La lingua salvata – Elias Canetti

Incipit La Lingua Salvata

Il mio più lontano ricordo è intinto di rosso. In braccio a una ragazza esco da una porta, davanti a me il pavimento è rosso e sulla sinistra scende una scala pure rossa. Di fronte a noi, sul nostro stesso piano, si apre una porta e ne esce un uomo sorridente che mi si fa incontro con aria gentile. Mi viene molto vicino, si ferma e mi dice: « Mostrami la lingua!». Io tiro fuori la lingua, lui affonda una mano in tasca, ne estrae un coltellino a serramanico, lo apre e con la lama mi sfiora la lingua. Dice: «Adesso gli tagliamo la lingua». Io non oso ritirarla, l’uomo si fa sempre più vicino, ora toccherà la lingua con la lama. All’ultimo momento ritira la lama e dice: «Oggi no, domani». Richiude il coltellino con un colpo secco e se lo ficca in tasca.
(Il mio più lontano ricordo)

Incipit tratto da:
Titolo: La lingua salvata: Storia di una giovinezza
Autore: Elias Canetti
Traduzione: Ada Vigliani
Titolo originale: Die gerettete Zunge: Geschichte einer Jugend
Casa editrice: Adelphi

Libri di Elias Canetti

Copertine di La lingua salvata di Elias Canetti

Quarta di copertina / Trama

Fin dal suo apparire, nel 1977, questa «storia di una giovinezza» è stata accolta da molti come un «classico immediato», uno di quei libri destinati a restare, che coinvolgono profondamente ogni specie di lettori. Con la sua prosa limpida, tesa, vibrante in tutti i particolari, Canetti è qui risalito ai suoi ricordi più remoti, cercando di ritrovare nella propria vita quella difficile verità che solo il racconto può dare. Dopo aver vagato per decenni fra migliaia di miti, di fiabe, di trame, si è rivolto a quell’unica storia che per ciascuno di noi è la più segreta ed enigmatica: la propria. È una storia che comincia in una piccola città sul basso Danubio, dove «in un solo giorno si potevano sentire sette o otto lingue». In quella variopinta mescolanza di genti erano da tempo insediati i Canetti, dinastia di agiati commercianti ebrei di origine spagnola, tutti segnati da un forte «orgoglio di famiglia». Fra i primi ricordi incontriamo quello del grande magazzino del nonno, in cui si vendevano coloniali all’ingrosso, con il suo «odore meraviglioso», con i suoi sacchi di lenticchie, di avena, di riso, dove il bambino affondava le mani. Da quello scenario arcaico e variegato, commisto di Oriente e di Occidente, il cui sapore intride tutte le primissime esperienze del piccolo Elias, si verrà sbalzati, nel giro di pochi anni, in vari altri mondi: prima l’Inghilterra, dove si delinea la figura del padre, che lì muore improvvisamente, giovanissimo; poi Vienna, con lo scoppio della prima guerra mondiale, e infine Zurigo, il «paradiso» da cui Canetti sarà cacciato, adolescente, alla fine del libro. In tutte queste peregrinazioni vedremo svilupparsi un rapporto madre-figlio di una tale intensità, violenza, sottigliezza che potrebbe anche apparire inverosimile, se ogni parola non avesse il «suono giusto». Canetti è qui riuscito nell’impresa di trasporre la figura della madre dalla sempre dubbia verità delle «memorie» alla verità assoluta della letteratura. Una passionalità smisurata lega questi due esseri, e il bambino di cui qui si racconta conosce in pochi anni, nel rapporto con la madre, tutti gli estremi della tenerezza ma anche della gelosia, della dedizione ma anche del feroce conflitto. E intanto assistiamo al nascere in lui di quella avida vocazione che poi lo accompagnerà sempre: innanzitutto nel rapporto con il linguaggio e con la parola scritta. Rapporto di superstiziosa venerazione, come di fronte a immense potenze cosmiche. Così la scoperta dei libri, degli scrittori, la scuola stessa – tutto si presenterà come uno di quegli appassionanti resoconti di esploratori che allora i bambini usavano leggere. E il ricordo si fermerà, via via, su una costellazione di scene, di personaggi, di apparizioni che mantengono nella scrittura l’intatta vivezza, l’emozione sospesa e irripetibile di ciò che succede per la prima volta.
(Ed. Adelphi; Biblioteca Adelphi)

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Party sotto le bombe – Elias Canetti

