o dal sogno». Ma nel momento in cui manca la morte, manca anche la trascendenza e quindi l’accesso al sublime: il linguaggio non trasmette piú niente – il senso passa da una parte all’altra come una palla stretta da un giocatore impazzito – e l’apocalisse diventa un’opzione come un’altra. È questa la grande sfida, la partita decisiva, giocata da Don DeLillo fin da questo suo secondo romanzo (End zone è del 1972 e oggi tradotto per la prima volta in italiano) e che fa dell’autore di Underworld e Rumore bianco il grande cantore della contemporaneità.
(Ed. Einaudi; Supercoralli)

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