Incipit Party sotto le bombe

Parlare dell’Inghilterra suscita in me sentimenti contrastanti, si è trattato di una vita intera, inserita fra un prima e un dopo, ma in fondo già completa.
(Dall’Inghilterra)

Incipit tratto da:
Titolo: Party sotto le bombe
Autore: Elias Canetti
Traduzione: Ada Vigliani
Titolo originale: Party im Blitz, Die englischen Jahre
Casa editrice: Adelphi

Libri di Elias Canetti

Copertine di Party sotto le bombe di Elias Canetti

Quarta di copertina / Trama

«Libro salvato» dopo un lungo lavoro filologico, questo volume conclude l’autobiografia di Canetti con gli anni dell’emigrazione in Inghilterra. Un paese che suscita in lui reazioni contrastanti: ammirazione per i suoi istituti democratici e per il coraggio mostrato contro Hitler, ma anche insofferenza per la britannica arte di escludere, per l’altezzosa condiscendenza esibita verso gli apolidi della cultura. «Ma Lei ha conosciuto Kafka?» gli chiede l’insolitamente benevolo ospite di un party. Accade così che Canetti, negli anni roventi in cui si elaborava Massa e potere, vivesse in una paradossale situazione di solitudine intellettuale, pur abitando in una città di alta tradizione come Londra.In compenso il mondo inglese gli permette di esercitare il proprio talento di ritrattista, in particolare con una ricca galleria di eccentrici: come il guardiano del faro che, fattosi maggiordomo in casa di un acido lord, sottrae alla moglie di questi le migliori toilette per esibirsi davanti allo specchio; o come i Milburn, padroni di casa afflitti da mania religiosa, ai quali durante le incursioni aeree tedesche Veza Canetti allunga il cibo sotto il tavolo della cucina, là dove la coppia terrorizzata va cercando scampo dalle bombe di Göring.
(Ed. Adelphi; Biblioteca Adelphi)

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Un regno di matite – Elias Canetti

Incipit Un Regno Di Matite

L’intermediario che non ha stima per nessuno.

Finezze della sottomissione. In quale strato profondo è andato a cacciarsi il no?

Psicologia, tollerabile quando complica gli enigmi che simula di risolvere.

Pensa di sradicarsi un’altra volta.

Lei era ormai tutta pelle e gli sfiorò il dito.

Uno scrittore, del quale non una frase è necessaria, ma tutte sono velenose.

Euridama di Cirene vinse l’incontro di pugilato. In realtà l’avversario gli aveva rotto i denti, ma lui li aveva inghiottiti per evitare che l’altro se ne accorgesse.

Un’accusa che non conosce fine suscita odio. Un’accusa permanente è un’assurdità. Persino la faida aveva un tempo senso e tuttavia, per il nostro modo di sentire, non ne ha alcuno.

Incipit tratto da:
Titolo: Un regno di matite: Appunti 1992-1993
Autore: Elias Canetti
Traduzione: Ada Vigliani
Titolo originale: Nachtraege aus Hampstead: Aus den Aufzeichnungen 1954-1971
Casa editrice: Adelphi

Libri di Elias Canetti

Copertine di Un regno di matite di Elias Canetti

Quarta di copertina / Trama

Canetti appartiene a quegli scrittori che nella vecchiaia hanno raggiunto un grado altissimo di libertà e sovranità dello spirito – qui applicata a ritessere ancora una volta il suo pensiero su temi che lo hanno da sempre accompagnato: la massa, la morte, il mito. Ma la forma degli «appunti», mirabilmente agile, consente a Canetti anche di puntare in tutt’altre direzioni: ammirazioni relativamente recenti e intensissime, come quella per Robert Walser; avversioni antiche che di continuo si riaccendono, come quella per Nietzsche; ricordi acuminati di persone che nella vita di Canetti molto hanno contato, come l’antropologo Franz Steiner o il viennese Abraham Sonne; reazioni a onnivore letture, sempre in corso; infine riferimenti agli orrori del momento, in questo caso Sarajevo e i suoi massacri. E sempre usciamo da queste densissime stenografie corroborati e rinnovati.Avviati nel 1942, gli appunti di Canetti giungono a compimento con questa sezione, apparsa per la prima volta in Germania nel 1996; di prossima pubblicazione presso Adelphi è il volume relativo agli anni 1973-1984.
(Ed. Adelphi; Biblioteca Adelphi)

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